Un rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale spiega che in Asia nel 2023 sono state registrate 79 catastrofi legate ad eventi estremi.
Per affrontare i cambiamenti climatici dobbiamo piantare mille miliardi di alberi
Sul pianeta, secondo un team di ricercatori, c’è spazio per oltre mille miliardi di alberi in più, grazie ai quali potremmo rallentare gli effetti del riscaldamento globale.
Esiste un modo piuttosto semplice, economico e dal risultato garantito per contrastare con efficacia gli effetti dei cambiamenti climatici. Quale? Non è certo un segreto, piantare alberi e restaurare gli ecosistemi distrutti. Le foreste sono infatti in grado di assorbire grandi quantità di CO2 e il ripristino degli habitat naturali consentirebbe di raggiungere un terzo della quota di riduzione di gas serra necessaria per mantenere il riscaldamento del pianeta sotto i 1,5 gradi. La riduzione delle attuali emissioni e la transizione verso le energie pulite, pur urgenti e necessarie, da sole non bastano per raggiungere gli obiettivi climatici fissati in occasione della Cop 21 di Parigi.
Occorre una massiccia opera di riforestazione, le aree dal maggior potenziale in questo senso sono le foreste pluviali tropicali, denudate dalle piantagioni intensive di palma da olio e dalla produzione di legname. Ma quanti alberi dovremmo piantare? Lo hanno stabilito Thomas Crowther, ecologo del Politecnico federale di Zurigo, e il suo team di ricercatori.
Quanti alberi dobbiamo piantare
Secondo lo scienziato britannico sul pianeta c’è abbastanza spazio per altri 1.200 miliardi di alberi. “La quantità di carbonio che potremmo immagazzinare se piantassimo 1.200 miliardi di alberi sarebbe molto più alta di quella garantita da qualsiasi altra soluzione adottassimo per fermare i cambiamenti climatici”, ha affermato Crowther. Per ottenere questo dato i ricercatori dell’ateneo svizzero hanno calcolato la densità globale di alberi individuando le aree che potrebbero essere potenzialmente riforestate.
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Quanta CO2 potrebbero assorbire
I ricercatori hanno inoltre calcolato la quantità di CO2 che potrebbe essere immagazzinata dalle nuove foreste, tuttavia questo dato non è ancora stato diffuso poiché lo studio, che sarà pubblicato sulla rivista Science, è attualmente in fase di revisione. Tale quantità, secondo le stime, dovrebbe comunque superare i 90 miliardi di tonnellate.
Dove riforestare
Le località identificate dalla squadra di Crowther si trovano prevalentemente su terreni degradati e abbandonati, anziché su aree agricole o urbane. La scelta delle aree da ripristinare deve essere attentamente valutata poiché ogni ecosistema presenta le proprie peculiarità. Effettuare un intensivo rimboschimento nel nord Europa, ad esempio, potrebbe essere controproducente dato che più alberi potrebbero ridurre la capacità del suolo innevato di riflettere la luce e il calore e, paradossalmente, aumentare il riscaldamento globale.
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Una soluzione a lungo termine
La riforestazione non darà però risultati immediati, dato che molte specie di alberi necessitano dai 30 ai 40 anni di crescita affinché lo stoccaggio del carbonio raggiunga il suo pieno potenziale. È pertanto fondamentale arrestare immediatamente la deforestazione che tutt’oggi, secondo Crowther, costa al nostro pianeta circa 15 miliardi di alberi ogni anno.
Il ritorno delle foreste
Progetti di riforestazione sono già stati avviati in diverse parti del globo. Lo scorso anno la Cina ha avviato un massiccio piano di riforestazione che prevede di aumentare la copertura arborea del 23 per cento entro il 2020, il governo britannico che ha annunciato la piantumazione di 50 milioni di alberi nei prossimi 25 anni, l’Islanda ha avviato un’iniziativa che prevede di aumentare la copertura forestale dal 2 al 12 per cento entro il 2100, mentre in Brasile si prevede la piantumazione di 73 milioni di alberi entro i prossimi 6 anni (Bolsonaro permettendo). Lo straordinario potere delle foreste di raffreddare il clima del pianeta è stato recentemente dimostrato da uno studio sorprendente, secondo il quale la violenta colonizzazione europea delle Americhe avrebbe favorito l’espansione delle foreste e causato un abbassamento delle temperature noto come la “piccola era glaciale”.
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