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La costruzione dell’immensa centrale idroelettrica di Belo Monte ha avuto un impatto terribile su pesci, morti a tonnellate, e tartarughe. E di conseguenza sui pescatori locali.
La centrale idroelettrica di Belo Monte, che sorge sul fiume brasiliano Tapajós, nonostante l’accertata violazione della costituzione brasiliana e del diritto internazionale, ha iniziato a produrre energia nel novembre 2015. Il grave impatto della diga sulla biodiversità fluviale e sulle popolazioni indigene è stato subito evidente. Il danno arrecato alle popolazioni ittiche, con la distruzione di numerosi siti di riproduzione, era chiaro fin dalla costruzione della diga, ma è aumentato esponenzialmente con l’entrata in funzione dell’immensa centrale idroelettrica.
Quando Norte Energia, il consorzio che ha in carico la costruzione della diga, ha deviato l’80 per cento del flusso del fiume Xingu al fine di riempire il serbatoio per la centrale idroelettrica, un elevato numero di pesci è rimasto intrappolato nella Volta Grande, un’ansa del fiume, ed è morto soffocato. “I pesci non potevano sopravvivere considerata l’elevata temperatura dell’acqua e i bassi livelli di ossigeno”, ha spiegato il biologo Cristiane Costa dell’Università federale del Paraná. Molti dei pesci morti erano in procinto di deporre le uova, ma non sono stati in grado di completare il loro ciclo riproduttivo. “È stato davvero un grave errore da parte di Ibama, l’Istituto brasiliano per l’ambiente e le risorse naturali rinnovabili, concedere la licenza per la costruzione della diga di Belo Monte durante l’estate sudamericana nell’anno di El Niño – ha affermato il biologo. – I fiumi in Amazzonia erano già colpiti da una siccità storica, e la decisione di deviare l’acqua dal fiume Xingu per riempire il serbatoio della diga ha amplificato i danni ecologici”.
Nell’aprile 2016, Ibama ha inflitto a Norte Energia una multa di circa undici milioni di dollari per aver causato la morte di oltre sedici tonnellate di pesce. L’effettivo impatto sulle popolazioni di pesci è ancora sconosciuto ma secondo gli esperti il danno potrebbe essere irreparabile. Già diversi anni fa, quando la diga di Belo Monte era solo un progetto, un gruppo di biologi incaricato di valutare l’impatto ambientale informò Norte Energia che la centrale idroelettrica avrebbe danneggiato seriamente la vita del fiume e delle persone che ne traggono sostentamento.
La diga non ha colpito gravemente solo i pesci, anche la sopravvivenza delle tartarughe, come la tartaruga Arrau (Podocnemis expansa), è minacciata. A poca distanza dall’impianto sorgono infatti alcuni dei più importanti siti di riproduzione per le tartarughe in tutto il bacino amazzonico, come la spiaggia Tabuleiro do Embaubal. Secondo i biologi ogni anno le tartarughe compiono una migrazione di 400 chilometri risalendo il Rio delle Amazzoni per deporre le uova in questa spiaggia. Secondo l’Ibama Norte Energia si era impegnata a gestire correttamente i siti di riproduzione delle tartarughe, cosa che non è avvenuta. Costa sostiene inoltre che la drastica diminuzione del pesce ha incentivato il bracconaggio illegale di tartarughe. “Anche il traffico fluviale ha conseguenze drammatiche – ha proseguito il biologo – perché queste chiatte spaventano le tartarughe e ritardano la deposizione delle uova”. Norte Energia ha invece respinto le accuse liquidandole come menzogne.
Considerati i danni arrecati al fiume le comunità fluviali che dipendono dalla pesca per il proprio sostentamento sono ora in grande difficoltà. Secondo Isa, ong che si occupa della tutela dei diritti civili, Norte Energia ha effettuato la pianificazione e le valutazioni di impatto ambientale come se le popolazioni indigene non esistessero, violando quindi accordo vincolante con il governo federale. Nel 2011 Norte Energia, in accordo con il governo del Brasile, ha accettato di pagare un miliardo di dollari ai residenti della regione di Altamira, tra cui nove gruppi indigeni, a titolo di risarcimento per la diga di Belo Monte. Secondo Isa fino ad oggi solo una minima parte di tale somma sarebbe stata corrisposta e solo il 15 per cento del compenso richiesto per proteggere la terra dei gruppi indigeni è stato distribuito. Fermo restando che è inaccettabile mettere un cartellino con il prezzo ad un fiume o a una popolazione.
L’organizzazione umanitaria ha inoltre riscontrato l’allarmante aumento dell’insicurezza alimentare nella regione, con conseguenti dispute tra le famiglie che combattono per le scarse risorse rimanenti. “Il tradizionale modo di vita di queste famiglie di pescatori si sta dirigendo verso l’estinzione”, si legge in un comunicato di Isa. Alcuni dei pesci più preziosi per le comunità fluviali sono scomparsi, come il piraíba. “Questa specie non si trova più nel fiume Xingu, durante lo scorso inverno è scomparso. I pescatori ritengono che le esplosioni e le luci abbiano spinto questi pesci ad andarsene, anche se ancora le cause sono da verificare”, ha concluso Cristiane Costa.
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