Human Capital Report: ecco dove l’Italia va male

Economia: Wef, Italia investe poco in capitale umano. Svizzera al top nel mondo. I risultati del Human Capital Report stilato dal World Economic Forum.

L’Italia, rispetto agli altri paesi occidentali, investe poco in
capitale umano e riesce meno a sfruttarne il potenziale. È
quanto emerge dal primo Human Capital Report stilato dal World Economic Forum
che vede al top della classifica mondiale la Svizzera seguita da
Finlandia, Singapore, Olanda, Svezia e Germania.

Il capitale umano è l’insieme di capacità,
competenze, conoscenze, abilità professionali e
relazionali
che vengono acquisite dagli individui con
l’istruzione scolastica, l’apprendimento, la formazione
professionale e tecnica, l’esperienza sul posto di lavoro,
intrinsecamente elaborate dal soggetto che le possiede. Le spese
destinate all’accrescimento delle conoscenze, capacità e
abilità (per esempio le spese destinate all’istruzione) sono
investimenti in capitale umano.

In una lista di 122 paesi l’Italia si colloca al 37esimo
posto
. Con la Spagna al 29esimo posto e la Francia al
21esimo, siamo superati in peggio nell’area europea solo da
Lettonia, Croazia, Polonia e Grecia. In buona posizione in
classifica Regno Unito, al nono posto, e Stati Uniti, al 16esimo.
Tra i Paesi mediorientali il primo è il Qatar al 18esimo
posto. In Asia è il Giappone a mantenere il primato
dell’efficienza del capita umano al 15esimo posto. Mentre il primo
paese Brics è la Cina in 43esima posizione.

“Per gli individui così come per le società e
l’andamento delle loro economie investire in capitale umano
è importante –
si legge nell’editoriale del
presidente del Wef Klaus Schwab – soprattutto alla luce di risorse
più limitate e di una popolazione sempre più in
movimento”.

L’indice prende in considerazione quattro pilastri
per giudicare l’ottimizzazione del capitale umano da parte dei
paesi: istruzione, salute e benessere, occupazione e ambiente di
lavoro (trasporti, Tlc, mobilità sociale). L’Italia, se da
una parte si guadagna il 19esimo posto per la salute e le
condizioni sanitarie delle sue strutture e dei suoi dipendenti,
dall’altra precipita al 75esimo posto in tema di partecipazione
della forza lavoro, formazione, capacità di creare e
trattenere nel Paese i talenti. Risultati più che mediocri
anche nell’istruzione (al 40esimo posto) per via della scarsa
qualità del sistema educativo e della mancanza di strutture
tecnologiche nelle scuole. L’Italia risulta invece ai primi posti
per aspettative di vita, per le condizioni sanitarie nei servizi,
ma anche per la diffusione del telefonini e lo sviluppo dei
distretti industriali. Tra i risultati peggiori invece quelli dei
livelli di stress dei dipendenti, della mobilità sociale del
sistema, della qualità dei trasporti pubblici, dei tassi di
partecipazione al lavoro e del livello dei salari legati alla
produttività. Peccato, perché proprio l’Italia,
patria di bellezze paesaggistiche e culturali, di eccellenze
enogastronomiche, di valori tangibili e intangibili, potrebbe
sfruttare queste ricchezze con un’adeguata valorizzazione della
nostra risorsa più autentica: gli italiani.

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