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Da Jaguar a Range Rover passando per Audi, sono tante le case auto che dicono addio a pelle e cuoio per passare a materiali naturali di derivazione vegetale o sintetica.
Dal tweed all’ecopelle, la nuova frontiera dei rivestimenti auto passa per il riciclo e la sostenibilità. In un’epoca in cui l’industria dell’auto sembra decisa a dare il buon esempio in termini di emissioni e inquinamento, sono sempre di più le case che puntano su materiali e tessuti naturali ed ecosostenibili per i rivestimenti dei loro modelli, anche per quelli di punta.
La spinta è più che mai green, oltre che etica. Non soltanto nel ciclo produttivo, con gli sforzi indirizzati verso il riciclo e il taglio delle emissioni e dell’impatto ambientale, ma anche con la graduale ma inesorabile sostituzione di materiali di origine animale con altri sintetici o di derivazione vegetale. Una tendenza che non riguarda soltanto marchi generalisti o che hanno fatto della sostenibilità, con l’elettrico, il loro nuovo claim, ma anche quelli più prestigiosi e del settore lusso.
L’ultimo caso è quello di Bentley, che ha recentemente deciso di ampliare la sua offerta con un tweed davvero particolare: l’iconico tessuto di lana tipico della tradizione anglosassone è passato tra le mani degli esperti del reparto Mulliner della casa inglese, che hanno voluto inserirlo nell’elenco dei tessuti disponibili per personalizzare gli interni.
Quattro i modelli di tweed in catalogo, disponibili per l’intera gamma per l’intera gamma Bentley e con variazioni di colore che si ispirano ai colori della terra britannica. La dimostrazione, ha spiegato Bentley, dell’impegno della casa nell’utilizzare materiali sostenibili anche per produrre veicolo di lusso e renderlo sostenibile: il tweed utilizzato da Bentley è prodotto nello stabilimento inglese Lovat Mill, dove la produzione avviene “a secco”, senza impatti sull’habitat naturale in cui è inserito.
Altre case stanno sperimentando, utilizzando fibre naturali come la lana e la seta o puntando su tessuti che mescolano fibre naturali a materiali sintetici che hanno risvolti positivi anche sul ciclo produttivo: è il caso, per esempio, dell’Eucalyptus Melange, il tessuto che Land Rover fornisce come opzione composto da eucalipto e poliestere prodotto con molta meno acqua rispetto a plastica e alcantara. Anche sulla Jaguar I-Pace i sedili sono di tessuto e vegani, mentre quelli delle Tesla Model S e X si possono scegliere nella variante tessuto o ecopelle.
Sul fronte tessuti interamente sintetici e riciclati, vanno necessariamente citati Econyl e Dinamica. Il primo è un filato lanciato sul mercato nel 2011 dall’italiana Aquafil ottenuto interamente attraverso il riciclo della plastica: da una moquette usata o una rete da pesca si ottiene un rivestimento per auto utilizzabile sia per i tappetini sia per i sedili. Il secondo, Dinamica, è prodotto anche lui in Italia, dall’azienda friulana Miko, ed è prodotto attraverso il riciclo del poliestere (t-shirt e tessuti, per esempio) e delle bottiglie di plastica: a oggi lo utilizzano marchi come Bmw, Mercedes, Ford, Volkswagen e Land Rover. E poi c’è Piñatex, un’alternativa naturale al cuoio prodotta dalle fibre di cellulosa estratte dagli scarti dell’ananas, nello specifico le foglie: sviluppato da Carmen Hijosa, la fondatrice di Ananas Anam, l’azienda che ha sviluppato il tessuto Piñatex, può essere utilizzato sia nell’industria della moda sia in quella del design e dell’automotive.
Audi ha invece deciso di rendersi “autosufficiente”: a inizio anno ha annunciato l’utilizzo del Pet – la resina termoplastica che compone bottiglie e flaconi – per realizzare rivestimenti riciclati sino all’89 per cento per la quarta generazione di Audi A3, e recentemente ha concentrato gli sforzi anche sul ciclo produttivo, riducendo l’uso della plastica per le componenti delle auto grazie a una partnership con il Karlsruhe institute for technology. La collaborazione prevede di trasformare parti sino a ieri considerate troppo complesse da riciclare – come i serbatoi per la benzina, i cerchioni o le griglie dei radiatori – in olio di pirolisi, e di riutilizzarlo per creare nuove componenti dando vita, di fatto, a un circolo chiuso virtuoso.
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