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La campagna di Greenpeace che chiedeva a Lego di sospendere la collaborazione con Shell ha avuto effetto. Il gigante dei giocattoli toglie il logo dalle scatole dei mattoncini
Dopo la creativa, brillante (e pressante) campagna dell’associazione ambientalista Greenpeace contro le trivellazioni dell’Artico da parte di Shell, la Lego ha deciso di sospendere la partnership col colosso del petrolio.
Nel video dell’associazione ambientalista, visualizzato da quasi 6 milioni di utenti, si mostra un Artico incontaminato costruito con il Lego invaso dall’oro nero. Lo spot, gli attivisti che si sono presentati a Legoland e le altre immagini della campagna “Lego block shell”, che hanno mostrato i celeberrimi omini di plastica manifestare davanti alle stazioni di servizio della compagnia e in altri luoghi significativi del mondo, hanno colpito a tal punto utenti e soprattutto dirigenti della Lego da indurre i capi dell’azienda a rinunciare alla collaborazione. Una decisione di portata storica per entrambe le aziende, perché durava da cinquant’anni: i primi oggetti marchiati Shell sono apparsi nel catalogo Lego a metà degli anni ’60.
Sulle scatole dei prodotti Lego è apposto il logo Shell; da oltre 50 anni, inoltre, i famosi mattoncini sono venduti nelle nelle stazioni di servizio della società sparse in 26 Paesi. Nonostante il rinnovo del contratto di partnership tra le due aziende sia stato siglato relativamente da poco (nel 2011), Lego ha deciso che allo scadere del presente accordo la collaborazione non sarà rinnovata. Lo ha fatto sapere l’amministratore delegato della società di giocattoli, Jørgen Vig Knudstorp, secondo cui sarebbe opportuno che Greenpeace parlasse direttamente con la società.
John Sauven, direttore esecutivo di Greenpeace per la Gran Bretagna, ha affermato che la risposta da parte del pubblico per la sua campagna è stata straordinaria e che si sarebbe aspettato che Lego avrebbe spinto anche altri grandi nomi, come per esempio lo Science Museum di Londra, a sospendere il legame con Shell. Il museo, infatti, ha allestito una mostra sul cambiamento climatico sponsorizzata proprio dalla compagnia petrolifera.
Shell ha risposto al termine della collaborazione affermando di rispettare “il diritto di individui e organizzazioni ad impegnarsi in uno scambio libero e franco di opinioni sul crescente fabbisogno energetico mondiale.”
A gennaio la compagnia petrolifera aveva annunciato di aver deciso di fermare le trivellazioni nell’Artico a causa di fallimenti interni e cattive condizioni di mercato; ad agosto, tuttavia, Shell ha presentato alle autorità statunitensi un nuovo piano di trivellazioni offshore da condurre nella regione artica nel 2015, al largo della costa nord-ovest dell’Alaska.
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