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Un giornalista attivista è morto dopo la caduta dal ponte di una casa su un albero durante lo sgombero della polizia secondo gli ambientalisti, le forze dell’ordine negano.
Un uomo è morto per proteggere una foresta, ricordandoci una volta di più il valore della disobbedienza civile, ovvero “il diritto di rifiutare obbedienza e di resistere al governo quando la sua tirannia o la sua inefficienza sono grandi e intollerabili”, come scriveva Henry David Thoreau, e che non sempre legge e giustizia camminano a braccetto. È successo il 19 settembre in Germania, a circa cinquanta chilometri da Colonia, dove sorge l’antica foresta di Hambach. Il bosco, o meglio, ciò che ne resta, è uno dei pochi superstiti delle foreste miste che un tempo ricoprivano l’Europa centrale ed è destinato ad essere raso al suolo per consentire l’allargamento di un’enorme miniera di lignite, la più grande miniera a cielo aperto d’Europa, di proprietà della compagnia energetica Rwe.
Dal 2012, per prevenire la distruzione della foresta, decine di attivisti ambientalisti hanno occupato il bosco, costruendo case sugli alberi e dando vita a un variopinto villaggio sospeso. La compagnia energetica ha però deciso che è arrivato il momento di abbattere gli alberi, il taglio è previsto per ottobre, e per farlo devono essere rimossi gli attivisti. Lo scorso 24 agosto è iniziato lo sgombero dell’area da parte della polizia tedesca, tra scontri e arresti, e prosegue tutt’ora. Ieri si è registrata la prima vittima, si tratta di un mediattivista, un attivista che documentava e raccontava da tempo come fotoreporter freelance la resistenza della foresta di Hambach, si chiamava Steffen Meyn, cittadino tedesco di 27 anni.
L’uomo, secondo le testimonianze del collettivo ambientalista Hambi Bleibt, sarebbe caduto da oltre quindici metri di altezza attraversando un ponte tra gli alberi, durante l’arresto di un altro attivista nel corso dello sgombero da parte delle forze speciali tedesche Sek. Meyn, dopo essere stato trasportato in ospedale, in serata è morto a causa delle ferite riportate. La polizia tedesca ha però smentito questa versione, sostenendo che l’incidente non sia avvenuto durante un’azione di polizia. In ogni caso Herbert Reul, ministro dell’Interno della Renania Settentrionale-Vestfalia, ha confermato la sospensione temporanea delle attività di polizia nella zona.
Bewegender Bericht über diesen Menschen, dem sein Engagement das Leben kostete. Es sollten Tage des Nachdenkens für uns, @RWE_Presse @HeinenUlla @peteraltmaier@SvenjaSchulze68 sein.
Todesfall im Hambacher Forst – “Unser Freund” (via @SZ) https://t.co/AHXWfu0qXQ— Olaf Bandt (BUND) (@Olaf_Bandt) 20 settembre 2018
Durante la scorsa settimana la polizia di Aquisgrana in assetto antisommossa, secondo quanto riferito dalle stesse autorità, ha sgomberato 39 delle 50 case sugli alberi che gli attivisti hanno costruito e abitato negli ultimi sei anni, con il pretesto che “non rispondono ai requisiti di sicurezza anti incendio”. Le testimonianze delle centinaia di attivisti presenti, provenienti da varie parti del mondo, riferiscono di uno sgombero brutale e violento. In questo caso si ripropone ancora una volta la dicotomia tra legge e giustizia. Per legge quelle persone non avrebbero dovuto trovarsi lì, e la società energetica avrebbe potuto disboscare tranquillamente, distruggendo un habitat prezioso e accelerando i cambiamenti climatici. Non è legale, ma è giusto che abbiano cercato di opporsi alla distruzione di un bene comune, dalla cui distruzione trarrebbe giovamento solo la lobby del carbone.
Sotto la foresta ancestrale di Hambach, ecosistema unico che ospita una grande varietà di fauna e flora, si trova un grande giacimento di lignite, un combustibile fossile solido contenente notevoli quantità di carbonio. La Rwe vanta diritti di estrazione per la miniera di Hambach fino al 2040, gli oppositori dell’ampliamento della miniera hanno accusato al compagnia di mettere i profitti al di sopra delle persone e dell’ambiente. Gli ambientalisti tedeschi, che chiedono la fine dello sfruttamento del carbone e la totale transizione verso le rinnovabili, hanno presentato una petizione rivolta al premier statale della Renania Settentrionale-Vestfalia, Armin Laschet, per chiedere al governo di intervenire e salvare la foresta. Quel che è in gioco in questo scontro, però, sembra andare oltre al (pur grande) valore intrinseco della foresta, in molti ritengono il conflitto per la foresta di Hambach come il simbolo della lotta per il futuro del pianeta. “La foresta di Hambach, per noi simbolo di una società orientata al futuro, ora minaccia di diventare un memoriale della distruzione del nostro futuro”, ha affermato Andreas Büttgen del comitato Initiative Buirer für Buir.
Weird to see Storm troops of corporate enforced global #climate destabilization on treehouse platform where people resisting just that would enter with guitars, books & food.
CALL TO #BUIRFÜRBUIR, #GREENPEACE , #BUND TO DELIVER PROMISE STOP OF LEGIMITIZATION OF KOHLEKOMMISSION pic.twitter.com/NC4DgKkZBd — Hambacher Forst (@HambiBleibt) 19 settembre 2018
La Germania sembra aver puntato con decisione sulle energie rinnovabili, tanto che nei primi sei mesi del 2018 hanno soddisfatto il 36,3 per cento del fabbisogno nazionale. Eppure l’impiego di carbone è ancora massiccio, per questo a giugno il governo ha istituito un’apposita commissione, nota come la commissione del carbone, per gestire l’abbandono definitivo da questo combustibile senza causare gravi sconvolgimenti economici nelle regioni colpite. Secondo Kai Niebert, responsabile del gruppo ambientalista Deutscher Naturschutzring, e membro della commissione del carbone, l’espansione della miniera impedirà quasi certamente alla Germania di rispettare gli impegni previsti dall’Accordo di Parigi del 2015. Nel frattempo il governo federale non è ancora intervenuto.
Clive Spash, economista specializzato in tematiche ambientali, ha evidenziato all’emittente pubblica tedesca Deutsche Welle l’incoerenza del governo, che starebbe sfruttando ora la maggior parte delle sue risorse di lignite finché è ancora in grado di farlo. “Hanno sottolineato il fatto che stanno passando alle rinnovabili – ha affermato Spash – ma in realtà stanno aumentando l’estrazione della lignite perché sanno che con l’accordo di Parigi, non saranno in grado di farlo in futuro, per questo stanno cercando di estrarla il più velocemente possibile”. Spash ha inoltre offerto il suo sostegno agli attivisti che resistono pacificamente per salvare la foresta, definendo questo tipo di attivismo “essenziale nella lotta contro i cambiamenti climatici. I governi non agiscono nel modo giusto senza pressione”.
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