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L’allarme del presidente dell’Autorità francese per la Sicurezza Nucleare, a cinque anni dal disastro di Fukushima. Ecco le centrali transalpine a rischio.
“Un incidente come quello di Fukushima potrebbe accadere anche in Europa. Non so dire quante probabilità ci siano, ma dobbiamo partire dal principio che è possibile”. A dichiararlo non è un attivista di Greenpeace ma il presidente dell’Autorità francese per la Sicurezza Nucleare, Pierre-Franck Chevet, che in un’intervista concessa al quotidiano Libération spiega senza mezzi termini che non si possono escludere scenari catastrofici.
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Il giornale transalpino ha domandato a Chevet per quale ragione abbia parlato nei mesi scorsi di “contesto particolarmente preoccupante in materia di sicurezza nucleare”. Il dirigente ha risposto che le sue affermazioni sono figlie di tre constatazioni: “Innanzitutto, il mantenimento in servizio di centrali vecchie di quarant’anni risulta tecnicamente molto complicato. Edf (la principale compagnia elettrica francese, ndr) stima il costo dei lavori necessari per mantenerle in vita a 55 miliardi di euro. Il che dà la misura dell’ampiezza dell’opera”.
In secondo luogo, prosegue Chevet, “gli standard di sicurezza sono aumentati, mentre il parco industriale nucleare è stato edificato negli anni Ottanta. Si tratta di un problema non di poco conto”. Infine, a preoccupare sono “le condizioni finanziarie degli attori del settore. Edf, Areva, e lo stesso Cea (il Commissariato per l’energia atomica, ndr) sono in grande difficoltà economica e di bilancio. E quando un’impresa non ha i mezzi, è evidente che sussiste un rischio per la sicurezza. Non intendo sugli investimenti più cruciali, ma su quelli intermedi”.
“In ogni caso – ha aggiunto – noi abbiamo prescritto degli adempimenti, con delle scadenze. E vigileremo affinché siano rispettate. Eseguiamo moltissime ispezioni e la legge ci consente di infliggere ammende se necessario”.
Sulla scorta di tali dichiarazioni, il quotidiano 20 Minutes ha tracciato una mappa dei rischi esistenti sul territorio della Francia, dove sono presenti cinquantotto reattori nucleari, ripartiti in diciannove siti. Da parte sua, Edf ha assicurato che “il livello di sicurezza delle centrali è sistematicamente rivalutato in ragione degli standard internazionali”. E i reattori sono stati sottoposti a degli “stress-test” per verificarne la tenuta in condizioni estreme (come terremoti, inondazioni o attacchi terroristici).
Ma secondo Yves Marignac, esperto indipendente ascoltato dal quotidiano francese, “anche se si stilasse una classifica dei reattori secondo il loro grado di sicurezza, nulla ci assicura che una catastrofe simile a quella di Fukushima non possa prodursi sul sito giudicato più affidabile”.
Detto ciò, le centrali sulle quali sono puntati maggiormente i riflettori sono quella di Fessenheim, in Alsazia, che ha più di quaranta anni di vita ed è situata in una zona sismica. Ma secondo l’analisi di 20 Minutes presentano rischi anche quelle di Civaux (nella Francia centro-occidentale) e di Chooz (nelle Ardenne, al confine con il Belgio). Mentre problemi sono stati riscontrati anche nel reattore in costruzione a Flamanville, sulla Manica.
Secondo l’associazione Greenpeace, inoltre, tra le cinque centrali “da chiudere prioritariamente”, due risultano non così distanti dal confine con il nostro Paese: si tratta dei siti di Tricastin e di Bugey. Il primo è situato a metà strada tra le città di Valence e di Marsiglia. Il secondo nei sobborghi di Lione, a due ore di macchina dal confine con l’Italia.
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