
Il termine “unabated” è spesso associato alle fonti fossili. Anche nei documenti sul tavolo dei negoziati alla Cop28 di Dubai. Cosa significa esattamente?
Pochi conoscono il clima quanto lui. Per questo abbiamo chiesto a Frank Raes, climatologo di fama internazionale, di spiegarci perché cinque delle più sonore bufale riguardanti la sua materia di studi sono prive di fondamento.
“Ho studiato per tutta la vita il clima e come l’uomo lo sta cambiando in una direzione pericolosa. Quindi capisco, e capivo già da tempo, la necessità di fare a meno dei combustibili fossili che sono la causa principale dei cambiamenti climatici. È solo da tre o quattro anni, però, che l’ho capito non solo con la testa ma anche con il cuore”.
Incontriamo Frank Raes qui, sul lago Maggiore nella sua nuova villa-museo, perché dopo una vita come scienziato a capo dell’unità sui cambiamenti climatici del centro di ricerca della Commissione europea a Ispra, ora ha creato il Museo della tecnologia dell’Antropocene a Laveno-Mombello. Qui racconta – e ci racconta – con reperti e manufatti raccolti in tutto il mondo come e perché l’uomo sta creando un’era geologica dominata da plastica, cemento e radioattività.
Gli abbiamo chiesto di smentire alcune delle più sonore bufale riguardanti il clima, ma prima ha voluto raccontarci i due episodi che l’hanno spinto ad aprire il museo.
“Mi ricordo una gita estiva, quando sono sceso in una valle per andare a vedere un ghiacciaio: l’acqua gocciolava nelle crepe, toccarlo era come accarezzare una balena, un essere vivente che sta morendo. Una sera di giugno, invece, è stato il sole a farmi paura. Era ancora lì, sopra la città, rosso e troppo caldo. Non era normale, mi incuteva timore. Sempre più spesso penso ai bambini: il loro futuro non dovrebbe essere peggiore del presente, ma potrebbe esserlo se non stiamo attenti e se non facciamo qualcosa. E quindi ho deciso di agire”.
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È famoso il tweet di Donald Trump in cui asserisce che il riscaldamento climatico è un’invenzione dei cinesi per favorire le aziende locali. Cosa ne pensa lei, in qualità di scienziato?
Prima di tutto non so se Trump crede in quello che twitta, o sa quello che twitta, perché a volte sono sbalordito.
The concept of global warming was created by and for the Chinese in order to make U.S. manufacturing non-competitive.
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 6 novembre 2012
Venti o quindici anni fa erano i cinesi a dire che il cambiamento climatico era una bufala inventata dagli europei e dagli americani per favorire l’industria delle rinnovabili che l’Europa e l’America stavano mandando avanti, poi gli scienziati cinesi – e ne conosco qualcuno – hanno potuto convincere il governo del proprio paese che il cambiamento climatico esiste. Anche l’inquinamento nelle città, che è più visibile, è una conseguenza legata alla combustione del carbone. E il governo cinese ha creduto nei propri scienziati, cosa che non accade più in America e neanche in certi paesi europei. Gli studiosi hanno anche detto che c’era un’enorme opportunità economica nella transizione verso un sistema energetico più rinnovabile, più moderno e più pulito. E questa opportunità è stata colta: il governo cinese sta investendo nelle rinnovabili e nell’eolico, e sta cambiando tutto. Se Trump dice che il cambiamento climatico è una bufala, non sarà “America first” ma sarà “China first”.
Il 97 per cento degli scienziati di tutto il mondo è unanimemente d’accordo sul fatto che i cambiamenti climatici abbiano origine antropica. Tuttavia l’opinione pubblica, non solo americana ma anche mondiale, pensa che i cambiamenti climatici siano ancora oggetto di dibattito scientifico e che soltanto una parte degli studiosi ci creda. Come mai?
Non è una novità che il discorso sul cambiamento climatico – anche quello scientifico – sia stato avvelenato da individui, anche scienziati, che erano pagati dalle compagnie petrolifere. Questo avvelenamento c’è stato ed è rimasto nella mente delle persone che forse non vogliono credere in questo grande cambiamento climatico, perché è una reazione umana dire: “È troppo grande per me quindi lo rifiuto”. Tutte queste cose insieme fanno sì che la gente sia un po’ confusa, e pensi che il dibattito fra gli scienziati sia ancora in corso. Ci sono tuttora grandi questioni nella ricerca, ma sappiamo abbastanza per muoverci ed investire nelle rinnovabili per fare a meno dei combustibili fossili. Questo è chiaro.
La Terra, nella sua storia di miliardi di anni, ha avuto oscillazioni atmosferiche e climatiche naturali: non è che il riscaldamento globale che stiamo registrando in questi decenni può rientrare nel corso naturale della storia della Terra?
La storia della Terra è molto lunga: 4,5 miliardi di anni in cui è accaduto di tutto. Ma da milioni di anni il clima è determinato dalla posizione della Terra rispetto al sole, cioè da parametri astronomici che fanno sì che da 10mila anni e per i prossimi 20/30mila anni ci troviamo in un’interglaciale, caratterizzata da un clima molto stabile. Quando entrano in gioco gli uomini con le emissioni di gas serra, però, cambiano tutto. Il cambiamento che vediamo adesso è veramente dovuto all’azione dell’uomo, non ha niente a che vedere con i parametri astronomici perché questi sono stabili da migliaia di anni oramai. I cambiamenti che vediamo adesso hanno origine antropica, sono dovuti alle emissioni dei gas serra.
Quando scriviamo che c’è un periodo di siccità, qualcuno sui social replica: “Ma come, qui a La Spezia piove, quindi non c’è la siccità”. New York viene presa dalla morsa del gelo e qualcuno twitta: “Dove sono ora gli scienziati del riscaldamento globale?”. Come risponderebbe lei a queste persone?
Quello che viviamo è il tempo metereologico, è il tempo qui e oggi, che ci riguarda. Il clima è una cosa diversa. Ovviamente le due cose sono collegate, ma il clima è la media del tempo metereologico su un lungo periodo (30 anni) e su una zona molto vasta: quindi si parla del clima del Mediterraneo, per esempio, si parla del clima globale, del clima alla fine dell’ultimo millennio o a all’inizio del nuovo. È molto diverso dal tempo di oggi, in questo luogo. Per questo il tempo qui a Mombello può essere molto freddo, mentre nel mio paese, in Belgio, può essere molto caldo oggi. Ma mediamente in Italia fa più caldo che in Belgio, quindi c’è una differenza da tenere in mente tra tempo metereologico, di carattere locale, e clima. Osservando una mappa del mondo che mostra le temperature, ti accorgi che la situazione non è omogenea: vedi delle zone rosse sulla Groenlandia, puoi vedere una zona fredda nell’est degli Stati Uniti, sopra New York. Quest’anno faceva molto freddo a New York, ma faceva molto caldo a Los Angeles. Sempre di più gli scienziati riescono a spiegare queste differenze nel tempo metereologico, legandolo al cambiamento climatico globale. Il fatto che l’Artico si sta sciogliendo, infatti, ha un impatto sulla meteorologia dell’emisfero nord perché fa sì che il tempo di oggi possa essere molto più estremo rispetto al passato, a causa dei cambiamenti climatici. Il tempo di oggi e il clima in quest’epoca, tuttavia, sono due concetti da tenere separati.
“Abbiamo inquinato troppo: siamo spacciati, non ci possiamo fare nulla”. Come si ribatte a questa affermazione?
Dobbiamo senz’altro sbrigarci e cominciare a fare qualcosa, direi quasi per evitare il peggio. In base all’Accordo di Parigi un aumento della temperatura di due gradi è accettabile, anche 1,5 gradi sono accettabili, ma adesso come adesso stiamo andando a tre gradi quindi dobbiamo assolutamente agire, ognuno di noi al proprio livello. Ci sono diversi livelli, che vanno dall’individuale a quello delle Nazioni Unite. Io ho sempre lavorato a livello europeo, internazionale: l’Accordo di Parigi, per esempio, è importante per mettere in moto i governi e le grosse imprese, ma anche a livello individuale si può fare qualcosa. Dobbiamo anche cercare di agganciarci al livello sopra di noi o sotto di noi, e questo vuol dire interessarsi alla politica, leggere i programmi dei partiti: a breve ci sono le elezioni in Italia, leggiamo questi programmi per poi votare qualcuno che faccia qualcosa anche per il clima, per l’ambiente, per questo tipo di problematiche.
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