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A Ischia, l’abusivismo edilizio e il troppo cemento sono stati i veri responsabili dei crolli di Casamicciola e Lacco Ameno. La riflessione di Rossella Muroni
Ancora una tragedia. Il primo pensiero va al dolore dei familiari delle vittime e allo shock subito dalla comunità ischitana a cui Legambiente esprime tutto il suo cordoglio. Poi arrivano le considerazioni, purtroppo le stesse già fatte in situazioni analoghe. Il terremoto a Ischia ci ricorda, ancora una volta, che l’Italia è un Paese fragile e a rischio sismico dove investire nella riqualificazione degli edifici per renderli sicuri non è più rimandabile.
L’abusivismo edilizio è un elemento che crea fragilità, toglie sicurezza, bellezza, dignità ai nostri territori. Ischia è un simbolo di questa piaga che affligge il Paese. Qui il cemento si è aggiunto al cemento in modo disordinato, senza regole, indebolendo versanti che poi con le forti piogge cedono e trascinano a valle tutto quello che trovano. L’isola conta 600 case abusive colpite da ordine definitivo di abbattimento e 27 mila le pratiche di condono presentate in occasione delle tre leggi nazionali sulle sanatorie edilizie. Chi in queste settimane sta cavalcando il tema dell’abusivismo di necessità, per cercare consenso elettorale, speriamo si fermi. Costruire infischiandosene delle regole provoca pesanti conseguenze.
Il ciclo illegale del cemento, dallo sfruttamento delle cave, all’abusivismo abitativo fino alle grandi speculazioni immobiliari, è saldamente nelle mani della criminalità organizzata. Nei cantieri del mattone illegale il lavoro nero è la regola, la sicurezza semplicemente non esiste, i materiali utilizzati sono di pessima qualità. In un paese civile e democratico l’illegalità si combatte e non può essere in nessun modo autorizzata o giustificata dalla politica.
L’Italia è un paese deturpato da cemento speculativo e illegale, i cui numeri sono eloquenti: nel 2016 gli abusi sono stati circa 17 mila. In dieci anni in Campania sono state realizzate circa 60mila case abusive. E non parliamo di abusi “di necessità”, un fenomeno terminato alla metà degli anni novanta, ma di soggetti organizzati che hanno tirato su interi quartieri, in aree dove controllano tutto. Così negli anni abbiamo consumato il 66 per cento delle coste calabresi, oltre il 50 per cento di quelle campane e siciliane.
https://t.co/06UhCqsqAI per parlare di futuro del Paese e del pericoloso culto del cemento di cui siamo schiavi pic.twitter.com/xE32MElEMw
— Rossella Muroni (@RossMuroni) 22 agosto 2017
E se il cemento illegale avanza velocemente, le demolizioni di immobili abusivi procedono con lentezza: in Italia, dal 2001 al 2011, solo il 10,6 per cento degli immobili è effettivamente andato giù. Una percentuale che precipita al 4 per cento nella provincia di Napoli e rasenta lo zero a Reggio Calabria e Palermo. Ecco la situazione. L’unica certezza, oltre le polemiche se un terremoto di magnitudo 4 possa giustificare o meno i crolli a Ischia, rimane l’urgenza della messa in sicurezza dei territori, la vera grande opera pubblica necessaria al Paese, incompatibile con qualsiasi forma di sanatoria edilizia.
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