Dal 2015 i fondi sono aumentati del 136 per cento a livello globale, 25,8 miliardi l’anno. Ma la strada è ancora molto lunga, tra disparità e resistenze.
Cosa vuol dire consumo sostenibile?
Un modello di sviluppo rispettoso del pianeta, basato sulla sobrietà e sull’utilizzo di risorse rinnovabili, ovvero in grado di rigenerarsi.
Consumare in maniera sostenibile significa utilizzare equamente le
ricchezze che la Terra mette a disposizione, rispettando la sua
capacità di assorbire e neutralizzare le sostanze tossiche
prodotte.
Questo modo nuovo di pensare all’utilizzo delle risorse naturali fa
la sua comparsa ufficiale già nel 1987, con il rapporto
della Commissione Mondiale su Ambiente e Sviluppo, noto come
Rapporto Brundtland dal nome del primo ministro norvegese Gro
Harlem Brundtland che l’ha presieduta.
Questo rapporto esordisce affermando che: “Esiste un chiaro legame
tra i problemi ambientali e la distribuzione della ricchezza e
delle povertà nel mondo”, evidenziando come il modello di
sviluppo fino a oggi seguito, sia il diretto responsabile della
crescita incontrollata della grave situazione ambientale creatasi.
Esso infatti si è basato su un costante sviluppo tecnologico
e una sempre maggiore produzione. Il risultato di questo modello di
sviluppo è oggi sotto i nostri occhi: le acque dei nostri
fiumi e dei nostri mari sono inquinate, l’aria delle città
è irrespirabile, la temperatura del globo è in
aumento, i rifiuti si accumulano senza trovare una giusta via di
smaltimento e le differenze tra i paesi ricchi del nord del mondo e
quelli poveri del sud si sono ampliate. Oggi più del 80%
della popolazione della Terra consuma meno del 20 % delle risorse
del pianeta.
Il consumo sostenibile al contrario si basa su un modello di
sviluppo che presuppone sia una equa distribuzione delle materie
prime e dell’energia da utilizzare e dei prodotti e dei servizi da
esse derivanti; sia il rispetto per la Terra, per il suo ecosistema
a livello locale come a livello mondiale. Con le parole del
rapporto Brundtland “Un’economia sostenibile rappresenta
nient’altro che un ordine sociale più alto: un ordine che si
interessa delle generazioni future così come della nostra e
che sia più orientato al benessere del pianeta e dei poveri,
piuttosto che delle acquisizioni di breve periodo. Questo sforzo,
fondamentalmente nuovo e con alcune incertezze, è molto meno
rischioso che mantenere lo status quo”.
Gabriele Garbillo
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