Da più di vent’anni un colosso minerario canadese ha messo gli occhi sui giacimenti di oro e argento nella municipalità dell’Ixtacamaxtitlán, nel Messico centrale.
Il 16 febbraio 2022 la Corte suprema ha dichiarato illegittime le due concessioni minerarie rilasciate dallo stato.
Gli indigeni Nahua, che abitano nella zona, non erano stati consultati come prevede la legge.
Nella municipalità dell’Ixtacamaxtitlán, nel Messico centrale, da più di vent’anni la popolazione locale si batte contro le mire dei colossi minerari. Da un lato, la volontà di tutelare il territorio; dall’altro, quella di accaparrarsi i ricchi giacimenti. Nella giornata del 16 febbraio 2022 la Corte suprema è intervenuta per dichiarare illegittime le due concessioni minerarie rilasciate dal segretariato per l’Economia. Il motivo? Gli indigeni Nahua non erano stati consultati.
📢 La @SCJN canceló las concesiones mineras en #Tecoltemi, reconociendo la violación a la consulta y al consentimiento. Sin embargo, perdió la oportunidad de analizar la #LeyMinera que pone en riesgo los derechos de los pueblos indígenas y más comunidades: https://t.co/Dv5xXTJaQQpic.twitter.com/OcNxkJ7ONj
Le mire straniere sulle risorse minerarie messicane
Era il 2001 quando la compagnia mineraria canadese Almaden, dopo alcune esplorazioni nello stato messicano di Puebla, ha acquisito un’area che custodisce vasti giacimenti di oro e argento. Prima di svolgere qualsiasi operazione, la società è tenuta a redigere una valutazione sul potenziale impatto ambientale e anche a consultare i popoli indigeni. Sono ben 71 quelli che abitano nella municipalità dell’Ixtacamaxtitlán, di cui nove nel perimetro dell’area.
Il dialogo con le comunità indigene è al centro di un trattato internazionale che il Messico ha siglato già dal 1990, traducendolo poi in legge dello stato. Stando a quanto riportato dall’istituto di ricerca Fundar, però, i membri della comunità Nahua di Tecoltemi sono stati colti di sorpresa dall’arrivo dei mezzi e dei macchinari. L’impresa non li aveva nemmeno informati.
Su questo punto si è incentrata la battaglia legale, conclusa con una vittoria degli indigeni Nahua di Tecoltemi. Va sottolineato come la decisione della Corte suprema non entri nel merito della legge sulle miniere, una legge che Fundar contesta apertamente perché “viola il diritto alla terra delle popolazioni indigene”. Seppure con questo grosso limite, la decisione può essere comunque considerata come “ungrande risultato”, si legge nel comunicato dell’organizzazione. Perché è la prima volta in cui la Corte suprema riconosce una violazione dell’obbligo di consultare gli indigeni. E rappresenta quindi un precedente a cui altri popoli potranno fare riferimento in futuro.
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