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Walter Palmer ha confessato di aver ucciso l’animale ma cerca di giustificarsi scaricando le responsabilità sui complici. Intanto l’opinione pubblica mondiale chiede giustizia.
Tra un leone famoso e uno “comune” non dovrebbe esserci alcuna differenza, entrambi, come tutti gli animali, hanno diritto di vivere secondo la propria natura. L’importanza di ogni singolo esemplare è inoltre direttamente proporzionale al loro scarso numero, fino al secolo scorso nel continente africano cacciavano oltre 200mila leoni, mentre oggi ne sopravvivono meno di 30mila.
Eppure, come scriveva George Orwell, “tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”. È il caso di Cecil, uno dei leoni più famosi e studiati dello Zimbabwe, simbolo del parco nazionale di Hwange. La sua uccisione da parte di un cacciatore di trofei ha fatto scalpore proprio per il suo ruolo di beniamino dei turisti, nonostante siano molti i felini uccisi ogni anno da facoltosi cacciatori occidentali.
Proprio su questo aspetto si è fondato il comunicato rilasciato dall’assassino di Cecil, il 55enne dentista del Minnesota, Walter Palmer. “Ignoravo totalmente che il leone fosse il preferito del parco e che avesse sul corpo un segnalatore e fosse oggetto di studi, prima della fine della caccia”, ha cercato di giustificarsi il cacciatore.
Palmer ha scaricato le responsabilità sui suoi complici che non lo avrebbero informato della situazione, il cacciatore professionista Theo Bronkhorst e due guardie del parco che avrebbero aiutato il cacciatore ad attirare Cecil fuori dai confini dell’area protetta per poterlo uccidere e decapitare.
Palmer e i complici rischiano fino a 15 anni di carcere con l’accusa di caccia di frodo. “Sono profondamente rammaricato dalla morte di questo leone – ha aggiunto Palmer – adoro e pratico con responsabilità questa attività, sempre nel rispetto della legalità”.
Non c’è nulla di legale invece nella caccia a Cecil, dall’assenza della licenza al bieco stratagemma per adescarlo, e non è la prima volta che il dentista infrange la legge per la sua bramosia di sangue.
Nel 2008 infatti dovette dichiararsi colpevole dopo essere stato rinviato a giudizio per l’uccisione di un orso nero in Wisconsin, a oltre 60 chilometri di distanza dall’area per la quale gli era stata rilasciata la licenza, e aver dichiarato il falso agli inquirenti per discolparsi.
L’opinione pubblica di tutto il mondo chiede giustizia, sono numerose le petizioni online cha hanno velocemente raggiunto centinaia di migliaia di adesioni, che chiedono di interrompere i permessi che consentono ai turisti di cacciare specie protette e l’importazione dei trofei nei paesi di origine. Su Twitter l’hashtag #CecilTheLion è tra gli argomenti di maggior tendenza.
Cecil non tornerà e anche il destino dei suoi cuccioli (ben 24) sembra segnato, ma la sua morte, in virtù della grande eco mediatica, potrebbe contribuire a interrompere questa pratica crudele e a classificare i leoni come una specie minacciata.
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