
Il futuro dei nomadi dell’India, i Fakirani Jat e i Rabari, è incerto. Tra tensioni geopolitiche e un clima che cambia, il patrimonio antropologico delle popolazioni nomadi è a rischio.
Tutto cominciò nell’estate del 1954, quando l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (Unesco) lanciò una campagna internazionale per salvare i due templi di Abu Simbel in Egitto, messi a rischio dalla costruzione di una nuova diga. Il successo dell’operazione costata 80 milioni di dollari fu tale da aprire le porte
Tutto cominciò nell’estate del 1954, quando l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (Unesco) lanciò una campagna internazionale per salvare i due templi di Abu Simbel in Egitto, messi a rischio dalla costruzione di una nuova diga. Il successo dell’operazione costata 80 milioni di dollari fu tale da aprire le porte nei 60 anni successivi alla protezione dei patrimoni dell’umanità.
Ad oggi sono 191 i paesi ad aver firmato la Convenzione sul patrimonio dell’umanità (l’accordo internazionale per proteggere i siti naturali e culturali) e ad aver istituito l’omonimo Comitato. Quest’ultimo è formato da un gruppo di stati eletti che hanno il compito di scegliere ogni anno le meraviglie del mondo più a rischio. La trentanovesima edizione si tiene a Bonn, in Germania, dal 28 giugno all’8 luglio.
Il Comitato ha lo scopo di “riconoscere e proteggere i siti che risultassero esempi evidenti della presenza umana su quel territorio, tenendo conto anche degli aspetti legati all’interazione culturale, alla convivenza, alla sfera spirituale e creativa”.
Per farlo, stila la lista dei patrimoni dell’umanità, in cui appaiono siti prestigiosi e rinomati che hanno ottenuto una maggiore attenzione mediatica e hanno incrementato il proprio turismo e di conseguenza anche i propri guadagni.
La lista attuale comprende 1.007 siti in 161 paesi che prima di essere nominati patrimoni dell’umanità sono stati sottoposti a un lungo processo di selezione che ne ha certificato lo stato di conservazione.
Tutti gli stati che hanno aderito alla Convenzione possono proporre un loro luogo che per essere nominato deve soddisfare almeno dieci criteri di selezione. Ad esempio, deve “rappresentare un capolavoro del genio creativo dell’uomo”, “contenere fenomeni naturali superlativi o aree di eccezionale bellezza naturale”, o essere “un esempio eccezionale di un insediamento umano tradzionale”.
Nel luglio del 2014 l’Italia era la nazione con più patrimoni al mondo, vantando 46 siti culturali e quattro naturali. Le nuove nomination, che rendono omaggio alla storia, al territorio e alle tradizioni del nostro Paese sono la Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale.
Il Comitato ha anche l’obbligo di inserire i luoghi minacciati dall’intervento dell’uomo o per ragioni naturali nella lista dei patrimoni dell’umanità a rischio. Attualmente la Siria è in cima alla classifica con sei siti culturali in pericolo per il conflitto in corso. Ogni anno il Comitato assegna a queste regioni quattro milioni di dollari all’anno.
In attesa di scoprire cosa comparirà nella lista quest’anno, i viaggiatori più avventurosi possono visitare Surtsey, un’isola vulcanica nel sud dell’Islanda. Nessuno può accedervi tranne gli scienziati che sono lì per motivi di ricerca e per questo è considerato uno dei patrimoni dell’umanità più inaccessibili del mondo.
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