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Dagli scarti agroalimentari nascono nuovi materiali e nuovi prodotti. A CremonaFiere va in mostra una nuova filiera industriale, che promuove innovazione e ricerca.
Sono state la chimica verde e la tecnologia le protagoniste di BioEnergy Italy, Green Chemistry Conference and Exhibition e Food Waste Management Conference , i tre saloni dedicati alla bioeconomia che si sono tenuti a CremonaFiere. Un appuntamento dedicato interamente ad un settore che in Italia sta crescendo e che vale 241 miliardi di euro e occupa 1,6 milioni di persone.
Ecco allora nascere da scarti agroalimentari e sottoprodotti della lavorazione industriale nuovi materiali e nuovi prodotti, che alimentano un ciclo completo, dove il rifiuto non esiste più, ma esistono solo materie prime utilizzabili e riutilizzabili.
“Abbiamo voluto mettere in mostra esempi eccellenti di come le idee possano concretizzarsi per creare nuove opportunità di business e dare nuovo valore a ciò che troppo spesso viene considerato solo uno scarto”, ha dichiarato Antonio Piva, presidente di CremonaFiere. “Soluzioni e materiali innovativi, prodotti bio-based e progetti di ricerca che aprono nuove strade e prospettive imprenditoriali”.
Dagli scarti agroalimentari nascono così vere e proprie filiere industriali: se dall’arancia è possibile estrarre oli essenziali e la pectina, molecola da cui si possono ricavare un particolare tipo di carta e una pellicola, dal guscio dei gamberi si ricava il chitosano, polisaccaride utile nel packaging alimentare.
Nascono poi polimeri totalmente nuovi, come il biofoam, polistirolo di origine vegetale, brevettato in Olanda e sviluppato in Italia da Green Evolution. Con questo materiale si realizzano vaschette per il gelato smaltibili insieme all’umido, cassette per la pesca biodegradabili, semenzai totalmente deteriorabili e compostabili.
Si realizzano poi biogomme, composte da una matrice siliconica e da particelle ottenute da amido o da scarti alimentari come pomodoro, origano e caffè, o biopannolini usa e getta totalmente biodegradabili, perché derivati da amidi e oli vegetali. Interessante è il progetto guidato dal Polo delle Microalghe, progetto guidato dell‘Istituto Spallazani di Rivolta d’Adda, che ha l’obiettivo di mitigare l’impatto ambientale dei reflui zootecnici e che studia l’utilizzo delle microalghe che proliferano sui reflui per trasformarli in fertilizzanti, bioplastiche, mangimi, prodotti cosmetici. Sempre più anche il mondo dell’industria fa quello che fa la natura da sempre, ricicla la materia.
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