L’umanità occupa il mare. Quando la bonifica delle coste nuoce agli ecosistemi

Dal 2000 la bonifica delle aree costiere sul mare ha creato 2.500 kmq di suolo artificiale, un’area corrispondente alle dimensioni del Lussemburgo.

  • L’espansione degli insediamenti umani ha sottratto a mari e oceani un’area pari alla superficie del Lussemburgo, dal 2000 ad oggi.
  • Migliaia di chilometri quadrati di zone umide sono scomparse per consentire l’ampliamento di porti e interi quartieri in Cina e Indonesia, oltre alla costruzione ex novo di isole negli Emirati Arabi Uniti.
  • La maggior parte dei progetti è dovuta all’espansione di porti e alla necessità di spazio urbano o per l’industrializzazione.

Dove c’era il mare ora ci sono palazzi, industrie e porti. È questo il destino di numerose zone costiere in tutto il mondo, tanto che un recente studio ha quantificato in 2.500 chilometri quadrati il terreno “conquistato” dall’umanità a scapito di mari e oceani. In pratica, è come se una nazione grande come il Lussemburgo fosse stata creata da zero. La bonifica dei terreni, in particolare di quelli costieri, ha un impatto importante sull’ambiente, spesso con conseguente riempimento delle zone umide e cambiamento irreversibile degli ecosistemi locali. Se la conquista del mare segna l’avanzamento tecnologico e industriale della civiltà, le bonifiche non apportano solo conseguenze positive. Inoltre, le stesse innovative costruzioni sono già a rischio a causa dell’innalzamento del livello dei mari.

porto di Hong Kong
Una distesa di container al porto di Hong Kong © Andrea Crosta

La ricerca sulle bonifiche costiere

Utilizzando immagini satellitari, il ricercatore Dhritiraj Sengupta dell’università inglese di Southampton e i suoi colleghi hanno analizzato i cambiamenti del territorio in 135 grandi città. I risultati, pubblicati sulla rivista Earth’s future, mostrano che gran parte delle recenti bonifiche sul mare si sono verificate nel sud del mondo, con Cina, Indonesia ed Emirati Arabi Uniti in testa. La sola Shanghai ha aggiunto circa 350 chilometri quadrati di superficie. La maggior parte dei progetti è stata motivata dall’espansione di porti, dalla necessità di spazio urbano e dall’industrializzazione, mentre una piccola parte è costituita da progetti di lusso, come le famose isole a forma di palma di Dubai.

Secondo i ricercatori, l’aumento degli abitanti nei Paesi coinvolti e la dipendenza economica dalle zone costiere, insieme alla crescente necessità di infrastrutture residenziali, agricole, industriali, commerciali e di spazi verdi, sono i fattori chiave della bonifica del territorio. Ad aver approfittato maggiormente del fenomeno, chiamato in inglese “Land reclamation”, sono soprattutto nazioni in via di sviluppo di Asia e di Africa.

Il problema del livello del mare

Le regioni costiere devono affrontare un’enorme pressione dovuta alla crescente espansione creata dagli esseri umani, soprattutto alla luce degli attuali ritmi di innalzamento del livello del mare. Si tratta di territori importanti, per questo la loro bonifica può avere impatti ecologici significativi. Le zone umide costiere, situate nelle zone di transizione tra la terraferma e il mare, rappresentano habitat vitali per la fauna selvatica autoctona e sono cruciali per il benessere umano, in quanto forniscono servizi idrologici, oltre a benefici socioeconomici. Tuttavia, anche la bonifica del territorio può portare alla perdita e al degrado delle zone umide costiere. I progetti di bonifica comprendono infatti spesso la costruzione di dighe marittime e il riempimento o la distruzione di saline e piane di marea, per sostenere lo sviluppo economico.

La bonifica costiera, in questi casi, provoca una serie di cambiamenti nell’ecosistema, tra cui l’impossibilità per le onde di risalire la spiaggia, modificando così le correnti costiere naturali e l’apporto di sedimenti alle zone umide. Inoltre, la costruzione di isole artificiali o insediamenti umani in mare provoca anche una perdita di biodiversità e cambiamenti nella struttura, nella composizione e nelle funzioni della vegetazione; infine, altera la sedimentazione, la salinità, l’idrologia e l’apporto di nutrienti. “Nel Mar Giallo, ad esempio, più della metà delle piane di maree è andata persa principalmente a causa della bonifiche”, scrive Sengupta. Dato l’aumento di progetti volti a ottenere nuovi terreni dove prima c’era l’acqua, è necessario analizzare la funzionalità di tali programmi e considerare il loro impatto negativo sul benessere della Terra.

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