Essity. Nuove idee e tecnologie per ridurre l’impatto ambientale dei prodotti per l’igiene personale

Coniugare le esigenze dell’ambiente con quelle dell’igiene personale: è il filo conduttore dei nuovi progetti avviati da Essity, anche in Italia.

Assorbenti, carta igienica, fazzolettini, soluzioni per l’incontinenza, pannolini, cerotti. Sono prodotti che usiamo quotidianamente, per noi stessi o per la nostra famiglia. E, per loro natura, sono tutti usa e getta. C’è un modo per abbassare il loro impatto ambientale, coniugando le esigenze dell’ambiente con quelle dell’igiene personale? Essity, una delle più importanti aziende al mondo che operano in questo settore, dirige la prua verso questa direzione. Ne abbiamo parlato con Vittorio Bellucci, site manager dello stabilimento di Collodi, e Duccio Ancillotti, che ha il ruolo di risk, environment, safety and health manager per gli stabilimenti italiani.

A livello globale Essity ha avviato due grandi progetti, Esave sul risparmio di energia e Msave sul risparmio di materiali. Di cosa si tratta e come vengono declinati su scala locale?
DA. Esave
è un’iniziativa globale che portiamo avanti da tanti anni ed è focalizzata sul risparmio di energia, che è uno dei fattori più rilevanti del nostro impatto ambientale. Questo programma prevede che ogni stabilimento produttivo sviluppi nuove tecnologie, migliori i processi e indirizzi i comportamenti delle persone.

Nel programma Msave invece rientrano tutte le iniziative per usare meno plastica, ridurre lo spessore degli incarti, prediligere materiali diversi e così via. Ne fa parte, per esempio, l’installazione del nuovo impianto di filtrazione dell’acqua piovana che ad Altopascio ci ha permesso di ridurre del 20 per cento il consumo di acqua da falda. L’acqua infatti per noi è un materiale di produzione, ma anche una risorsa naturale che dobbiamo usare nella maniera più consapevole possibile. Msave significa anche risparmiare fibre impiegando materiali alternativi.

Leggi anche: Essity trasforma gli scarti delle arance in tovaglioli e fazzoletti

A proposito di fibre alternative, state avviando un nuovo progetto per produrre carta con la cellulosa della paglia. Quali sono le tempistiche previste?
DA. 
Il progetto è stato annunciato a fine maggio all’Investor Day di Stoccolma. L’investimento iniziale, pari a 37 milioni di euro, sarà stanziato su uno dei nostri principali  siti produttivi , che si trova a Mannheim, in Germania. Nel 2020 è previsto l’avvio dell’impianto. Una volta stabilizzato il processo produttivo, potremo portarlo anche in altri paesi. Bisogna ricordare che la tecnologia è un’esclusiva di Essity, frutto di una collaborazione con una società americana, ed è una “prima volta” per l’intera industria del tissue (cioè quella di tovaglioli, fazzoletti, carta igienica ecc.).

Anche in Italia ci sono stati investimenti rilevanti, come quello di 47 milioni di euro per lo stabilimento di Altopascio, annunciato lo scorso anno. Su quali rami state puntando di più?
VB.
L’azienda ha un piano di investimento per essere sostenibile e guardare al futuro, non solo a livello ambientale ma anche a tutela dei dipendenti. Per essere competitivi e sostenibili dobbiamo essere all’avanguardia. In Italia stiamo investendo circa 50 milioni di euro per produrre il tovagliolo Tork con tecnologie moderne, questo darà strutturalmente delle basi solide e potrà garantire l’occupazione attuale, con l’obiettivo di crescere in futuro.

Gli stabilimenti italiani fanno parte di una sorta di distretto produttivo?
VB. 
Abbiamo la fortuna di contare su tre siti che sono molto vicini e si completano tra loro, coprendo l’intera gamma del tissue. Ad Altopascio realizziamo il prodotto finito piegato, tra cui i fazzoletti Tempo, mentre a Lucca siamo focalizzati sui prodotti in rotolo. A Collodi, a circa 10 chilometri di distanza, abbiamo la capacità di realizzare prodotti di recupero con un basso impatto ambientale, perché non abbiamo un impianto di deinking, ma recuperiamo le fibre da materia prima seconda pre-consumer proveniente da cicli produttivi che producono beni in cellulosa, come piattini di carta. Facciamo soprattutto carta colorata, di alta qualità, biodegradabile e compostabile, che usiamo nei tovaglioli. Collaboriamo anche con le scuole e l’università del territorio.

Il nuovo progetto italiano per la produzione di cellulosa dagli scarti alimentari (arance, caffè e mais) è già in essere?
VB. 
Sì, stiamo lavorando dal 2015 in collaborazione con Favini. Lo studio ha riguardato i processi produttivi, ma soprattutto la ricerca della fibra idonea per assicurare che il prodotto finale fosse adatto al contatto alimentare. Quest’analisi ci ha portato a individuare, come elementi principali, il pastazzo di agrumi, il silverskin del caffè e il tutolo del mais. La fibra che inseriamo nel ciclo produttivo dev’essere morfologicamente simile alla cellulosa, priva di pesticidi e di metalli pesanti.

Come avete incontrato Favini?
VB
. Ci siamo incontrati un po’ per caso. Visto che entrambi produciamo carta colorata, anche se per differenti usi, la base del processo è molto simile e questo ci ha permesso di avere uno scambio delle best practices per usare i colori nel modo migliore possibile, farli rendere al massimo e ridurre gli scarti. C’è stata subito una forte affinità, entrambe le aziende puntano sullo sviluppo sostenibile e nella volontà di fornire prodotti di qualità superiore avendo al centro la crescita e la forza dei dipendenti. L’azienda Favini è stata precursore nello sviluppo e la ricerca di materiali alternativi sostenibili; già negli anni Novanta produceva carta con le fibre delle alghe della Laguna Veneta, realizzando un prodotto di alta qualità e molto caratteristico. Questo spirito di innovazione le ha permesso di sviluppare forte un know-how che ci hanno condiviso. Questa simbiosi industriale di due realtà industriali italiane ci ha permesso di produrre una carta con fibre alternative anche nel tissue, per la quale Essity ha l’esclusiva.

I consumatori sono pronti a capire questa scelta?
VB. 
Speriamo che se ne innamorino! La nostra scelta non è economica, è etica. L’economia circolare non deve essere banalizzata e ricondotta a solo un risparmio economico, perché così non è. L’economia circolare ha la finalità di riutilizzare il materiale (dargli una seconda chance, come ci piace dire in azienda) e questo non è detto che sia a costo più basso. In modo particolare in questo progetto, la filosofia delle due aziende (Essity e Favini) nella scelta dei fornitori del pastazzo di agrumi, del silverskin di caffè o del tutolo del mais è stata quella di mettere al centro i fornitori e la qualità della materia seconda senza focalizzarsi sul costo, perché essere sostenibili vuol dire anche dare il giusto riconoscimento al materiale e valorizzare le stesse aziende. Il macinatore per esempio è in grado di utilizzare energia verde prodotta con impianto fotovoltaico e fornire prodotti Haccp e Moca.

Stiamo parlando di un prodotto di recycling di cui siamo orgogliosi, che ha l’obiettivo di aiutare l’industria agroalimentare a gestire meglio i suoi residui di processo. Non vogliamo banalizzarlo facendo leva sul prezzo.

 

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