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Il progresso delle infrastrutture di connessione internet punta a unire tutto il Pianeta, Africa compresa. E chi lo gestisce si assicura milioni di utenti.
Nel 2006 il senatore statunitense Ted Stevens definì internet “una serie di tubi”, un’espressione diventata un meme con cui molti presero in giro la limitata comprensione dell’argomento dimostrata dal politico dell’Alaska. Per quanto superficiale, però, l’idea di vedere internet come una rete di tubi – o meglio, di grossi cavi – non è così fuorviante: il sito Submarine cable map offre una mappa di tutti i cavi che collegano isole e continenti, in una maglia fittissima di infrastrutture essenziali per il funzionamento del mondo contemporaneo.
Negli ultimi anni, però, molte aziende hanno provato metodi alternativi al cavo, spesso invano. Certo, le alternative esistono, ma il collegamento fisico rimane comunque la prassi. Google, ad esempio, ha lanciato nel 2015 Project Loon, con cui puntava a fornire connessioni ultraveloci in ogni angolo del mondo usando palloni aerostatici (il progetto è stato in parte accantonato, in parte convertito in un altro progetto sperimentale, chiamato Project Taara).
E poi c’è Starlink, il sistema di piccoli satelliti che la Space X di Elon Musk sta lanciando nella bassa orbita terrestre con l’intenzione di connettere tutto il mondo. Sono progetti affascinanti e futuristici; eppure, internet continua a essere, nonostante tutto, “una serie di tubi”. Cavi che, oggi, puntano a un continente enorme, poco connesso e in via di sviluppo.
L’Africa è infatti al centro di due iniziative intraprese da Google e Meta (nome del gruppo che comprende Facebook), per connettere un continente che oggi è il meno connesso del mondo e che quindi fa molta gola ai giganti tecnologici. Anche per questo, sia Equiano che 2Africa – i nomi dei progetti di Google e Meta, rispettivamente – puntano sulla costa ovest del continente, all’altezza della Nigeria, che con la sua economia in crescita e i suoi 200 milioni di abitanti rappresenta un punto nevralgico nella connessione dell’Africa.
Questi cavi si andranno ad aggiungere a quelli esistenti ma darebbero alle due aziende un enorme vantaggio competitivo in tutta l’Africa, assicurando connessioni molto veloci rispetto a quelle disponibili oggi. Le aziende del cosiddetto Big tech hanno dimostrato di comprendere il ruolo che queste infrastrutture hanno per il loro futuro, specie nel sud globale, un’area dall’alta crescita demografica e ancora scarsamente connessa. Secondo il sito Rest of the world, Google, Meta, Microsoft e Amazon stanno investendo molto nel settore: entro il 2024 arriveranno a possedere – in toto o almeno in parte – 30 collegamenti di questo tipo in tutto il mondo. Se i comunicati ufficiali delle aziende in questione sottolineano l’esigenza di questi tipi di collegamenti (“collegare l’umanità”) e le opportunità di sviluppo offerte, è anche evidente che i cavi rappresentano un’enorme forma di potere tecnologico, economico e politico per Big tech. Il motivo è chiaro: sono la chiave per lo sviluppo futuro della società e appartengono a manciata di aziende che con questo tipo di investimenti si assicurano la loro presenza nella vita di centinaia di milioni di persone. E, soprattutto, di utenti.
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