Si era battuta con tutte le sue forze per proteggere la foresta di Kiambu, in Kenya. E il suo impegno ambientalista le è costato la vita. È stato l’inaccettabile destino di Joannah Stutchbury, uccisa all’età di 67 anni. Dopo ripetute minacce, il 16 luglio 2021 almeno quattro colpi di arma da fuoco l’hanno raggiunta sul vialetto che conduceva alla sua abitazione, senza che le sia stato rubato nulla. Un’esecuzione in piena regola. Per cui ora le organizzazioni ambientaliste chiedono giustizia.
Joannah Stutchbury, la paladina della foresta di Kiambu
In una delle sue foto più celebri, Joanna Stutchbury è accovacciata nel braccio di una ruspa, con le mani sul capo. Lo scatto è del 2018 e la ritrae mentre cerca di fermare la distruzione di un’area di foresta. Kenyota da tre generazioni, Stutchbury alla fine degli anni Settanta si era trasferita a Kiambu, poco lontano dalla capitale Nairobi, per iniziare la sua nuova vita. E da subito aveva fatto tutto il possibile per attirare l’attenzione sul land grabbing, l’accaparramento delle terre da parte di ricchi possidenti – spesso protetti dalla politica – pronti a strapparle per pochi spiccioli alla comunità locale e trasformarle in fonti di reddito. Una minaccia che incombe anche sulla foresta di Kiambu, un polmone verde di più di mille ettari a cui Stutchbury ha consacrato la sua lotta ambientalista.
l'ambientalista Joannah Stutchbury aveva a cuore solo una cosa, il nostro pianeta, la sua foresta alla quale si batteva…
“Joannah era un’ambientalista devota e impegnata e una portavoce della foresta che non ha mai chiuso gli occhi di fronte alle illegalità viste nella foresta di Kiambu. Crediamo che questo sia il motivo per cui è stata uccisa”, si legge in un comunicato sottoscritto da decine di organizzazioni ambientaliste e per i diritti umani, comprese WildlifeDirect e Amnesty International Kenya.
Il presidente del Kenya Uhuru Kenyatta ha espresso parole di condanna per l’attentato, ordinando alle agenzie per la sicurezza di andare alla ricerca dei colpevoli. Una ricerca di giustizia che le ong ribadiscono con forza, dicendosi “allarmate per la velocità con cui i difensori dei diritti umani, gli ambientalisti e gli attivisti sono minacciati, molestati e uccisi ogni giorno in Kenya e nel mondo”.
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Già 13 Regioni hanno emesso ordinanze anti-caldo basate sulla piattaforma Worklimate: “siesta” dalle 12.30 alle 16. E i musei diventano rifugi climatici.
A Vicenza il maxiprocesso per contaminazione da Pfas si è concluso con 140 anni di reclusione per 11 dirigenti dell’azienda Miteni, per disastro ambientale, avvelenamento delle acque e reati fallimentari. Una sentenza storica, dopo 4 anni di procedimento.
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Riduzione delle emissioni in agricoltura, mobilità sostenibile, efficientamento degli edifici e sensibilizzazione i i pilastri. Ma ora servono i fatti.