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I pinguini blu dell’isola di Phillip, in Australia, sono sopravvissuti perché gli umani che vi risiedevano sono stati… cacciati.
Sono minuti, blu, piuttosto sgraziati sulla terraferma. Ricordano i Puffi, ma in realtà sono i pinguini più piccoli del mondo che, a differenza dei personaggi concepiti dal fumettista Peyo, non abitano fantasiosi borghi medievali, bensì l’Australia e la Nuova Zelanda.
Ogni sera, dopo una lunga giornata di caccia in acque poco profonde, decine di migliaia di esemplari di pinguino minore blu fanno ritorno alle proprie tane sull’isola di Phillip, a sudest di Melbourne. Risalgono la spiaggia caracollando teneramente, qualche volta inciampando, mentre gli ultimi raggi di sole disegnano sfumature bluastre sulle loro piume bagnate. Uno spettacolo della natura che lascia senza fiato.
Assistere alla “parata dei pinguini” rappresenta per chi nasce nello stato di Victoria una sorta di rito di iniziazione, oltre ad essere un’aspirazione di moltissimi turisti. La sete di guadagno dei costruttori, la moltiplicazione delle case vacanza, la convivenza con automobili e animali domestici hanno messo in serio pericolo la sopravvivenza degli uccelli.
All’inizio degli anni Ottanta, “la colonia si stava rimpicciolendo a ritmi spaventosamente rapidi”, ha raccontato al quotidiano americano New York Times Peter Dann, ricercatore presso il Parco naturale dell’isola di Phillip. Ad impedirne la scomparsa è stata una decisione senza precedenti: nel 1985 l’amministrazione statale ha riacquistato i terreni edificati nell’area di nidificazione dei pinguini blu, così da restituire alla specie il proprio habitat.
Un’operazione costata milioni di dollari, completata nel 2010. “Si ritiene sia l’unico caso al mondo in cui un’intera comunità è stata comprata da un governo allo scopo di tutelare l’ambiente e la fauna selvatica”, scrive la giornalista Besha Rodell. Il provvedimento, approvato grazie all’allora ministra della Conservazione Joan Kirner, non è stato ben accolto dai residenti, però ha prodotto conseguenze straordinarie: attualmente a riprodursi nella regione sono circa 31mila pinguini, contro i 12mila degli anni Ottanta.
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“È l’esempio di come difficili decisioni a breve termine possano garantire ottimi risultati a lungo termine”, ha commentato Rachel Lowry di Wwf Australia. Vedremo se anche la scelta dell’Indonesia di vietare ai turisti l’accesso a Komodo, tanto contestata dagli abitanti che temono una ricaduta economica, consentirà la salvezza dei draghi, enormi rettili dei quali sopravvivono meno di 5mila esemplari.
Visualizza questo post su InstagramDon’t forget daylight savings ends this weekend so we’re expecting the little penguins to arrive on the beach around 6.45pm on Sunday. ? #phillipislandnp #penguinparade #seeaustralia #phillipisland
A luglio è nato sull’isola di Phillip un moderno centro visitatori, successivamente nel mese di agosto è cominciata la demolizione di quello vecchio: si libereranno così altri 6,7 ettari di terreno per ospitare almeno 1.400 pinguini.
“Siamo su questo pianeta per prenderci cura della vita, non per impadronircene”, ha commentato una giovane messicana in occasione dell’arrivo di Greta Thunberg negli Stati Uniti. Troppo spesso l’uomo se ne dimentica. Non questa volta.
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