Il 28 novembre a Nuuk è atterrato il primo volo internazionale. Un evento storico che ha però acceso un dibattito sui rischi del turismo di massa in Groenlandia.
Gli ultimi gorilla sono minacciati dai nostri virus
Condividono il 98 per cento del nostro patrimonio genetico. Ne sono rimaste poche centinaia nelle foreste centrafricane. E sono minacciati dalle nostre malattie.
Gladys Kalema-Zikusoka è una veterinaria ugandese, impegnata nella conservazione degli ultimi gorilla di montagna nel Parco nazionale impenetrabile di Bwindi. In un’intervista rilasciata alla Cnn pochi giorni fa, spiega perché gli ultimi gorilla sono minacciati dalle malattie trasmesse dagli umani.
La scienziata lavora da più di vent’anni per permettere a uomini e gorilla di convivere in una delle aree africane dove la popolazione rurale è la più elevata. Negli anni Novanta il turismo legato ai gorilla era ancora agli albori. È stato in quel momento che l’ambientalista ha avoluto studiare quali avrebbero potuto esserne gli effetti.
“Ho potuto vedere ciò che il turismo stava facendo per i gorilla, sia nel bene che nel male”, ha dichiarato. “E naturalmente mi sono resa conto di come le comunità ne abbiano beneficiato, perché sono veramente poveri e il turismo legato ai gorilla sta contribuendo a farli uscire da questa condizione”, ha aggiunto Kalema-Zikusoka.
La dottoressa, vista l’estrema vicinanza genetica tra gorilla e umani, ha voluto studiare negli anni quali conseguenze ha l’incremento dei contatti tra le due specie. Si è così dimostrato un aumento, nelle popolazioni di gorilla, di parassiti e infezioni presenti negli umani, dovuti alla vicinanza alle comunità locali, agli allevamenti e ai turisti. Un esempio su tutti è stata l’epidemia di scabbia scoppiata nel 1996 a partire da un villaggio vicino e che avrebbe decimato il gruppo se non fosse stato curato in tempo. Senza contare le morti causate dal virus ebola.
Per questo Kalema-Zikusoka ha fondato la Conservation through public health (Ctph), un’ong che lavora per prevenire la diffusione di malattie mortali e che si occupa di gestire una clinica dove eventualmente curare i gorilla.
D’altro canto è la stessa dottoressa ad ammettere che il turismo è una risorsa fondamentale per le comunità locali. Ogni gruppo di gorilla porta 1 milione di dollari l’anno di introiti. “Stiamo cercando di trovare un equilibrio tra conservazione ed economia – spiega Kalema-Zikusoka – e per questo cerchiamo di limitare il numero di persone che visitano i gruppi di gorilla”.
Un censimento del 2012 dell’Uganda wildlife authority ha individuato 400 gorilla di montagna, che ora vivono nel parco nazionale Bwindi. La popolazione complessiva si aggira sugli 880 esemplari, quasi un centinaio in più rispetto ai 786 stimati nel 2010.
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