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In Giappone, l’iter che devono affrontare le persone transgender è lungo e complesso. Ma una sentenza potrebbe cambiarlo, almeno in parte.
Finora, l’ordinamento del Giappone ha imposto alle persone transgender di sottoporsi a un trattamento di sterilizzazione per poter cambiare genere all’anagrafe. Ma questa misura è incostituzionale. A dirlo è la Corte suprema giapponese, con una sentenza emanata all’unanimità mercoledì 25 ottobre.
In Giappone, la legge che regola la transizione di genere è più restrittiva rispetto a quelle di altri paesi. Per cambiare genere nei documenti, una persona deve avere almeno 18 anni, non essere sposata, non avere figli minorenni e avere una diagnosi di disforia di genere. Oltretutto, dev’essere priva di capacità riproduttiva e avere organi genitali che rispecchiano quelli del genere desiderato.
Disposizioni che hanno destato l’opposizione da parte degli attivisti Lgbt+ perché, di fatto, impongono di affrontare procedure mediche invasive, indipendentemente dalle esigenze e dai desideri della singola persona coinvolta. Già diverse volte sono state intentate delle azioni legali, ma senza successo.
Come spiega il New York Times, questa nuova causa è stata avviata da una donna transgender. Nonostante avesse intrapreso la terapia ormonale, le era stato richiesto di sottoporsi anche all’intervento di sterilizzazione per apparire con il suo nuovo nome e il suo nuovo genere nel registro di famiglia giapponese (Koseki).
Dopo due sconfitte nei primi due gradi di giudizio, il caso è arrivato alla Corte suprema. Che, al contrario, ha dato ragione alla donna, sostenendo che la disposizione non fosse “necessaria” né “ragionevole”. Tanto più perché la costituzione annovera i diritti riproduttivi tra i diritti fondamentali dell’essere umano.
La decisione ha una portata storica, tanto più perché in Giappone non è affatto consueto che una disposizione di legge venga bollata come incostituzionale. Stando alla Cnn, questa è soltanto la dodicesima volta che accade dalla fine della seconda guerra mondiale in poi.
È comunque una vittoria “a metà”, in un paese che finora è stato piuttosto lento nel riconoscere i diritti Lgbt+. Il parlamento, infatti, dovrà intervenire soltanto sulla questione della sterilizzazione, ma sarà libero di lasciare inalterati tutti gli altri punti della legge. “La sentenza della corte è un importante passo avanti, ma la lotta per i diritti Lgbt+ in Giappone rimane in salita”, commenta Amnesty International tramite una nota. Chiedendo che quello per la transizione di genere diventi “un processo amministrativo veloce, accessibile e trasparente, basato sull’auto determinazione individuale”.
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