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L’Indice di percezione della corruzione di Transparency International premia Scandinavia e Nuova Zelanda. Male Somalia, Sud Sudan e Siria.
Danimarca, Nuova Zelanda e Finlandia in testa. Somalia, Sud Sudan e Siria in coda. Nel mezzo, l’Italia 51esima. E il dito puntato verso “casi particolarmente negativi” come Malta e Brasile. È questa l’estrema sintesi dell’Indice di percezione della corruzione pubblicato giovedì 23 gennaio dall’organizzazione non governativa Transparency International, che ha valutato come ogni anno il livello di corruzione percepito nel settore pubblico in 180 nazioni del mondo.
Il rapporto sottolinea in particolare il peso della vicenda legata all’omicidio della giornalista Daphne Caruana Galizia, avvenuto sull’isola di Malta nel 2017. Le cui inchieste correlate hanno fatto emergere un vasto sistema “grigio” nella nazione europea, che ha coinvolto anche una parte della classe dirigente locale, a partire dall’ex primo ministro Joseph Muscat. Secondo quanto riportato da Transparency International, infatti, il paese è “immerso nella corruzione” (vengono citate le informazioni legate allo scandalo dei Panama Papers) e il suo governo non è sufficientemente solerte dal punto di vista dell’azione giudiziaria.
Il rapporto della ong tedesca evidenzia quindi le difficoltà del Brasile, sul cui territorio “la corruzione resta uno dei più grandi ostacoli per la crescita economica e per lo sviluppo sociale”. Nonostante le promesse annunciate dal presidente Jair Bolsonaro nel corso della campagna elettorale che si è svolta nel 2018, infatti, il governo ultra-conservatore della nazione sudamericana sta esercitando “un’ingerenza politica crescente all’interno delle istituzioni deputate alla lotta alla corruzione”. A ciò si aggiunge “una serie di sconfitte giuridiche e istituzionali”, a partire da alcune decisioni della Corte suprema che secondo Transparency International complicano la lotta alla corruzione.
Al contrario, il rapporto elogia i passi avanti effettuati dall’Angola. Paese che esce “da quattro decenni di dittatura” e che è riuscito ad allontanare Isabel Dos Santos, figlia dell’ex presidente José Eduardo Dos Santos, dalla compagnia petrolifera nazionale Sonangol.
We just published the Corruption Perceptions Index 2019 results. Check it out! #CPI2019 ??? https://t.co/29ObN097n8 pic.twitter.com/sfBtvBY9qb
— Transparency Int’l (@anticorruption) January 23, 2020
Sostanzialmente stazionaria la situazione dell’Italia, invece, che nell’ultimo anno ha fatto registrare una decisa frenata rispetto ai progressi effettuati dal 2012 in poi. Il nostro paese ha infatti guadagnato un solo gradino rispetto al 2018, raggiungendo il 51esimo posto nella classifica mondiale. E “lasciando la sufficienza ancora lontana e molti problemi strutturali irrisolti”.
L’Indice di percezione della corruzione 2019 cita ad esempio “i recenti fatti di cronaca, da Foggia alle Madonie, da Reggio Calabria a Reggio Emilia”, che indicano come “la criminalità organizzata ancora spadroneggi, preferendo spesso l’arma della corruzione che oggi ha assunto forme nuove, sempre più difficili da identificare e contrastare efficacemente”.
Il rapporto sottolinea poi gli annosi problemi relativi alla “regolamentazione delle attività di lobbying” e ai conflitti di interesse: “Da anni sentiamo parlare di leggi che dovrebbero finalmente porre un freno alla corruzione, ma ancora il Parlamento tace. Solo tante promesse e audizioni che ancora non si sono trasformate in atti concreti. Non è certo un buon esempio di trasparenza la recente abolizione degli obblighi di comunicazione dei redditi e dei patrimoni dei dirigenti pubblici attuata dall’ultima legge finanziaria”.
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