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Legambiente ha presentato i primi risultati positivi della legge sugli ecoreati. La parola ambiente è finalmente entrata nel codice penale, ma mancherebbero altri provvedimenti. L’editoriale della presidente di Legambiente.
L’Italia ha bisogno di buone leggi a tutela e valorizzazione dell’ambiente, anche perché, quando vengono approvate, sono i fatti a dimostrarne l’efficacia. È quello che sta accadendo con la legge sugli ecoreati (L. n. 68 del 2015), che ha introdotto nel codice penale i delitti contro l’ambiente, per la quale Legambiente si è fortemente battuta per ventuno anni, chiedendo che venisse approvata una riforma di civiltà in nome del popolo inquinato. A quasi un anno e mezzo dalla sua entrata in vigore, il provvedimento comincia a dare importanti frutti dimostrando tutta l’efficacia del nuovo sistema sanzionatorio.
Ai primi dati diffusi da Legambiente con il dossier Ecogiustizia è fatta e il rapporto Ecomafia 2016 – che ha evidenziato come, grazie alla nuova legge, si sia registrato un calo dei reati ambientali e un aumento degli arresti – si affiancano quelli del ministero della Giustizia e quelli della Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, presieduta da Alessandro Bratti, che nei giorni scorsi ha presentato una relazione sulla verifica dell’applicazione del testo. Dalla relazione è emerso che sono 76 le indagini in corso per reati ambientali, il delitto più contestato (47 casi) è quello di inquinamento ambientale, mentre il disastro ambientale è stato contestato in almeno 5 casi, a Torino, Perugia, L’Aquila, Roma e Cagliari. Su 76 indagini in corso, 26 sono a carico di ignoti. Le segnalazioni sono diffuse su tutto il territorio italiano, con una prevalenza al Sud e nelle isole.
Dati positivi che dimostrano l’importanza e la necessità di utili e buone leggi di natura ambientale per il Paese. La legge sugli ecoreati ha fornito un valido strumento operativo alle forze dell’ordine e all’autorità giudiziaria per poter fermare gli ecocriminali, che fino ad oggi hanno inquinato l’ambiente in cui viviamo contando sull’impunità. Come abbiamo detto più volte, si tratta di una legge rivoluzionaria che ha fatto entrare la parola ambiente nel codice penale introducendo nuovi delitti. Oltre all’inquinamento e al disastro ambientale, il provvedimento prevede altri quattro delitti (morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento al controllo e omessa bonifica), una lunga serie di aggravanti (tra cui quelle contro l’ecomafia o i pubblici funzionari corrotti), misure molto drastiche come la confisca dei beni come per i mafiosi e sanzioni severe contro la responsabilità giuridica delle imprese.
Una legge utile e che funziona, in grado di garantire ecogiustizia al popolo inquinato, all’ambiente e alla salute dei cittadini, fermando e punendo quelli che l’ex procuratore Pier Luigi Vigna chiamava “i ladri di futuro”. Ora, però, sarà importante una grande attività di informazione e formazione di magistrati e forze dell’ordine sui nuovi strumenti penali a disposizione di chi opera per tutelare l’ambiente, la salute e gli imprenditori onesti. Riflessioni e proposte che vanno ad accompagnare i dati del dossier Ecogiustizia è fatta, allegato alla relazione presentata in Commissione Ecomafia.
I bilanci sono importanti ma è anche fondamentale guardare avanti, perché mancano all’appello tanti altri provvedimenti complementari che vadano a rafforzare questo iter legislativo di riforme, a partire dall’approvazione del disegno di legge che introduce i delitti contro la fauna e la flora (presentato pochi giorni fa). Dopo l’approvazione della legge sugli ecoreati, Governo e Parlamento si erano assunti l’impegno di riprendere gli emendamenti accantonati che trattavano proprio i delitti conto la fauna e la flora. Una promessa rispettata a cui però devono seguire i fatti e una rapida approvazione.
In Italia negli ultimi sette anni, dal 2009 al 2015, ogni giorno sono state registrate 20 infrazioni contro la fauna selvatica, denunciate 16,5 persone ed effettuati quasi 7 sequestri. Bracconaggio e commercio illegale di specie animali protette sono alcuni dei reati più diffusi in Italia ai danni degli animali. Per questo, chiediamo l’urgenza di un’efficace attenzione alla salvaguardia di questa componente essenziale della biodiversità, a partire dall’adeguamento della tutela legislativa in tema di delitti contro la fauna, oggi ricadenti solo tra i cosiddetti “reati minori”. Chiediamo, quindi, al Parlamento di introdurre nel codice penale i delitti contro la fauna. Con questa legge, bracconieri ed ecocriminali non la faranno più franca e sarà possibile colpire con grande efficacia chi fino ad oggi uccide impunemente, ogni giorno, lupi, ibis o orsi e sottrae natura all’ambiente in cui viviamo contando sull’impunità.
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