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I 55 attivisti di Greenpeace che entrarono nella centrale nucleare di Fessenheim sono stati condannati a due mesi di carcere con la condizionale.
I 55 attivisti di Greenpeace che entrarono nella centrale nucleare di Fessenheim, in Francia, all’alba del 18 marzo 2014, sono stati condannati dal tribunale di Colmar a due mesi di carcere con la condizionale per violazione di proprietà privata.
La spettacolare iniziativa degli ambientalisti provenienti da 18 nazionalità diverse (tra cui sette italiani) mirava a mettere in luce la pericolosità dell’impianto e dell’utilizzo dell’energia nucleare in generale. Alcuni di loro erano riusciti a scalare un reattore e srotolare uno striscione con la scritta “Stop risking Europe” (basta rischiare, Europa). Una dimostrazione di quanto fosse facile violare i sistemi di sicurezza e penetrare nel perimetro della centrale che, allo stesso modo, potrebbe essere un bersaglio facile di gruppi con finalità ben più pericolose di Greenpeace.
La centrale di Fessenheim è attiva dal 1977 ed è la più vecchia della Francia. Per questo è considerata troppo pericolosa dagli ambientalisti che ne chiedono la chiusura immediata. Secondo Greenpeace, sono 34 i reattori nucleari attivi in Europa da chiudere immediatamente secondo alcuni fattori di rischio come inondazioni, invecchiamento, terremoti, sistemi d’emergenza non adeguati ed eventi climatici estremi.
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Abbiamo già tutto quello che serve per difendere il mare, dobbiamo solo impegnarci. Parola di Emilio Mancuso, biologo marino e presidente di Verdeacqua.
Un rapporto di Greenpeace sulla sicurezza nelle centrali nucleari francesi è stato giudicato così preoccupante da essere pubblicato solo in versione “light”.
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Il 6° giorno di Cop28 si è parlato di diritti degli indigeni. Ma c’è chi denuncia: il mercato dei crediti di CO2 è una minaccia per la loro terra.
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Berta Cáceres era un’attivista appartenente alla popolazione indigena Lenca, in Honduras. È stata assassinata nel 2016 per essersi opposta alla costruzione della diga Agua Zarca che avrebbe distrutto il fiume sacro del suo popolo.
La tecnologia permettere di recuperare gli idrocarburi sversati in mare, senza sprecarne una goccia. Ne abbiamo parlato con Alessandro Taini, T1 Solutions.