Latte materno, prezioso non solo per la salute ma anche per l’economia

Il latte materno rappresenta una medicina naturale, proteggendo i bambini da disturbi e malattie. Questa virtù ha anche una ripercussione economica positiva sulla sanità pubblica. Ce ne parla l’economista Tricia Johnson.

“Se il latte materno non esistesse già, il suo inventore meriterebbe un doppio premio Nobel: per la medicina e l’economia”. In questi termini si esprimeva Keith Hansen, vicepresidente per lo Sviluppo umano presso la Banca Mondiale, in un articolo pubblicato sulla rivista medica The Lancet, nel 2016. Una frase ad effetto, volta a sottolineare la molteplice valenza positiva dell’allattamento al seno sia per gli ormai noti effetti benefici sulla salute dei bambini (per lo sviluppo del sistema immunitario, del metabolismo, della fisiologia e persino quello neurologico), che per quelli, meno noti, innescati sulla società anche a livello economico.

Tant’è vero che durante il suo mandato Hansen pose il latte materno al vertice dell’agenda economica mondiale, sostenendo che: “L’allattamento al seno potrebbe salvare la vita di oltre 800mila bambini e quella di 20mila madri ogni anno. L’aumento medio del quoziente intellettivo di tre punti per i bambini allattati al seno potrebbe aumentare la produttività, aggiungendo 300 miliardi di dollari al reddito nazionale lordo annuo a livello mondiale. Prevenendo malattie, come ad esempio il diabete, l’allattamento al seno potrebbe anche ridurre i costi sanitari globali di centinaia di milioni di dollari ogni anno”.

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Grazie ai suoi effetti di prevenzione di molti disturbi e malattie il latte materno ha una ricaduta positiva anche dal punto di vista economico sul sistema sanitario e sulla società. Diversi studi scientifici lo dimostrano © Clelia White

I benefici economici dell’allattamento al seno

A supportare questa evidenza scientifica sono diversi studi, come quello elaborato nel 2016 dallo York health economics consortium, che ha presentato il primo modello economico al mondo per i neonati prematuri e il latte umano, mostrando come “alimentando con latte materno una popolazione annuale di neonati prematuri, il Regno Unito avrebbe potuto ridurre i costi sanitari diretti di 30 milioni di sterline solo nel primo anno, prevenendo malattie come l’enterocolite necrotizzante, la sepsi, la leucemia e l’otite media”.

Un’interessante e dettagliata analisi costi-benefici è anche quella che la professoressa Tricia Johnson, economista del dipartimento di gestione dei sistemi sanitari presso la Rush University di Chicago negli Stati Uniti, ha presentato nel corso del 13esimo Convegno internazionale sull’allattamento al seno e sulla lattazione Medela che si è tenuto Parigi a marzo 2018, evidenziando come l’allattamento al seno, non solo richieda (come evidente) un basso investimento economico, ma produca anche un’elevatissima redditività per la società a breve e a lungo termine. In altre parole, e come la professoressa Johnson ci spiega in questa intervista, il latte materno rappresenterebbe un vero e proprio investimento per la società, tale da dover spingere sempre più i governi ad adottare misure in suo sostegno.

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La dottoressa Tricia Johnson è professoressa ed economista nel dipartimento di gestione dei sistemi sanitari presso la Rush University di Chicago. La sua principale area di studio è l’economicità di somministrare latte umano a neonati prematuri

In che modo il latte materno può ridurre i costi sanitari?
Nei neonati con peso alla nascita molto basso, inferiore a 1500 grammi, il latte materno riduce l’incidenza di gravi e costose morbilità (la frequenza percentuale di una malattia in una collettività, ndr) neonatali, tra cui sepsi a esordio tardivo, enterocolite necrotizzante e displasia broncopolmonare. Queste morbilità non hanno solo conseguenze sulla salute dei bambini, ma anche sui costi sanitari.

Che studi sono stati fatti in merito?
La dottoressa Paula Meier è stata la principale ricercatrice di uno studio prospettico di coorte che ha coinvolto 430 bambini con peso alla nascita molto basso, per esaminare gli esiti sanitari e il costo delle somministrazioni di latte materno ricevute durante l’ospedalizzazione iniziale neonatale. Questo studio ha verificato che esiste una relazione tra la dose giornaliera di latte materno somministrata durante i primi 28 giorni di vita e la sepsi a insorgenza tardiva. Ad ogni 10 millilitri in più di latte materno per chilo di peso del bambino al giorno era associata una riduzione della probabilità di sepsi del 19 per cento. La differenza dei costi delle unità neonatali di terapia intensiva, tra i bambini che assumevano una dose più bassa di latte materno nei primi 28 giorni (ovvero meno di 25 millilitri per chilo di peso al giorno) e quelli che ne assumevano una più alta (più o pari a 50 millilitri per chilo di peso al giorno) era di 31.514 dollari (Patel et al, 2013).

Un altro dato acquisito è che qualsiasi quantità di latte in formula nei primi 14 giorni di vita è stata associata a un rischio 3,5 volte superiore di enterocolite necrotizzante, il cui costo incrementale per una degenza ospedaliera è stato di 43.818 dollari (nel 2012) per neonato (Johnson et al, 2015). Infine, l’incidenza di displasia broncopolmonare è stata ridotta del 9,5 per cento per ciascun aumento del 10 per cento di latte materno fino a 36 settimane. Il costo per curare la displasia broncopolmonare è stato di 41.929 dollari nel 2014 (Patel et al, 2016).

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L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) raccomanda l’allattamento al seno in maniera esclusiva fino al compimento del sesto mese di vita. Anche dopo lo svezzamento il consiglio è di prolungare l’allattamento fino, e oltre, il secondo anno © Leandro Cesar Santan/Unsplash

Da quanto tempo studia questo argomento e che tipo di studi ha condotto?
Lavoro con il team di ricerca Rush human milk dal 2008. Il mio lavoro con il gruppo di ricerca si è concentrato sullo studio iniziale di coorte prospettico (coorte Love mom – Esiti longitudinali di neonati con peso molto basso alla nascita e nutriti con latte materno) e su uno studio successivo che ha esaminato i controlli sanitari di questi bambini a due anni di età.

Lei afferma che il latte materno ha la stessa importanza delle vaccinazioni, può spiegarlo meglio?
Le vaccinazioni infantili hanno conseguenze a breve e lungo termine sulla salute dei bambini, aiutandoli a creare l’immunità e quindi a prevenire future malattie come il morbillo. Analogamente, il latte materno, in particolare per i neonati prematuri, contribuisce non solo a ridurre il rischio di morbilità neonatali, come già spiegato, ma anche conseguenti condizioni mediche croniche e problemi di sviluppo neurologico. Vaccinazioni e latte materno sono entrambi interventi relativamente facili e a basso costo che hanno implicazioni sostanziali per la salute dei bambini e della collettività in generale.

La diffusione di pratiche di prevenzione primaria, come l’allattamento al seno, è fondamentale a livello sanitario. In che modo politici e medici possono stimolare queste pratiche?
I sistemi sanitari di tutto il mondo cercano modi per rallentare la crescita della spesa sanitaria. Uno di questi è offrire informazioni al consumatore o paziente in modo che possa prendere le decisioni migliori. L’allattamento al seno è un’area in cui i professionisti possono continuare a fornire maggiori informazioni, istruendo per prime le madri sui benefici che esso comporta. Dal punto di vista della politica, per esempio la legge sulla protezione del paziente e la cura accessibile negli Stati Uniti impone ai datori di lavoro di garantire alle madri il tempo necessario per allattare i propri figli nel primo anno di vita (anche in Italia la legge prevede dei “riposi giornalieri” per consentire alle madri di allattare i figli, ndr). Detto questo, sarebbe necessario ulteriore supporto per le madri lavoratrici che allattano al seno, per garantire loro un tempo sufficiente, stimolando la pratica anche attraverso un vero e proprio compenso economico.

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