
58 città italiane hanno una concentrazione di polveri sottili ben oltre i limiti suggeriti dell’Oms, secondo i dati Copernicus.
I disastri naturali che si sono verificati nel 2012 sono stati 905, hanno causato danni per 170 miliardi di dollari e obbligato più di 32,4 milioni di persone ad abbandonare le proprie abitazioni.
Hanno lavorato partendo da fronti differenti, ma unendo le
conclusioni si può avere un quadro chiaro e definito delle
conseguenze causate dalle calamità naturali che si sono
verificate nel 2012.
I rapporti in questione sono “Natural catastrophes in 2012 dominated by U.S.
weather extremes” del Worldwatch Institute e “Global estimates 2012 – People displaced by
disasters” a cura dell’Internal displacement monitoring centre
fondato dal Norwegian refugee council.
I disastri
naturali
Il 93 per cento dei 905 disastri naturali avvenuti nel 2012 sono
stati causati da fenomeni meteorologici o climatici, come alluvioni
e uragani, ondate di calore e siccità, mentre solo il restante
7 per cento è da imputare a fenomeni geofisici come terremoti
o eruzioni vulcaniche. Il totale economico dei danni è stato
di 170 miliardi di dollari. Anche se l’America del Nord ha subito
circa il 26 per cento dei disastri naturali, gli Stati Uniti da
soli hanno subito danni pari al 69 per cento di quelli mondiali.
Nel continente europeo si è verificato il 15 per cento dei 905
disastri naturali, il 37 per cento in Asia e l’11 in Africa.
I dati dell’ong americana Worldwatch Institute, raccolti sulla
base di quelli forniti dalla compagnia di assicurazioni Munich Re,
evidenziano un miglioramento rispetto al 2011, l’anno dei record in
quanto a calamità naturali, ma si tratta comunque di circa
cento eventi in più rispetto alla media dell’ultimo decennio
(800) soprattutto a causa del cambiamento climatico.
I rifugiati
ambientali
A questi dati vanno collegati quelli del rapporto “Global estimates
2012 – People displaced by disasters” secondo il quale nell’ultimo
anno 32,4 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le
loro case proprio a causa dei disastri fin qui descritti, per un
totale di 143,9 milioni di rifugiati in cinque anni (2008-2012). Un
fenomeno che ha coinvolto tutti i continenti, ma i paesi più
colpiti sono stati l’India con 6,9 milioni di persone sfollate a
causa dei primi monsoni di giugno e luglio, la Nigeria con quasi
6,1 milioni di sfollati per le alluvioni stagionali di settembre e
ottobre e la Cina (2 milioni per colpa del tifone Hakui di agosto).
Non si può non citare l’uragano
Sandy che da solo ha causato 1.119.000 sfollati, 776mila negli
Stati Uniti e 343mila a Cuba.
Numeri che non possono fare altro che confermare l’esigenza di
raggiungere un
accordo globale sulla questione dei rifugiati ambientali, in
particolare climatici, in modo da garantire anche a queste
(milioni) di persone i diritti e la protezione di cui hanno
bisogno.
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