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I pesci sono gli animali più macellati e i meno tutelati al mondo. Essere Animali chiede maggiore protezione per questi esseri dalla spiccata intelligenza.
I pesci sono animali di cui comunemente conosciamo molto poco. Attorno a loro aleggia un alone di mistero e di fronte alle differenze che ci separano sembra difficile riuscire a entrare in relazione con la loro natura. Eppure, abbiamo in comune molto più di quanto crediamo.
I pesci avvertono il dolore in maniera del tutto simile a come lo percepiscono i mammiferi, inclusi gli esseri umani. Uno studio dell’università di Liverpool pubblicato nel 2019 l’ha confermato.
Inoltre sono esseri dalla spiccata intelligenza. Alcuni test hanno confermato la loro capacità di riconoscere e ricordare la mano (umana) che li nutre, oltre ad avere una memoria di ferro sia dello spazio che del tempo ‒ in inglese la “time-place memory”. Perciò, se vengono abituati a ricevere del cibo in un preciso luogo e momento della giornata, si avvicineranno in quel punto esatto in perfetto orario per l’appuntamento.
Alcune specie sono anche in grado di ricordare rotte complicate per quasi 40 giorni, mentre altre possono riconoscere i pesci con cui entrano in contatto. Nel 2019 il biologo giapponese Masanori Kohda è riuscito a dimostrare che una particolare specie di pesce può riconoscersi allo specchio, esattamente come gli scimpanzé, gli orangotango, gli elefanti, i delfini e le gazze. In passato si riteneva che la capacità di superare il test dello specchio richiedesse un livello di sviluppo cerebrale e capacità cognitiva non disponibile per i pesci, ma il team di Kohda ha dimostrato che non è così: anche i pesci possiedono una coscienza del sé.
Nonostante i risultati di queste ricerche siano ignoti alla maggior parte delle persone, in Europa sembra esserci largo consenso sulla capacità dei pesci di provare emozioni e sentire dolore. Secondo un sondaggio condotto nel 2018 da Eurogroup for animals e Ciwf, la maggiore organizzazione internazionale senza scopo di lucro per il benessere e la protezione degli animali da allevamento, la maggior parte degli europei ritiene che questi animali siano esseri senzienti e il 77 per cento degli italiani afferma che i pesci possono provare dolore.
Oltre il 95 per cento degli italiani ha dichiarato che vivere in acqua pulita e non inquinata, essere sani e poter manifestare comportamenti naturali per la propria specie sono gli elementi più importanti del benessere dei pesci. Viceversa, vivere in acqua sporca e in condizioni di sovraffollamento, oppure essere macellati senza stordimento sono i fattori con il maggior impatto sul loro benessere.
Quattro italiani su cinque infine credono che questi animali debbano essere tutelati tanto quanto i maiali, i polli, le mucche e le pecore.
La realtà all’interno degli allevamenti ittici intensivi è molto diversa da quella auspicata dai consumatori. Innanzitutto, le vasche a terra o le gabbie in mare sono ambienti spogli, caratterizzati da un’elevata densità di pesci e quindi una scarsa qualità dell’acqua. Queste condizioni non fanno che favorire la diffusione di virus, batteri e parassiti, motivo per il quale la somministrazione di antibiotici è largamente diffusa ‒ con tutto ciò che questo comporta in termini di salute e impatto ambientale.
Per quanto riguarda lo stordimento e l’abbattimento invece, la normativa comunitaria che disciplina il benessere dei pesci durante queste fasi non specifica quali siano le procedure idonee, né per i pesci come categoria, né tantomeno per le singole specie. Questo fa sì che i metodi di stordimento più diffusi siano inadeguati e inutilmente dolorosi per gli animali.
Per fare un esempio, molto spesso i pesci vengono semplicemente rimossi dall’acqua e lasciati soffocare nell’aria senza stordimento. Così facendo muoiono dopo una lunga e lenta agonia. In altri casi vengono immersi ancora vivi e coscienti in una sospensione di acqua e ghiaccio: anche in questo caso la morte avviene per asfissia ed è fortemente dolorosa.
I pesci sono gli animali più macellati, ma anche quelli meno tutelati al mondo. Si stima che, nel 2030 per far fronte alla domanda crescente, il 60 per cento del pesce consumato deriverà da allevamenti ittici. Via via che la quota di pesci allevati in maniera intensiva aumenterà, bisognerà anche imporre criteri di gestione che siano adeguati alla loro natura e riducano il loro dolore.
Dal 2018 Essere Animali manda avanti la campagna #AncheiPesci per spingere la grande distribuzione organizzata a adottare policy di allevamento che limitino al minimo la sofferenza dei pesci allevati nelle loro filiere. Oltre l’80 per cento degli acquisti dei prodotti ittici avviene attraverso i canali della grande distribuzione, perciò è qui che il cambiamento dovrà partire. Per questo ogni cittadino può chiedere alla grande distribuzione – attraverso la firma di una petizione – di vincolare gli allevamenti fornitori ad adottare policy che pongano fine all’agonia di questi esseri senzienti.
Anche se silenziosa, la loro sofferenza non può rimanere inascoltata.
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