L’uso dei sottoprodotti dell’agricoltura nei mangimi animali può permettere un risparmio ecologico e una via diversa per l’ecosostenibilità ambientale.
Gli italiani preferiscono acquistare abbigliamento animal free
Da un’indagine Ispo Ricerche condotta per Lav in 6 Paesi europei, risulta che gli italiani sono i più propensi a rinunciare ai capi con materiali di origine animale.
Comprendere come sta cambiando la consapevolezza e la conoscenza dei consumatori per quanto riguarda i materiali di origine animale. Capire quanto si è propensi a scegliere capi di abbigliamento e calzature animal free.
È quanto ha cercato di fare la Lav (Lega anti vivisezione), chiedendo a Ispo Ricerche di condurre un’indagine a livello internazionale, per sondare la sensibilità dei cittadini nei confronti dei materiali alternativi di origine vegetale o sintetica.
E i risultati confermano che gli italiani sono i più sensibili e con una maggiore conoscenza dell’esistenza di materiali alternativi, insieme ad olandesi, inglesi e polacchi. Il 30 per cento infatti si dichiara “animal free”.
Percentuale che cresce, di fronte all’alternativa, fino al 50 per cento dichiarando “certamente” nel caso di pelliccia, seta, piuma, lana. Tale quota diminuisce un poco nel caso della pelle, in particolare nel caso di scarpe e stivali. Regno Unito e Polonia, invece, risultano i Paesi con una inclinazione d’acquisto inferiore, che difficilmente e per tutti materiali supera il 38 per cento.
Interessante notare come nei Paesi presi in esame le alternative sintetiche o vegetali siano considerate di tendenza. La ricerca sottolinea come: “La mancata offerta di tali materiali potrebbe indurre la maggior parte dei consumatori – stando a quanto dichiarano – a cambiare negozio o marca”.
Una ricerca che conferma la scelta di Lav di voler certificare le aziende che s’impegnano a non utilizzare materiali di origine animali, grazie al rating etico “Animal Free”, ideato appositamente. “Con questo progetto abbiamo tracciato una strada che invitiamo ad intraprendere a tutte le aziende Moda volenterose e attente alle implicazioni etiche delle loro produzioni: un’opportunità, peraltro gratuita, per distinguersi nel mercato”, ha dichiarato Simone Pavesi, responsabile del progetto.
“Suggeriamo 4 step con i quali un’azienda può impegnarsi pubblicamente e sulla base dei quali comunicheremo il reale impegno etico dell’azienda stessa. E’ infatti necessario valorizzare queste produzioni, distinguendo tra chi ha rinunciato “solamente” all’uso di pellicce da chi invece ha già compiuto un ulteriore passo in avanti rinunciando anche alle “piume” e da chi si caratterizza dall’essere già totalmente “Animal Free”. Un logo che potrà stimolare i consumatori ad un acquisto mirato e più consapevole.
Tutte le immagini © Getty Images
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Torna il 19 e 20 aprile lo sciopero globale per il clima, che in Italia vede coinvolte 25 città. Giovani in piazza anche per Gaza.
I lavori del ponte sullo stretto di Messina dovrebbero iniziare a dicembre 2024 e concludersi nel 2032. Ma i cittadini si ribellano.
L’Agenzia per la protezione dell’ambiente ha imposto di rimuovere quasi del tutto alcuni Pfas dall’acqua potabile negli Stati Uniti.
La Corte europea per i diritti dell’uomo dà ragione alle Anziane per il clima: l’inazione climatica della Svizzera viola i loro diritti umani.
Dopo i rilievi nell’acqua potabile del Veneto e della Lombardia, sono state trovate tracce di Pfas nei delfini, tartarughe e squali spiaggiati sulle coste della Toscana.
Un nuovo rapporto di Wri e università del Maryland fa il punto sulla deforestazione. Miglioramenti in Brasile e Colombia, ma passi indietro altrove.
Sabato 6 aprile, il settimanale porta in edicola e online le tematiche del “vivere verde”. Con un’intervista a Simona Roveda.
A distanza di un mese dall’annuncio dello Zambia, anche il Malawi ha dichiarato lo stato di calamità a causa della siccità prolungata da El Niño.