Forni efficienti in Mozambico per ridurre i consumi di carbone

Succede ancora in moltissimi Paesi del Sud del mondo: il carbone rimane una delle materie prime più utilizzate per produrre energia. In particolar modo nelle aree e nei quartieri più poveri delle città o delle aree rurali. Per questo motivo nasce il progetto Improvement Cooking Stoves in Maputo, che prevede la distribuzione di 15.000 sistemi

Succede ancora in moltissimi Paesi del Sud del mondo: il carbone rimane una delle materie prime più utilizzate per produrre energia. In particolar modo nelle aree e nei quartieri più poveri delle città o delle aree rurali.

Per questo motivo nasce il progetto Improvement Cooking Stoves in Maputo, che prevede la distribuzione di 15.000 sistemi di cottura efficienti a 7.500 famiglie che vivono in due quartieri di Maputo, in Mozambico. Un’iniziativa realizzata da Cloros, società italiana specializzata in servizi alle aziende dedicati alla sostenibilità, con il contributo tecnico di Carbon Sink, spin-off dell’Università degli Studi di Firenze.


I nuovi forni permetteranno di utilizzare metà del carbone a parità di prodotto da cuocere. Si calcola che verrà ridotto quindi del 50 per cento l’utilizzo di biomassa eliminando l’immissione in atmosfera di circa 3 tonnellate di anidride carbonica all’anno, per ogni famiglia. Un risparmio economico di circa 140 euro l’anno per ogni famiglia. Ma soprattutto si contribuirà a fermare una parte di deforestazione dovuta dalla combustione del carbone e di degradamento forestale grazie al minor bisogno di legna per la produzione della materia prima.

 

 

“Il problema delle emissioni di CO2 è una questione globale, tant’è che le normative e le metodologie di calcolo dei risparmi di gas ad effetto serra sono gestite direttamente dall’ONU, nello specifico dell’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change)”, spiega Riccardo Caliari, amministratore delegato di Cloros.

 

 

La distribuzione dei nuovi sistemi di cottura, sarà affidata alla fondazione AVSI, presente in Mozambico dal 2000 e qui impegnata nel settore dell’educazione e del sostegno ai giovani nei quartieri poveri della zona Sud della capitale. Con l’iniziativa si punta infatti a migliorare le condizioni di vita e di salute della popolazione locale, diminuendo al contempo le morti per avvelenamento di gas tossici e incendi, tra le prime cause di decesso per le donne nel Paese.

 

 

Abbiamo scelto l’Africa principalmente per due motivi – continua Caliari – il primo per la tipologia di progetto, che è perfettamente aderente alla nostra strategia di realizzare attività a basso impatto ambientale, sociale ed economico; il secondo perché il Mozambico è uno dei Paesi in cui gli standard internazionali prevedono la realizzazione di progetti di questo tipo. Solo in questo modo possiamo mantenere alto lo standard qualitativo evitando di ricadere nel cosiddetto greenwashing, ossia l’atteggiamento di certe aziende che puntano a costruirsi un’immagine green e di sostenibilità attraverso azioni che in realtà non sono poi verificate né verificabili.”

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