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Tacciata da alcuni come una pratica esoterica priva di fondamenti scientifici, l’agricoltura biodinamica è un metodo di coltivazione e allevamento agroecologico. Per capirne di più siamo andati a visitare l’azienda agricola biodinamica Cascine Orsine.
Prendere un corno di vacca che abbia figliato almeno una volta, riempirlo con del letame e sotterrarlo per il periodo invernale, quindi dissotterrarlo in primavera e diluirne il contenuto con acqua di sorgente o piovana a 37 °C: è così che, secondo il disciplinare dell’agricoltura biodinamica, si ottiene il preparato 500, una sostanza fondamentale da spargere sul terreno per rivitalizzare il suolo e aiutare lo sviluppo della pianta.
Roba da stregoni? Qualcosa che ha a che fare solo con l’esoterismo e la magia? Secondo una parte del mondo scientifico e politico sarebbe proprio così; per gli agricoltori biodinamici, invece, si tratta di uno dei fertilizzanti più potenti (e naturali) che ci sia. Per capirne di più siamo andati a visitare l’azienda agricola biodinamica Cascine Orsine, situata a Bereguardo, in provincia di Pavia.
La tenuta, da oltre un secolo di proprietà della famiglia Paravicini Crespi, da riserva di caccia fu convertita, a partire dagli anni Settanta, alla produzione agricola biodinamica. Fu una delle prime aziende a farlo in Italia, secondo la volontà di Giulia Maria Crespi, nota imprenditrice e fondatrice del Fai, Fondo ambiente italiano.
Oggi è suo nipote, Marco Paravicini Crespi, a condurre l’azienda con la stessa convinzione della nonna. Lo incontriamo in cascina e la prima domanda non può che essere una: “Ma il cornoletame lo fate davvero?”. “Certo, – risponde – e funziona davvero!”.
“È lecito non crederci – continua – ma mi chiedo perché alcune persone ce l’abbiano così tanto contro l’agricoltura biodinamica. Ci dicono che le nostre pratiche non hanno fondamenti scientifici, ma ci sono studi che confermano come la qualità del suolo e la sua capacità di trattenere l’acqua aumentino esponenzialmente con l’agricoltura biodinamica. Le vere domande da porsi, per me, sarebbero altre: chiediamoci, per esempio, cosa sono gli effetti dei fanghi industriali nelle campagne, oppure quali sono le conseguenze dell’agricoltura intensiva su biodiversità e falde acquifere”.
Il cornoletame, come altre pratiche simili, è solo uno degli aspetti dell’agricoltura biodinamica che – nata formalmente nel 1924 ispirandosi alla visione del filosofo Rudolf Steiner in risposta ai problemi emergenti dall’agricoltura chimica – si basa su una concezione olistica dell’azienda agricola, un’azienda in relazione con l’ambiente circostante, con la Terra e con il cosmo.
“Insieme all’agricoltura biologica, l’agricoltura biodinamica è la sola pratica agricola ad avere un disciplinare dettagliato e delle certificazioni molto serie (Cascine Orsine fa parte di Demeter Italia, ndr) che sono una garanzia per il consumatore”, spiega Marco. “Il metodo biodinamico ha delle regole precise, ma nella loro applicazione considera anche il territorio dell’azienda con le sue specificità climatiche, ambientali, morfologiche. Insomma, lavoriamo con la natura, cerchiamo di capire come funziona e di assecondarla, mentre nella maggioranza dei casi gli aspetti naturali vengono ignorati o contrastati. Questo non vuol dire escludere la tecnologia, ma far sì che la componente naturale e quella tecnologia vadano di pari passo. Altro che stregoneria, le aziende biodinamiche in molti casi, penso al vino per esempio, rappresentano l’eccellenza della produzione agricola italiana”.
La proprietà di Cascine Orsine si estende nel cuore del Parco del Ticino per più di 650 ettari, di cui 350 sono coltivati, mentre la restante parte è lasciata a bosco. Il cuore della produzione aziendale sono il riso, nelle varietà Rosa Marchetti e Baldo, e i formaggi, realizzati a “metro zero” nel caseificio aziendale con il latte dei bovini allevati in stalla (circa 300) e nutriti principalmente con i foraggi della cascina. Ci sono poi altre piccole produzioni, derivanti dall’ecosistema aziendale, come cereali minori, farine, miele.
“L’aspetto fondamentale per noi è mantenere un equilibrio all’interno dell’azienda tra agricoltura e allevamento, essere autosufficienti minimizzando le importazioni e gli sprechi e creando un ciclo chiuso e virtuoso. Un allevamento proporzionato non crea problemi, i problemi nascono quando i numeri esplodono. Da noi, per esempio, le mucche hanno le corna perché la densità non è elevata rispetto agli spazi e il letame che producono non è un rifiuto inquinante – come lo è per gli allevamenti intensivi – ma diventa una risorsa per concimare i terreni. Contemporaneamente, la necessità di nutrire gli animali prevalentemente da foraggi autoprodotti, come da disciplinare Demeter, porta naturalmente ad una rotazione colturale molto ampia: in questo modo manteniamo la salute del terreno e la biodiversità in azienda che favorisce anche la presenza delle api, allevate in diverse arnie sparse per la proprietà. È un approccio agroecologico, lo stesso verso cui sta spingendo l’Unione europea favorendo con sovvenzioni economiche anche il pascolo, per esempio”.
Realizzare un pascolo in pianura che permetta agli animali, oltre di muoversi all’aperto come già fanno, anche di nutrirsi – è esattamente la sfida a cui l’azienda sta lavorando: “In effetti stiamo implementando un sistema di pascolo turnato, molto innovativo per questa zona, dove gli animali ogni giorno pascolano in una superficie diversa, lasciando così il tempo al prato di ricrescere e garantendo sempre foraggio fresco per le vacche che costituirà una buona parte della loro razione giornaliera. Questo migliorerà ulteriormente sia il benessere animale sia la qualità del latte e quindi dei nostri formaggi: difatti mangiando foraggio fresco si trasferiscono nel prodotto finale i profumi delle erbe e dei fiori dei pascoli, diversi a seconda della stagione”.
In verità, il pascolo non è l’unico progetto di Marco: a breve Cascine Orsine avrà anche un agriturismo dove gli ospiti potranno gustare un menù sostenibile fatto con i prodotti dell’azienda le cui porte, come quelle delle altre realtà biodinamiche, – sottolinea più volte Marco – sono sempre spalancate per chiunque voglia scoprirla e saperne di più.
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