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Di vino bianco o rosso, tradizionale balsamico, di mele: l’aceto migliore proviene solo da materie prime di ottima qualità.
È l’aroma acre a rendere l’aceto così gettonato in cucina: la radice “ac” sta per pungente. Quando si dice aceto, i più intendono il liquido ricavato dalla fermentazione del vino e dei vinelli ad opera dei batteri aerobi. Solo negli ultimi decenni, con l’affermarsi dell’alimentazione naturale, i consumatori hanno cominciato a conoscere
L’aceto più comune è quello che si ottiene dalla fermentazione del vino: in luogo fresco e aerato i batteri presenti nell’aria e nel vino stesso trasformano lentamente l’alcol in acido acetico. Ciò avviene naturalmente, senza forzature o sostanze aggiunte, solo con un buon vino privo di additivi e non pastorizzato. La lavorazione industriale dell’aceto, invece, com’è facile intuire, funziona diversamente: partendo da materie prime di minor qualità e dall’esigenza di contrarre i tempi per aumentare la produzione, l’industria privilegia metodi rapidi di fermentazione, come quella ad aerazione forzata con turbina ad aria compressa, ad esempio, o quello che prevede l’utilizzo di trucioli di legno.
Alcune zone d’Italia hanno una lunga tradizione acetica alle spalle, che ricalca le vecchie e collaudate produzioni artigianali: l’aceto tradizionale balsamico di Modena e quello di Reggio Emilia, entrambi a marchio Dop di qualità europea, ne sono una testimonianza. Capisaldi della gastronomia italiana nel mondo, questi pregiatissimi aceti vengono prodotti nelle acetaie seguendo una lavorazione che si tramanda da secoli, privilegiando vitigni di coltivazione locale, come lambrusco e trebbiano.
L’invecchiamento riveste un ruolo di primaria importanza nella produzione dei balsamici tradizionali, è ciò che ne fa elisir di gusto e salute: il mosto viene cotto per almeno 24 ore e fatto maturare nelle caratteristiche botticelle di legno per almeno 12 anni. Il mosto “passa” ripetutamente in botti sempre più piccole di legni diversi, rovere, castagno, ciliegio, gelso, ginepro. Ogni legno imprime la propria nota al bouquet dell’aceto, più o meno aromatica. Anno dopo anno, quello che si ottiene è una sorta di liquido sciropposo bruno, dall’aroma penetrante e dall’inimitabile gusto agrodolce: l’aceto balsamico tradizionale.
In cucina poche gocce sono sufficienti per insaporire insalate, salse, carni, pesce e formaggi, gelati, dessert alla frutta. E per stimolare “magicamente” l’appetito e la digestione. Attenzione: l’aceto balsamico tradizionale non va confuso con l’aceto balsamico (privo della dicitura “tradizionale” in etichetta). Il “semplice” balsamico non si fregia del marchio di qualità Dop, può essere fatto con mosto cotto concentrato addizionato con caramello e non possiede né il gusto né le virtù del balsamico tradizionale.
Eccoci infine all’aceto di mele: più delicato dell’aceto di vino e molto gradevole al palato, si ottiene dalla pressatura dei frutti interi. È importante sceglierlo da agricoltura biologica (la buccia delle mele convenzionali è spesso trattata con potenti pesticidi). È mineralizzante, disintossicante e antibatterico.
Grande protagonista della disinfezione naturale, è utile per l’ambiente, per le stoviglie e per gli animali. Il suo utilizzo è versatile, economico e profumato.
L’aceto di miele è un prodotto d’eccezione: stimola l’appetito e la digestione, entra nella formulazione di prodotti cosmetici, è usato come ricostituente e dissetante, è un rimedio eccellente per combattere il mal di testa e di gola e perfino per le punture di meduse. In passato si utilizzava anche miscelato all’olio d’oliva per lenire le scottature.
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