L’amministrazione Usa ha sospeso le domande per l’immigrazione delle persone provenienti da 19 paesi. Nel frattempo vanno avanti le retate nelle città.
Nicolás Maduro governerà il Venezuela per altri cinque anni, nonostante continui a perdere consensi in un paese stremato dalla fame e dalla violenza, il cui futuro è buio.
Nicolás Maduro del Partito socialista unito del Venezuela è stato rieletto presidente del paese con il 67,7 per cento dei voti, percentuale che corrisponde a 5,8 milioni di persone. Il suo principale avversario Henri Falcón, dell’Avanzata progressista, si è aggiudicato soltanto 1,8 milioni di preferenze. E lancia l’accusa di brogli elettorali.
Sono d’accordo con lui i presidenti di 14 paesi – tra cui Argentina, Brasile, Colombia e Guatemala – che non sono intenzionati a riconoscere il risultato delle elezioni. Anche la missione statunitense alle Nazioni Unite ha twittato che “le cosiddette elezioni in Venezuela sono un insulto alla democrazia… È ora che Maduro se ne vada”. Comunque, nonostante le minacce e i favoritismi con cui il vincitore ha soggiogato gli elettori, l’affluenza alle urne è stata molto bassa, fermandosi al 46 per cento.
Il numero dei cittadini che sono andati a votare è diminuito anche nei quartieri che sostengono Maduro dall’inizio del suo mandato, vale a dire dal 2013, anno della morte del predecessore Hugo Chávez: nonostante le loro visioni politiche siano simili, Chávez era molto amato dal popolo grazie alle agevolazioni concesse alle categorie sociali più deboli e alla stabilità economica garantita al paese.
Lo scontento nei confronti di Maduro ha cominciato a serpeggiare fra gli elettori con la gravissima crisi economica che ha interessato il Venezuela negli anni della sua presidenza, quando il prezzo del petrolio – che il paese esportava in grandi quantità – è crollato. Le importazioni sono diventate difficili, sono venuti a mancare i generi di prima necessità, l’inflazione è salita alle stelle e il debito pubblico anche. La popolazione è ridotta alla fame e il tasso di criminalità è aumentato al punto che Caracas è la seconda città più violenta del mondo. Il governo, dal canto suo, non fa altro che mettere a tacere i dissidenti: la situazione è stata condannata a gran voce da svariate organizzazioni umanitarie, tra cui Amnesty International che ha stilato un report dettagliato della situazione nel paese latinoamericano.
We are with Venezuela because we want to see human rights and the rule of law restored in the country, and those responsible for abuses brought to justice.
Reply to this tweet and tell us why YOU are with Venezuela. #TodosConVenezuela https://t.co/8G0r8HdmKo@montanertwiter pic.twitter.com/b0bRDGJJ6z
— HRW Venezuela (@HRW_Venezuela) 20 maggio 2018
Nicolás Maduro non ha dato peso alle accuse né al dato negativo dell’affluenza, ma ha esultato per l’esito delle elezioni: “Si tratta di un giorno storico! Il giorno di una vittoria eroica! Di una vittoria bellissima – e del popolo”. Si appresta quindi a restare in carica per altri cinque anni, impugnando le redini di un paese che ormai da anni somiglia ad un cavallo imbizzarrito e diretto al galoppo verso la guerra civile.
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