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Il consiglio d’amministrazione della Tirreno Power, centrale termoelettrica di Vado Ligure, Savona, ha annunciato l’addio al carbone. Dopo l’inchiesta da parte della procura che ha portato nel 2014 al sequestro dei gruppi a carbone dell’impianto – inchiesta che ipotizzava il disastro ambientale e l’omicidio colposo a causa dell’inquinamento con 86 persone indagate tra manager, tecnici, politici,
Il consiglio d’amministrazione della Tirreno Power, centrale termoelettrica di Vado Ligure, Savona, ha annunciato l’addio al carbone. Dopo l’inchiesta da parte della procura che ha portato nel 2014 al sequestro dei gruppi a carbone dell’impianto – inchiesta che ipotizzava il disastro ambientale e l’omicidio colposo a causa dell’inquinamento con 86 persone indagate tra manager, tecnici, politici, funzionari pubblici – il 6 giugno 2016 l’azienda (di proprietà Gdf Suez e Sorgenia) ha annunciato che mancano le condizioni per il riavvio dei lavori.
L’annuncio è stato affidato a un comunicato aziendale in cui la direzione spiega che sebbene “il sequestro abbia acutizzato in maniera determinante la crisi economica dell’azienda che ha dovuto affrontare un complesso processo di ristrutturazione“, a essere cambiato è anche il contesto sociale: “l’uscita dalla produzione a carbone di energia elettrica è un obiettivo annunciato dal Governo, dalle istituzioni locali ed è anche nelle attese della popolazione”.
Una presa di coscienza che non è piaciuta ai lavoratori. Stando alle cifre dei sindacati, in questi due anni di fermo – in cui comunque l’azienda ha continuato a produrre, sebbene in quantità minori, energia sfruttando gli impianti a gas – il numero di addetti si è drasticamente ridotto passando da 240 a a poco più di 160, senza contare gli 850 lavoratori dell’indotto che si sono trovati senza impiego. Per questo, nei giorni precedenti alla decisione di Tirreno Power, sono state indette diverse manifestazioni di protesta per chiedere che fosse reso noto il futuro dell’azienda. Richiesta alla quale la direzione non ha ancora fornito una risposta chiara, passando piuttosto la patata bollente alle istituzioni: “si stanno compiendo tutte le azioni necessarie per la riapertura urgente del tavolo di crisi presso il ministero dello Sviluppo economico affinché siano attivati gli strumenti necessari per affrontare questa difficile situazione e sia dato sostegno alle iniziative di reindustrializzazione che sono state intraprese”.
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