
È aumentato il numero di Comuni italiani sui cui territori sono presenti spiagge alle quali è stata riconosciuta la Bandiera blu.
Chi inquina il territorio, specula sulla salute degli altri o manda in fumo i boschi, lascia ferite difficili da rimarginare. I numeri della lotta alla criminalità ambientale nel rapporto Ecomafia 2018 di Legambiente.
Lo scorso anno, ai danni dell’ambiente, sono stati commessi la bellezza di 84 reati al giorno, ossia 3,5 ogni ora. Per la precisione, gli illeciti scoperti dalle forze dell’ordine sono stati 30.692, con un aumento del 18,6 per cento. Nelle regioni a tradizionale insediamento mafioso si concentra il 44 per cento del totale nazionale con la Campania, ancora una volta, sul gradino più alto del podio, con il 14,6 per cento, seguita dalla Sicilia, dalla Puglia, dalla Calabria e dal Lazio. La Liguria è la prima regione del nord. Il settore più sensibile è quello dei rifiuti, con il 23,8 per cento dei reati. Al secondo posto ci sono i delitti contro gli animali e la fauna selvatica, con il 22,8 per cento, quindi gli incendi boschivi, con il 21,3 per cento, e il ciclo del cemento, con il 12,7 per cento.
Un giro d’affari, quello della criminalità ambientale, che sale a quota 14,1 miliardi, con una incremento del 9,4 per cento, dovuto soprattutto alla lievitazione nel ciclo dei rifiuti, nelle filiere agroalimentari e nel racket animale. E in questo scenario la corruzione è una vera piaga: il politico o il funzionario infedele che prende mazzette in cambio di appalti, permessi o (mancati) controlli non manca quasi mai. Sono in sintesi i dati del rapporto Ecomafia 2018, presentato da Legambiente il 9 luglio a Montecitorio con il ministro dell’Ambiente Sergio Costa e il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho. Sono numeri da capogiro che raccontano di una vera priorità per l’Italia, con buona pace di chi agita da mesi presunte emergenze non fondate sui numeri. C’è un’economia criminale, animata dai clan, ma anche da imprenditori, colletti bianchi e politici, che nel nostro paese continua a fare affari d’oro colpendo l’ambiente.
Le forze dell’ordine indagano, arrestano, sequestrano beni, ma il danno resta. Chi sfregia il territorio, chi specula sulla salute degli altri, inquinando i terreni e le acque o realizzando edifici impiegando cemento scarso, mandando in fumo i boschi o saccheggiando il patrimonio archeologico, lascia ferite difficili da rimarginare. Uno spaccato ecocriminale che, se da un lato dimostra come le leggi a tutela dell’ambiente, in particolare quella che ha finalmente introdotto gli ecoreati nel codice penale, funzionano, e anche molto bene, dall’altro ci indica che il lavoro da fare è ancora lungo. Per questo il lavoro delle forze dell’ordine in questo campo, lodevole e che quest’anno a fatto registrare numeri da record, non è sufficiente. Serve la politica, che metta la lotta all’illegalità ambientale tra le priorità della sua agenda, servono quindi buone leggi, serve infine il concorso di tutti, istituzioni e cittadini, per combattere questa piaga con maggiore successo.
Contiamo molto sull’esperienza del ministro dell’Ambiente Sergio Costa e sulla costruzione di maggioranze trasversali per approvare altre leggi ambientali di iniziativa parlamentare come è avvenuto nella scorsa legislatura. Ci sono provvedimenti, per esempio, che vanno adottati senza perdere altro tempo. È necessario prevedere un’operazione di formazione per tutti gli operatori del settore sulla legge 68 che deve essere conosciuta nel dettaglio per sfruttarne appieno le potenzialità. Occorre semplificare l’iter di abbattimento degli abusi edilizi, avocando la responsabilità degli interventi ai prefetti ed esonerando i sindaci vittima del ricatto elettorale.
Così come è necessario approvare il disegno di legge sui delitti contro fauna e flora protette introducendoli nel codice penale e inasprire le pene contro i trafficanti di opere d’arte. Sul fronte agroalimentare, bisogna riprendere la proposta di disegno di legge del 2015 sulla tutela dei prodotti alimentari della Commissione ministeriale presieduta dall’ex procuratore Gian Carlo Caselli. Infine, chiediamo che vengano istituite al più presto la commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e quella sull’uccisione della giornalista Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin.
Noi lavoreremo perché tutto questo avvenga nel più breve tempo possibile, per rendere ancora più incisiva la legislazione a tutela dell’ambiente, della salute dei cittadini e delle imprese che fanno economia pulita e nel solco della legge.
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