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24 foto d’autore raccontano l’altro volto di un Paese tormentato da più di 40 anni di guerra. Le stampe sono a sostegno degli ospedali di Emergency in Afghanistan.
Paesaggi sospesi nel tempo e attimi di vita quotidiana. Le linee morbide dell’Hindu Kush e la tenerezza di un abbraccio tra madre e figlia. La fatica negli occhi di un uomo che lavora i tipici tappeti rossi afgani. La luce tenue delle montagne del Pamir.
È l’Afghanistan visto attraverso gli occhi di sedici fotografi di fama internazionale che hanno deciso di donare alcuni dei loro scatti più emblematici per supportare le attività di Emergency nel Paese. 24 immagini che raccontano in maniera inedita un Paese tormentato da più di quaranta anni di guerra che ha causato un milione e mezzo di morti, centinaia di migliaia di feriti e mutilati e oltre quattro milioni di profughi.
Le stampe d’autore saranno messe in vendita grazie all’iniziativa di Ishkar, impresa sociale inglese nata a Kabul, che ha riunito le migliori immagini di fotografi come Jim Huylebroek, che ha spesso aperto le prima pagine del New York Times, Giulio Piscitelli e Ferdinando Rollando, guida alpina e fotografo che ha esplorato le zone più remote delle montagne afgane.
Nonostante i colloqui di pace tra talebani e governo centrale sembrino aprire uno spiraglio verso un futuro meno cupo, la popolazione civile continua a soffrire le conseguenze di una guerra che non dà tregua al Paese. Nel primo semestre del 2020 – secondo i dati riportati dalle Nazioni Unite – sono infatti 1.282 le persone morte a causa degli scontri e degli attentati e oltre 2.000 i feriti. Alla violenza si aggiunge l’emergenza sanitaria: il bollettino recentemente diffuso dal Moph, l’Afghanistan ministry of public health, rivela che sono circa 40mila le persone affette da Covid-19, 1.387 quelle morte per il virus.
Emergency ha iniziato a lavorare in Afghanistan 21 anni fa e da allora ha curato più di sette milioni di persone. Era il 1999, quando lo staff dell’organizzazione arrivava nella Valle del Panjshir. Non c’erano infrastrutture, né strade, né elettricità. Solo rottami di carri armati e cannoni, le mine antiuomo e i relitti lasciati dall’invasione dell’allora Unione Sovietica. Mancava tutto. E più di ogni altra cosa mancava un ospedale. Così, in un edificio che ospitava una ex scuola militare, nacque il primo centro chirurgico di Emergency nel Paese.
Da quel momento, l’organizzazione fondata da Gino Strada ha continuato a fornire tutte le cure necessarie alla popolazione afgana, ampliando le sue strutture locali. Sono stati aperti oltre quaranta posti di primo soccorso, che stabilizzano i pazienti in attesa di essere operati negli ospedali; nel 2001 è stato aperto il secondo centro chirurgico per vittime di guerra a Kabul e, nel 2003, il terzo ospedale a Lashkar-gah, nella provincia di Helmand. A questi si aggiunge il centro di maternità avviato, sempre nel 2003, ad Anabah.
Nonostante l’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia, i centri medico – chirurgici hanno continuato la loro attività in questi mesi: tutte le strutture e i servizi sono stati infatti riorganizzati secondo specifici protocolli e misure anti-contagio Covid-19, grazie ai quali è stato possibile curare le vittime di uno dei conflitti più letali per i civili del ventesimo secolo.
Per il breve tempo di uno scatto, però, le immagini scelte da Ishkar, ci ricordano che in Afghanistan c’è anche un popolo che resiste, che spera e che, ogni giorno, cerca di costruire un pezzo di pace. È accanto a loro che gli uomini e le donne negli ospedali di Emergency lavorano ogni giorno.
La collezione è disponibile online. Le stampe fotografiche saranno realizzate su carta Giclée Hahnemühle Pearl e disponibili in tre dimensioni. Per acquistarle c’è tempo fino al 25 settembre. Per informazioni: [email protected]
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