Il parlamento del Perù ha votato l’impeachment per il premier Martín Vizcarra per corruzione. Il popolo peruviano è sceso in piazza, denunciando un colpo di stato.
Sono giorni difficili in Perù. Il paese sudamericano, da mesi in ginocchio a causa del coronavirus e di una recessione economica che si è fatta sentire in modo più forte che altrove, vive ora una inaspettata crisi politica. Il premier Martín Vizcarra è stato destituito dal suo ruolo tramite un impeachment votato dalla maggioranza del Parlamento, a causa delle accuse di corruzione. Una storia che non convince il popolo peruviano, sceso in piazza per protestare contro la decisione, definita un colpo di stato.
L’impeachment per “incapacità morale”
Il Perù sta vivendo la peggior recessione della sua storia. Le previsioni di contrazione del Pil per il 2020 parlano di un -13.9 per cento, un valore che non è mai stato così negativo da quando lo si misura. Un paradosso, per un paese che fino all’anno scorso presentava l’economia più florida dell’America Latina, con tassi di crescita da primato. Poi è arrivata la Covid-19, che in Perù si è fatta sentire più che altrove – dall’inizio della pandemia si contano quasi un milione di casi totali e 35mila decessi. Questo ha obbligato il governo guidato da Martín Vizcarra, indipendente vicino al partito Peruviani per il cambiamento, a imporre un lockdown totale, con tutte le conseguenze sul tessuto produttivo locale.
Ma il Perù vive anche un problema di corruzione, che viene da lontano e non ha legami con la pandemia del 2020. Vizcarra ha sostituito nel 2018 Pedro Pablo Kuczynski, dopo che quest’ultimo era stato accusato di corruzione. Più in generale, 68 parlamentari su 130hanno subìto una qualche forma di investigazione per questioni corruttive. E in estate è toccato anche al primo ministro Vizcarra. Secondo alcune testimonianze, durante il suo vecchio incarico di governatore regionale del Moquega avrebbe ricevuto tangenti per un ospedale e un progetto di irrigazione. A settembre il parlamento aveva già votato per la procedura di impeachment, che aveva però ottenuto solo 32 voti a favore. Questa volta invece, un po’ a sorpresa, 105 parlamentari su 130 hanno votato per la destituzione di Vizcarra per “incapacità morale”. Il premier ha accettato il verdetto, lasciando immediatamente il palazzo presidenziale e dichiarando che dimostrerà la sua innocenza in tribunale.
Il popolo peruviano non ci sta
Durante i suoi due anni di mandato, Martín Vizcarra è diventato un simbolo della lotta a quella corruzione che da troppo tempo attanaglia la politica peruviana. Si è battuto per esempio per una legge contro l’immunità parlamentare, che è stata però altamente osteggiata e non è mai passata. Inoltre, ha tolto la possibilità del doppio mandato per i membri del Congresso, così da garantire un continuo ricambio anti-corruttivo. Tutte misure che lo hanno messo in cattiva luce nei corridoi delle istituzioni politiche peruviane, tanto che l’impeachment sembra possa essere la vendetta delle sue opposizioni.
In effetti non esistono prove che certifichino il giro di tangenti che ha coinvolto l’ormai ex premier. Prima ancora che la questione potesse essere gestita da un tribunale, Vizcarra è stato fatto fuori, peraltro a cinque mesi dalle prossime elezioni. A sostituirlo sarà Manuel Merino, uno dei maggiori oppositori alle sue leggi e, paradossalmente, anche lui indagato per corruzione in passato. Ecco perché da più parti si sente pronunciare la formula ‘colpo di stato’.
Nelle ultime ore migliaia di persone sono scese in piazza. La polizia ha risposto con proiettili di gomma e gas lacrimogeni, nel tentativo di sedare le proteste. L’ex premier Vizcarra è molto popolare in Perù, non è un caso che l’80 per cento dei cittadini è convinto che debba proseguire il suo mandato. La sensazione è che le accuse siano state strumentalizzate dalla classe politica corrotta, per liberarsi tramite impeachment di un premier che faceva proprio della lotta alla corruzione il suo pilastro programmatico. Nelle strade di Lima e delle altre città peruviane le persone lamentano il fatto che la politica sia più impegnata nei giochini di potere, nelle scaramucce e nelle vendette personali, che non nella ricerca di una soluzione all’instabilità e alla crisi. E che si stia servendo della giustizia per questo fine, mentre il paese sprofonda in un abisso di disoccupazione e povertà.
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