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La Bayer vuole comprare Monsanto. L’interesse arriva in concomitanza con le indecisioni europee sul glifosato e dà sostanza alle preoccupazioni legate al Ttip.
“I vertici di Bayer hanno recentemente incontrato i responsabili di Monsanto per discutere in privato di un’acquisizione negoziata della Monsanto”, una frase – resa nota da Bayer –che, da sola, ha scosso un intero settore, se non addirittura un continente, quello europeo, che in queste settimane è sotto pressione per due tematiche che potrebbero decidere cosa coltiveremo e cosa mangeremo nei prossimi anni: il rinnovo del permesso all’uso dell’erbicida glifosato e le trattative sul Partenariato translatlantico sul commercio e gli investimenti, o Ttip.
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La multinazionale chimica e farmaceutica Bayer, che ha sede in Germania, ha reso noto di aver lanciato un’offerta pubblica d’acquisto (opa) per portare a termine una fusione (merger & acquisition) con l’americana Monsanto, azienda leader nella produzione di pesticidi, diserbanti e sementi geneticamente modificate che resistono ai fitofarmaci che produce. Pesce grande mangia pesce piccolo. Un anno fa, infatti, Monsanto cercò di acquisire senza successo la concorrente svizzera Syngenta e ora potrebbe “pagare” le conseguenze. La fusione dei due colossi considerati “veleno” per chi lotta per la tutela dell’ambiente darebbe vita al maggior produttore di sementi e di prodotti chimici per l’agricoltura al mondo, per un fatturato di 67 miliardi di dollari l’anno. In questo modo Bayer vedrebbe aumentare il fatturato derivante dal comparto agricolo dall’attuale 22 al 40 per cento. Le due aziende non hanno rilasciato commenti.
L’annuncio della multinazionale dell’aspirina è arrivata in concomitanza con l’annuncio del secondo rinvio da parte del Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (Plants, animals, food and feed committee, Paff) che fa capo all’Unione europea (Ue) sul rinnovo dell’autorizzazione a usare il glifosato, uno degli erbicidi più diffusi al mondo. I 28 paesi che ne fanno parte, infatti, erano in disaccordo e una votazione non avrebbe portato alla maggioranza necessaria. La Germania, in particolare, madrepatria della Bayer, si sarebbe astenuta in caso di voto. A questo, va aggiunto che la Monsanto ha detenuto il brevetto di produzione dell’erbicida Roundup, che contiene il glifosato come principio attivo, fino al 2001.
La fusione transatlantica Bayer-Monsanto, tra le altre cose, oltre a essere potenzialmente legata alla questione glifosato nell’Ue, sembrerebbe intrecciata anche con i negoziati sul Ttip, l’accordo che potrebbe “indebolire i processi decisionali democratici a vantaggio delle multinazionali”, come riportato dal settimanale tedesco Der Spiegel. In particolare, il trattato, secondo chi si dichiara contrario, abbasserebbe gli standard di qualità e sicurezza che in questo momento “proteggono” l’ambiente e la salute dei cittadini europei. Un obiettivo, per i negoziatori, che verrebbe raggiunto attraverso l’adozione di leggi che eliminerebbero le differenze normative che esistono tra Unione europea e Stati Uniti, a tutto vantaggio di questi ultimi dove gli standard sono decisamente più bassi.
“La possibile fusione fra Bayer e Monsanto genera molte preoccupazioni perché va contestualizzata nella fase di negoziato tra Stati Uniti e Europa. Per quel che riguarda l’Europa, anche nel procedimento di autorizzazione dell’uso del glifosato. Entrambi gli iter sono accumunati da un’incertezza di fondo e da posizioni molto poco chiare”, ha commentato Rossella Muroni, presidente di Legambiente, per LifeGate. “Con la possibile nascita del più grande colosso al mondo dell’industria di sementi e pesticidi – continua Muroni – si creerebbe un asse che rischia di intervenire negativamente sugli standard di protezione ambientale, di salute pubblica e di qualità delle produzioni agricole certificate in Italia e Europa”.
L’eventuale operazione non dovrebbe incontrare nemmeno troppi ostacoli per quanto riguarda le regole a tutela della concorrenza: “Lato antitrust, non credo ci saranno troppi problemi”, ha dichiarato Lutz Krafft, uno dei legali dello studio di consulenza ChemAdvice GmbH che ha anche lavorato per Bayer. A fronte di ciò – secondo quanto riportato da Bloomberg – è immaginabile un aumento dei controlli sulle poche aziende su scala globale che controllano l’industria delle biotecnologie.
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