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L’Articolazione dei popoli indigeni del Brasile (Apib) si è rivolta al tribunale dell’Aja, contro il presidente Jair Bolsonaro. L’accusa è di crimini contro l’umanità, genocidio ed ecocidio.
Un’associazione indigena brasiliana si sta muovendo per portare il presidente Jair Bolsonaro davanti alla Corte penale internazionale con l’accusa di genocidio ed ecocidio. L’Articolazione dei popoli indigeni del Brasile (Apib), una rete di organizzazioni e una delle voci più forti nel paese in tema di salvaguardia dei popoli originari, sottolinea che fin dall’inizio del suo mandato nel 2019 il presidente ha attuato specifiche politiche contro gli indigeni, togliendo loro sempre più terre. Non è la prima volta che gli indigeni portano Bolsonaro davanti alla Corte, era già successo nel gennaio scorso.
Da quando Bolsonaro ha preso il potere nel 2019, la tutela ambientale è finita ai margini della politica brasiliana, sostituita da uno sfruttamento sempre più massiccio. Varie agenzie sono state smantellate, figure istituzionali di primo piano sono state rimosse, il budget destinato al settore è stato tagliato e oggi il paese si lecca le ferite di queste scelte scellerate.
Nei primi mesi del 2021 il tasso di deforestazione è aumentato del 17 per cento rispetto allo scorso anno, segno di un peggioramento sempre più rapido di un trend che già destava preoccupazione. 267 incendi di grosse dimensioni, per il 75 per cento nella foresta amazzonica, hanno bruciato oltre 100mila ettari di foresta, contribuendo a rendere ancora più critica la situazione. E nelle scorse settimane si è dimesso il ministro dell’Ambiente Ricardo Salles, accusato di avere avuto un ruolo durante il suo mandato nel contrabbando illegale di legname.
A subire più di tutti le conseguenze di questa situazione sono i popoli indigeni, circa 900mila persone in Brasile. Le loro terre sono sotto la costante minaccia delle istituzioni, che hanno ammorbidito la legislazione a loro tutela spianando anche la strada alle attività illegali come quella mineraria, che in molti casi si è tradotta in schiavitù. Con il Covid-19 la situazione non ha fatto altro che peggiorare: gli indigeni sono rimasti esclusi dai circuiti sanitari, lo stato ha fatto poco per curarli ed è solo grazie all’attivismo di associazioni locali e organizzazioni internazionale che i vaccini sono arrivati nella foresta.
Di fronte a questa situazione, che nel medio-lungo termine potrebbe mettere a rischio la loro stessa sopravvivenza, i popoli originari del Brasile stanno alzando sempre più la voce. Se la giustizia locale resta a guardare, la chiave ora è rivolgersi all’estero, in particolare alla Corte penale internazionale.
Nel gennaio scorso due leader indigeni, Raoni Metuktire dei Kayapo e Almir Narayamoga Surui della tribù Paiter Surui, hanno presentato al tribunale dell’Aia un dossier dove si evidenzia come la deforestazione, i trasferimenti arbitrari di intere comunità e gli omicidi di leader indigeni si siano impennati da quando Bolsonaro ha preso il potere nel 2019. Questo costituisce secondo loro “crimine contro l’umanità”. In parallelo, hanno chiesto di inserire il reato di ecocidio tra quelli di cui si occupa la Corte.
“Ci aspettiamo che il caso contro Bolsonaro apra la strada al riconoscimento dell’ecocidio nel contesto della legge internazionale e che la Cpi decida di combattere i crimini ambientali. Crediamo che la corte sia cosciente della gravità dell’emergenza ambientale nel mondo, ed è per questo che chiediamo che apra un’indagine su Bolsonaro”, ha raccontato a LifeGate l’avvocato William Bourdon, che si sta occupando del caso.
Ora è arrivato il momento di una nuova istanza, distinta e separate ma di fatto uguale nelle motivazioni, con cui i popoli indigeni vogliono portare Bolsonaro davanti alla Corte penale internazionale. L’Articolazione dei popoli indigeni del Brasile (Apib) ha presentato ai giudici un pacchetto di documenti con decisioni e interventi del presidente, volti a dimostrare che quest’ultimo ha portato avanti negli anni “un’esplicita, sistematica e intenzionale politica anti-indigena” che rientra nel campo dei crimini contro l’umanità, del genocidio e dell’ecocidio. In particolare, ci si sofferma sulla deforestazione, gli attacchi ai leader indigeni, le concessioni minerarie e il rifiuto di riconoscere e delimitare le aree protette dei popoli originari. Ora sta al tribunale dell’Aja decidere se aprire ufficialmente un’inchiesta, in quella che sarebbe la prima volta per un presidente del Brasile.
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