
Le distese di sargasso nelle acque dell’Atlantico hanno raggiunto livelli record. Ma c’è anche chi si rimbocca le maniche per cercare soluzioni.
Gli attivisti di Greenpeace hanno ritardato la partenza della piattaforma petrolifera di Shell diretta in Alaska per iniziare le esplorazioni petrolifere.
Possono degli esili kayak fermare un’enorme petroliera? No, in effetti non possono, sono però riusciti a mandare un segnale, a ricordare al mondo che Shell si sta dirigendo nell’Artico per trivellare, rischiando di deturpare un ecosistema unico e ancora incontaminato.
Il 15 giugno tredici attivisti di Greenpeace a bordo di kayak hanno dato vita ad una protesta pacifica e simbolica bloccando temporaneamente, fino all’arrivo della guardia costiera, la piattaforma petrolifera di Shell, la Polar Pioneer, in procinto di lasciare Seattle per dirigersi nell’Artico. È la seconda iniziativa di questo tipo intrapresa dagli attivisti dell’associazione ambientalista, che già lo scorso maggio si erano mobilitati in centinaia, circondando la baia di Seattle a bordo di kayak. La piattaforma, trasportata a bordo di una nave partita nell’Oceano Pacifico, inizierà tra circa due settimane le esplorazioni petrolifere nel mare di Chukchi, in Alaska, in cerca di giacimenti di idrocarburi nell’Artico.
“Shell stava tentando di far partire la Polar Pioneer da Seattle con il favore delle tenebre, ma gli attivisti per qualche ora hanno impedito che questo accadesse, mostrando al mondo quanto stava per succedere”, ha dichiarato Travis Nichols, della campagna Artico di Greenpeace. La protesta dell’associazione ambientalista è iniziata lo scorso maggio, in seguito all’approvazione dell’Arctic Drilling Plan della Shell, un progetto di trivellazione dell’Artico, da parte del Dipartimento degli Interni degli Sati Uniti.
Secondo gli esperti le estreme condizioni climatiche e ambientali dell’Artico, con giganteschi iceberg in movimento e mari tempestosi, rendono estremamente rischiose le trivellazioni offshore. Sarebbe inoltre estremamente difficile rimediare ad un eventuale incidente petrolifero in un’area così remota. La probabilità di un incidente è anzi molto elevata, secondo uno studio condotto proprio dal governo degli Stati Uniti ci sarebbe circa il 75 per cento di possibilità che avvenga un ingente sversamento di petrolio nel Mare di Chukchi.
Questa eventualità, è inutile dirlo, avrebbe gravi conseguenze, mettendo a repentaglio l’integrità di un ambiente così selvaggio da essere rimasto finora al sicuro dall’attività umana e che ospita creature splendide come orsi polari (Ursus maritimus), narvali (Monodon monoceros), balene artiche (Balaena mysticetus), trichechi (Odobenus rosmarus), lontre marine (Enhydra lutris) e buoi muschiati (Ovibos moschatus).
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