Next stop Washington: un reportage dalla capitale degli Stati Uniti nel giorno della cerimonia di insediamento del nuovo presidente Joe Biden.
Stati Uniti, chi sfiderà Donald Trump? Guida alle primarie democratiche in vista delle elezioni presidenziali 2020
Il 3 febbraio sono cominciate le primarie del Partito democratico negli Stati Uniti. Vi presentiamo i cinque candidati. Soltanto uno di loro potrà sfidare Donald Trump il 3 novembre 2020 e ambire a diventare il nuovo presidente americano.
Ultimo aggiornamento: 1 marzo 2020
Il nono uomo più ricco del mondo, con un patrimonio stimato di 55,5 miliardi di dollari. Colei che ha maggiori chance di diventare la prima donna alla presidenza degli Stati Uniti. Un ragazzo gay del Midwest, il cuore pulsante degli Usa che nel 2016 batteva solo per l’attuale presidente, Donald Trump. Un socialista che fino a pochi mesi fa era in un letto d’ospedale a Las Vegas con due nuovi stent nelle arterie. L’ex vice di Obama, famoso per le sue “dichiarazioni sgangherate e improvvide” – per usare le parole di Francesco Costa, autore del libro Questa è l’America –, ma da tutti chiamato affettuosamente “zio Joe”.
Sono loro che potrebbero sfrattare dalla Casa Bianca il biondo sovranista del Queens. Parliamo, nell’ordine, di Michael Bloomberg, Elizabeth Warren, Pete Buttigieg, Bernie Sanders e Joe Biden. Soltanto uno di loro vincerà le primarie del Partito democratico e potrà quindi affrontare Trump alle elezioni presidenziali americane del 3 novembre 2020.
- Chi sono i candidati del Partito democratico
- Come funzionano le primarie negli Stati Uniti
- Quante probabilità ci sono che Donald Trump venga rieletto
- Chi può sconfiggere Trump
- Pete Buttigieg, l’outsider da tenere d’occhio
- Michael Bloomberg, il ricco ambientalista
- Elizabeth Warren, la regina della diplomazia
- Bernie Sanders, il socialista che piace ai giovani
- Joe Biden, l’uomo bianco dell’establishment
Chi sono i candidati del Partito democratico e quanto sono popolari stando ai sondaggi
A dire il vero i candidati democratici sono sette: oltre ai cinque già citati ci sono Amy Klobuchar e Tulsi Gabbard. Andrew Young e Michael Bennet si sono ritirati l’11 febbraio; Deval Patrick il 12; Tom Steyer il 29. I sondaggi nazionali, aggiornati al 1 marzo, danno Sanders in testa con il 28,8 per cento, seguito da Biden con il 16,7 per cento e da Bloomberg con il 15,1 per cento. Chiudono la classifica Warren con il 12,3 per cento e Buttigieg con il 10,2 per cento.
Come funzionano le primarie negli Stati Uniti e quali sono le date da segnare in agenda
Quest’ultimo – il più giovane della “top five” – può però vantare una vittoria senz’altro significativa: quella in Iowa, dove il 3 febbraio hanno avuto luogo i primi caucus, ovvero delle riunioni in cui gli elettori esprimono pubblicamente il sostegno a un candidato. Avvengono solo in determinati Stati, mentre nella maggior parte dei casi le preferenze vengono espresse attraverso elezioni tradizionali.
Nell’arco di cinque mesi votano gli abitanti dei cinquanta Stati e dei territori dipendenti (Porto Rico, Guam, isole Marianne settentrionali, isole Vergini, Samoa americane e altre isole minori). Ogni giurisdizione mette in palio un certo numero di delegati, assegnati ai candidati in base ai voti ottenuti alle urne. A vincere è colui o colei che ottiene la metà più uno dei delegati, cioè 1.991.
Il voto in New Hampshire
L’11 febbraio è la seconda data importante con le primarie in New Hampshire, “il quinto Stato americano più piccolo, quello il cui motto è Live free or die e uno dei pochissimi nei quali non è obbligatorio indossare il casco in moto o le cinture di sicurezza in macchina; il primo posto in America a legalizzare i matrimoni gay con una decisione del Congresso locale e non di un giudice; lo Stato che non prevede tasse sul reddito né la sales tax, una specie di iva. Insomma, un posto abitato da persone che non vogliono il governo tra le scatole”, spiega Costa.
Dopo l’Iowa, i risultati in New Hampshire hanno contribuito a sfoltire il numero dei candidati e fornire alcune preziose indicazioni sui loro punti di forza e sulle loro debolezze. Ma hanno anche riservato delle sorprese. Bernie Sanders, che deve un ringraziamento particolare al comizio di Alexandria Ocasio-Cortez del 10 febbraio, ha vinto con una percentuale del 26 per cento, battendo di poco Pete Buttigieg che ha ottenuto il 24 per cento. Amy Klobuchar si è piazzata, inaspettatamente, al terzo posto. Joe Biden invece ha portato a casa un pessimo risultato, raggiungendo appena l’8,4 per cento.
We just won the New Hampshire primary. What we have done together here is nothing short of the beginning of a political revolution. Join us live at our primary night rally in Manchester! https://t.co/OmKd1xIumv
— Bernie Sanders (@BernieSanders) February 12, 2020
Il voto in Nevada
Il 22 febbraio è stata la volta del Nevada, uno degli Stati occidentali, confinante con la California. Anche lì Bernie Sanders ha trionfato, aggiudicandosi il 46,8 per cento dei consensi. Dietro di lui, con uno scarto significativo, si è piazzato Joe Biden, che ha ottenuto il 20,4 per cento dei voti. Pete Buttigieg è arrivato terzo, con il 13,9 per cento. Quarta Elizabeth Warren, al 9,8; dietro di lei Tom Steyer, con il 4,6; a seguire Amy Klobuchar, al 4,2.
Il senatore del Vermont si è quindi confermato il candidato da battere. “Nessuno è riuscito a costruire una campagna dal basso come abbiamo fatto noi”, ha dichiarato. “Abbiamo messo insieme una coalizione multigenerazionale e multirazziale, che non è soltanto destinata a vincere in Nevada ma che travolgerà l’intero Paese”.
Sanders ha finora conquistato gli elettori sotto i trent’anni, ma anche gli over-65 e gli ispano-americani. Mentre Iowa e New Hampshire sono composti per più del 90 per cento da elettori bianchi, in Nevada è decisivo il voto delle persone di discendenza ispanica, che rappresentano il 27 per cento degli abitanti. Dopo Biden, Sanders è anche il secondo candidato preferito dagli afroamericani, i quali costituiscono una fetta importante della popolazione della Carolina del Sud, in cui le primarie hanno luogo il 29 febbraio.
La svolta in Carolina del Sud
Carolina del Sud, East coast. Case color pastello, spiagge, ragazze che si godono il sole pagaiando placidamente in equilibrio sulle loro paddleboard. Le tipiche piantagioni del sud, il profumo dei tortini di granchio, i ricordi della guerra civile. E Joe Biden. È stato lui ad aggiudicarsi la vittoria in un luogo tanto suggestivo, con una percentuale del 48,4 per cento. Bernie Sanders in quest’occasione ha potuto esultare solo in parte, piazzandosi al secondo posto con il 19,9. A seguire Tom Steyer, che ha guadagnato non pochi consensi, tanto da raggiungere l’11,3 per cento: nonostante questo, però, si è ritirato dalle primarie, avendo speso milioni di dollari senza riuscire a fare la differenza. Dietro di lui Pete Buttigieg, all’8,2. Hanno chiuso la classifica Warren, Klobuchar e Gabbard – rispettivamente con il 7,1; il 3,1 e l’1,3 per cento. A questo punto della corsa, Sanders ha 60 delegati, Biden ne ha 53, Buttigieg 26, Warren 8 e Klobuchar 7.
Il Super Tuesday
Martedì 3 marzo è il giorno del famigerato Super Tuesday, il “super martedì” in cui votano contemporaneamente i cittadini di quindici Stati. Michael Bloomberg ha deciso di entrare in gioco solo allora.
Le primarie si concludono a giugno. Ma il vincitore viene ufficialmente nominato candidato alla presidenza del partito nel corso della grande convention che si tiene dal 13 al 16 luglio a Milwaukee, in Wisconsin.
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Quante probabilità ci sono che Donald Trump venga rieletto
Quella persona sfiderà, quasi certamente, Donald Trump. È del tutto improbabile, infatti, che l’unico rimasto dei candidati minori all’interno del Partito repubblicano potrà mettere in discussione la sua ricandidatura. Sicuramente, parte avvantaggiato: “È il bello di essere il presidente in carica. In più l’economia americana va molto bene, la disoccupazione è bassissima – siamo sotto il 4 per cento –; la base elettorale di Trump è estremamente fedele e contenta”, spiega Riccardo Alcaro, coordinatore delle ricerche dell’Istituto affari internazionali (Iai).
“Molti degli scandali che hanno riguardato il magnate newyorchese tendenzialmente uccidono la carriera politica di un membro del Congresso, o anche del presidente americano, invece Trump sembra immune, sembra invulnerabile a questo tipo di scandali. Ricorda la carriera di Silvio Berlusconi in Italia”, aggiunge Alcaro. Solo il tempo svelerà se la procedura di impeachment a cui è stato sottoposto – con le accuse di abuso di potere e ostruzione al Congresso – avranno delle ricadute su di lui. Quel che è certo, però, è che il Senato l’ha scagionato. Com’era prevedibile, visto che è composto in maggioranza da repubblicani.
Ed è altrettanto prevedibile, come scrive il giornalista statunitense Michael Tomasky, che il presidente “porterà avanti una campagna elettorale aggressiva investendo miliardi di dollari, con il sostegno del canale televisivo di destra Fox news, del dipartimento di Giustizia e del governo russo, che dipinge il candidato democratico come estremista e corrotto (con l’aiuto di Facebook, che ha già detto che non verificherà la fondatezza delle affermazioni politiche pubblicate)”. Un po’ com’era accaduto nel 2016. Con l’avvicinarsi dell’election day, l’impatto delle fake news circolanti su Facebook aveva progressivamente superato quello delle notizie proposte dai mezzi di informazione tradizionali. E la maggior parte delle bufale aveva favorito Trump, o screditato Hillary Clinton.
Sempre a proposito di falsità c’è da dire che, nonostante ne abbia come suo solito sparate di grosse, nell’annuale discorso sullo stato dell’unione Mr. Trump ha saputo dimostrare che, “a differenza del Partito democratico, può lanciare un messaggio tanto semplice quanto potente: in soli tre anni, ha risollevato l’America dalla situazione disastrosa in cui, secondo lui, si trovava e l’ha condotta sul sentiero verso un futuro glorioso”, scrive il comitato editoriale del New York Times. “Sfuggito alla strage di cui Trump aveva parlato nel suo discorso d’insediamento, adesso il futuro degli Stati Uniti rifulge sfavillante”. Lui ha saputo incarnare, forse, quello che decine di generazioni hanno rincorso: “il sogno americano”. Chi potrà mai dunque infrangere questo sogno, come la speaker della Camera, Nancy Pelosi, ha fatto con la copia che possedeva del discorso di Trump?
Chi può sconfiggere Trump
Riuscirà nell’impresa chi saprà ricompattare la “coalizione Obama”, secondo Tomasky. Cioè gli afroamericani, gli ispano-americani, i giovani, le donne single laureate e gli abitanti delle grandi città con il 40 per cento dei bianchi non laureati negli Stati in bilico. Che non è cosa facile: serve “la capacità, piuttosto rara in politica, di convincere elettori molto diversi fra loro”. Bisogna essere abili e carismatici, e strutturare campagne elettorali intelligenti “che riescano a superare la tendenza del sistema elettorale a favorire i repubblicani e il fatto che negli Usa il numero di persone che si definiscono conservatrici è molto più alto di quelle che si considerano progressiste”. Ma non solo, e qui viene il bello. Rivolgersi a questo pubblico è una condizione necessaria, ma non sufficiente. È cruciale aprirsi un varco anche fra gli elettori bianchi della classe lavoratrice, quelli a cui lo slogan “Make America great again” piaceva perché a loro di quel che accade all’estero non importa molto o, almeno, non importerà finché non saranno sicuri di riuscire ad arrivare a fine mese.
E non è finita. Perché questo non è un anno come gli altri. Questo è l’anno che apre il decennio per il clima. Entro il 2030 vanno ridotte drasticamente le emissioni di gas serra per evitare un aumento della temperatura che modifichi le condizioni di vita sulla Terra in maniera irreversibile. È bene, quindi, che i candidati democratici dimostrino di avere idee chiare in merito. Se Trump ha sempre cercato di accontentare le lobby del petrolio, forse il suo sfidante potrà provare ad ascoltare le richieste dei giovani che, sull’esempio dell’attivista svedese Greta Thunberg, continuano a manifestare contro l’inazione dei governi di fronte ai cambiamenti climatici. Molti di loro sono attivi anche in politica. Per esempio Daze Aghaji, militante del movimento ecologista Extinction Rebellion, che nel maggio del 2019 si è candidata al Parlamento europeo con la lista Climate and ecological emergency. Tutte queste organizzazioni, fondate da teenager in tutto il mondo, stanno avendo un impatto sull’opinione pubblica e sulle istituzioni, tant’è che molte amministrazioni locali e nazionali hanno dichiarato lo stato di emergenza climatica sotto la pressione di queste nuove “lobby bianche”.
Cerchiamo di capire, quindi, se i cinque candidati favoriti nei sondaggi hanno le carte in regola per superare questa inedita, eccitante sfida.
Pete Buttigieg, l’outsider da tenere d’occhio
Una delle libertà più importanti che ho avuto nella mia vita, la libertà di sposarmi, è dipesa dalle scelte di politici che hanno avuto l’opportunità di decidere per me e per milioni di altre persone.Pete Buttigieg
Data di nascita: 19 gennaio 1982.
Luogo di nascita: South Bend, Indiana.
Segni particolari: è stato sindaco della sua città natale dal primo gennaio 2012 al primo gennaio 2020. Per questo viene affettuosamente chiamato “mayor Pete” – oltre che per evitare di pronunciare il suo difficilissimo cognome (che si legge Boot-edge-edge).
In che modo vuole salvare il Pianeta: coinvolgendo anche quelle tipologie di americani a cui del riscaldamento globale non importa granché. Come piccoli agricoltori e imprenditori, che non si rendono conto di quanto i cambiamenti climatici mettano a rischio le loro attività. O le fasce più deboli, che per colpa dell’insicurezza alimentare vedono aumentare il prezzo dei beni di prima necessità. Buttigieg ha presentato una timeline: entro il 2025, intende raddoppiare la qualità di energia pulita prodotta negli Stati Uniti. Entro il 2040 i mezzi pesanti, le navi, gli aerei dovranno aver azzerato le emissioni nette di gas climalteranti. E dovrà essere stata messa a punto una tecnologia di rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera. Per facilitare il raggiungimento di questi obiettivi, la carbon tax aumenterà. Infine mayor Pete, da sindaco qual è stato per molto tempo, vuole essere vicino alla gente: istituirà degli hub regionali per aumentare la resilienza delle comunità, aiutandole a comprendere i rischi che corrono così da gestirli meglio.
Cosa pensa di armi da fuoco e bombe: che, prima ancora di parlare di gun control – cioè di controllo delle armi –, bisogna parlare di come combattere l’estremismo. Per questo allocherebbe un miliardo di dollari tra le forze dell’ordine, Fbi compreso, per permettere loro di disporre delle risorse necessarie a contrastare “la crescente ondata di violenza dei gruppi nazionalisti bianchi”. Buttigieg ha combattuto in Afghanistan. E non gli è piaciuto. “C’è quest’aura di romanticismo intorno alla guerra. Ma la realtà è che ci sono un sacco di persone della mia generazione che hanno perso la vita, il matrimonio o la salute per colpa di conflitti che avrebbero potuto essere evitati”, ha detto. Ed è lo stesso motivo per cui proibirebbe la vendita di fucili d’assalto. “Io ho imparato ad usare armi simili, che hanno un unico scopo: distruggere quanto più possibile nel minor tempo possibile. Per quale motivo andrebbero usati nei quartieri residenziali?”.
Your health should never be determined by who you are, what you look like, or whom you love. Yet Black Americans are disproportionately impacted by HIV/AIDS. It’s unacceptable. My White House will commit to ending the HIV/AIDS epidemic by 2030: https://t.co/JXjAlsw6vy #NBHAAD pic.twitter.com/TY0spNxiVr — Pete Buttigieg (@PeteButtigieg) February 7, 2020
Come vede l’attuale sistema sanitario statunitense: migliorabile. A differenza dei colleghi/rivali Sanders e Warren che, come vedremo, propongono un piano chiamato Medicare for all, Buttigieg ha lanciato il suo personalissimo Medicare for all who want it. Vuole cioè lasciare ad ogni cittadino libertà di scelta, facendo però in modo che tutti abbiano la possibilità di optare, oltre che per assicurazioni private, per una valida e accessibile alternativa pubblica. Raggiungere un obiettivo simile costerà circa 1.500 miliardi, che mayor Pete pensa di ricavare ripristinando le imposte sulle imprese tagliate da Trump.
Cosa dice degli immigrati: non sono estranei e la politica non deve considerarli tali. Punta infatti a concedere la cittadinanza in tempi brevi agli undici milioni di immigrati senza documenti attualmente negli Stati Uniti. Oltre a quello sull’immigrazione, Buttigieg ha parallelamente presentato dei programmi dedicati agli afroamericani e ai latinoamericani. Il piano Douglass, così chiamato in onore del difensore dei diritti civili Frederick Douglass, è studiato per combattere le discriminazioni razziali che ancora sopravvivono nel Paese, soprattutto all’interno dei sistemi giuridico e sanitario.
Michael Bloomberg, il ricco ambientalista
Il buon venditore può incassare un rifiuto e bussare alla porta successiva convinto che avrà successo. Il grande venditore, invece, bussa di nuovo alla stessa porta.Michael Bloomberg
Data di nascita: 14 febbraio 1942.
Luogo di nascita: Boston, Massachusetts.
Segni particolari: è stato sindaco di New York dal 2002 al 2013. Ed è anche uno degli uomini più ricchi del mondo, perciò non sta badando a spese per la sua campagna elettorale. Last but not least, è il fondatore di C40, uno dei più importanti network in difesa del clima.
In che modo vuole salvare il Pianeta: partendo da Wall Street, un mondo che lui conosce bene dato che ha lavorato per anni nel trading azionario. Bloomberg è il volto della Climate finance leadership initiative, un’iniziativa del settore privato per “sostenere una mobilitazione globale della finanza in risposta alla sfida dei cambiamenti climatici”. Tramite la sua organizzazione benefica, la Bloomberg philanthropies, l’ex primo cittadino di New York investe miliardi di dollari nella tutela dell’ambiente. Ha fondato C40 cities, una rete che connette quasi cento grandi città in tutto il mondo impegnate nella lotta contro il riscaldamento globale. Quando Trump ha comunicato la decisione di portare gli Usa fuori dall’Accordo di Parigi, Bloomberg ha dato vita al movimento We are still in per unire imprenditori e aziende in disaccordo con le posizioni del repubblicano. Possiamo quindi affermare che le sue posizioni sulle tematiche ambientali siano chiare già da tempo. Nel suo programma elettorale definisce alcune strategie per affrontare l’emergenza incendi, ricordando che in California una persona su quattro vive in aree a rischio. E si dice preoccupato per la situazione in cui si trova Porto Rico, dove gli uragani sono sempre più frequenti e distruttivi, tant’è che ha promesso fondi per la sua ricostruzione oltre che per aumentarne la resilienza.
This week I released an agenda to fight climate change by reducing emissions from buildings & vehicles. By targeting our biggest sources of pollution & improving our resiliency against the consequences of climate change, our plan will turn America green. https://t.co/FJcCXQX4Tq pic.twitter.com/YjcfVZAkWW — Mike Bloomberg (@MikeBloomberg) January 18, 2020
Cosa pensa di armi da fuoco e bombe: vanno maneggiate con cura. Non dimentichiamo che dal 2001 al 2007 Bloomberg era tra le file dei repubblicani, sebbene sia sempre stato definito un repubblicano “liberale”. Ad una prima lettura il suo programma sembra ricco di belle parole, che non si capisce in quale misura verranno concretizzate. Leggendo meglio, però, alcuni punti saltano all’occhio: Mike vorrebbe abrogare la legge sulla protezione del commercio legale di armi (Protection of lawful commerce in arms act), che al momento garantisce larga immunità a produttori e rivenditori nelle cause civili. Alzerebbe a ventun anni l’età per acquistare un’arma (in alcuni Stati attualmente basta averne diciotto). Imporrebbe a chiunque dovesse perdere la pistola di segnalarlo alla polizia entro tre giorni. Investirebbe molti soldi nella ricerca e nei programmi di contrasto alla violenza nelle aree più a rischio del Paese. Per quanto riguarda bombardamenti e simili, a gennaio ha detto di non essersi pentito di aver appoggiato l’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti nel 2003. “Una decisione che non ho preso io, certamente sbagliata, ma una scelta compiuta in buona fede”.
Come vede l’attuale sistema sanitario statunitense: contraddittorio. Nonostante i contribuenti paghino uno sproposito per le proprie cure mediche, negli Stati Uniti l’aspettativa di vita è più breve che in altri Paesi sviluppati, mentre la mortalità infantile è più alta. Come Biden, anche Bloomberg intende puntare tutto sull’Obamacare, il cui vero nome sarebbe Patient protection and affordable care act: è uno statuto approvato da Barack Obama che ha incrementato il numero di persone aventi accesso al Medicaid – un programma federale che provvede a fornire aiuti agli individui e alle famiglie con basso reddito – e che consente ai figli di rimanere nel piano assicurativo dei genitori fino a ventisei anni, impedendo inoltre alle compagnie di negare la copertura (o addebitare di più) a causa di condizioni preesistenti.
Cosa dice degli immigrati: che in tutto il Paese dovrebbero sentirsi liberi di avere accesso ai servizi come a New York durante il suo mandato – nonostante un’inchiesta dell’Associated press, meritevole del premio Pulitzer, abbia rivelato che la polizia spiava di nascosto i musulmani per accertarsi che non stessero conducendo attività terroristiche. Difatti per Bloomberg migliorare la sicurezza lungo i confini è fondamentale, anche se questo non deve tradursi nella separazione delle famiglie di migranti. Bisognerebbe invece aumentare gli aiuti ai loro Paesi di provenienza. Personalmente Mike ha fondato l’organizzazione New american economy, che rappresenta oltre cinquecento sindaci e amministratori delegati di tutti gli Stati con l’obiettivo di evidenziare il contributo dell’immigrazione all’economia statunitense.
Elizabeth Warren, la regina della diplomazia
Sono cresciuta in una famiglia che ha quasi perso tutto, ma sono diventata una senatrice perché sono cresciuta in un’America che ha investito nei giovani come me, riuscendo a costruire un futuro per noi.Elizabeth Warren
Data di nascita: 22 giugno 1949.
Luogo di nascita: Oklahoma City, Oklahoma.
Segni particolari: ha ricevuto l’endorsement del New York Times, uno dei quotidiani più importanti d’America. Il comitato editoriale sostiene che la signora Warren abbia saputo emergere come la scelta più forte dell’ala sinistra del Partito democratico, ed elogia il suo “serio approccio verso il processo decisionale”, la sua abilità nello spiegare le proprie idee, il suo impegno nel revisionare le strutture del governo e l’esperienza che può vantare nell’utilizzo degli strumenti del ramo esecutivo.
In che modo vuole salvare il Pianeta: oltre che con un Green new deal, anche con un “Blue new deal”. Crede, infatti, che proteggere gli oceani sia il punto di partenza per uscire dalla crisi climatica, data l’importanza degli stessi nella regolazione della temperatura terrestre. Ha intenzione di promuovere ferocemente le rinnovabili, stanziando duemila miliardi di dollari (circa 1.800 miliardi di euro) per incentivare l’energia pulita prodotta su suolo statunitense, incluso l’eolico offshore. “Quella del clima è una questione troppo urgente per stare a sentire le lamentele dei ricchi che non vogliono che le turbine eoliche possano rovinare la loro vista sull’oceano”. L’obiettivo è anche quello di ristabilire nel settore la supremazia degli Stati Uniti rispetto alla Cina. Warren ha l’ambizione di creare 10,6 milioni di green jobs. E vuole combattere le ingiustizie sul fronte ambientale investendo nelle popolazioni indigene – discriminate nonostante la loro capacità di salvaguardare i territori ancestrali – e nelle comunità più a rischio: uno studio ha dimostrato, infatti, che le famiglie di colore hanno più probabilità dei bianchi di vivere in quartieri caratterizzati da un elevato inquinamento atmosferico.
This moment in history comes to us. You will decide the direction of our country—not for four years, not for eight years—but for generations to come. This is our moment to choose hope over fear, courage over cynicism. This is our moment to dream big, fight hard and win. pic.twitter.com/SWbLSTQB1F — Elizabeth Warren (@ewarren) February 9, 2020
Cosa pensa di armi da fuoco e bombe: provocano troppi morti. Vuole triplicare l’imposta sulla compravendita di armi e aumentare ancor di più quella che viene applicata sulle munizioni. “Nel 2017, almeno 40mila persone sono morte negli Stati Uniti per colpa di fucili e pistole. Il mio obiettivo in qualità di presidente sarà quello di ridurre questo numero dell’80 per cento”, ha dichiarato la senatrice del Massachusetts, che vorrebbe sottoporre anche chi compra online ai controlli predisposti dall’Fbi per verificare l’idoneità di un individuo all’acquisto di un’arma. Per quanto riguarda l’attitudine statunitense alla guerra, Warren ha detto che “rappresenta la conseguenza di un approccio alla politica estera basato sull’idea che le truppe americane possano raggiungere l’impossibile”. Vuole ritirare l’esercito dal Medio Oriente per poi evitare qualunque altro conflitto “inutile, costoso e controproducente”, scegliendo piuttosto la strada della diplomazia.
Come vede l’attuale sistema sanitario statunitense: ingiusto. Vorrebbe introdurre negli Stati Uniti un modello di assistenza sanitaria simile a quello presente in molti paesi europei. Anche Warren, come Sanders, è favorevole ad estendere il Medicare all’intera popolazione americana. Lei ha però descritto in modo dettagliato come andrebbe finanziato il suo programma per evitare di aumentare le tasse alle famiglie della classe media. Questo le dà un vantaggio sull’avversario, il quale ha dovuto ammettere che con il suo piano le tasse per la middle class aumenteranno.
Cosa dice degli immigrati: che per gli Stati Uniti sono vitali da sempre. Tant’è che le piacerebbe abrogare la sezione della legge sull’immigrazione che classifica l’attraversamento illegale del confine statunitense come un reato penale – cosa che ha consentito a Trump di separare molte famiglie di migranti. Punta inoltre ad istituire un “ufficio dei nuovi americani” che possa fornire agli ultimi arrivati, desiderosi d’integrarsi nella società, servizi utili tra cui corsi d’inglese.
Bernie Sanders, il socialista che piace ai giovani
Siamo più forti quando uomini e donne, giovani e anziani, gay ed etero, nativi e immigrati combattono insieme per creare quella nazione che tutti noi sappiamo di poter diventare.Bernie Sanders
Data di nascita: 8 settembre 1941.
Luogo di nascita: Brooklyn, New York.
Segni particolari: la più giovane deputata del Congresso americano, Alexandra Ocasio-Cortez, ha dichiarato di essere dalla sua parte. Lei è nota per aver proposto il Green new deal, un piano per salvare il paese dall’ingiustizia sociale e dalla minaccia del riscaldamento globale.
In che modo vuole salvare il Pianeta: rientrando nell’Accordo di Parigi, tanto per cominciare. Ha in mente di versare duecento miliardi di dollari (circa 182 miliardi di euro) nel Green climate fund, il fondo istituito dalle Nazioni Unite per aiutare i paesi in via di sviluppo a ridurre le proprie emissioni e attuare politiche di adattamento e mitigazione per far fronte al climate change. Dichiarerà lo stato di emergenza climatica, accogliendo così l’appello dei giovani. Vuole promuovere la transizione energetica, garantendo venti milioni di nuovi posti di lavoro anche per proteggere chi sarà costretto a reinventare la propria professione. A tal fine, stanzierà oltre 16mila miliardi (oltre 14mila miliardi di euro). Giusto qualche spicciolo, insomma. Un punto piuttosto interessante, che lo differenzia dagli altri candidati, è che supporterà le piccole aziende agricole a gestione familiare per puntare sull’agricoltura sostenibile.
Today’s young people face the prospect of: ?A planet on fire ?Lower living standards than their parents ?Crushing debt and inequality ?Endless war At this fateful moment, we can change the course of history—if enough ordinary people get engaged in the political process. — Bernie Sanders (@SenSanders) January 28, 2020
Cosa pensa di armi da fuoco e bombe: che si vendono troppi fucili d’assalto. Vuole vietarli. E vuole proibire anche la vendita di caricatori ad alta capacità. Spera di mettere fine ai cosiddetti straw purchases, che consentono agli individui non idonei all’acquisto di un’arma di entrarne in possesso grazie all’intervento di terzi che portano a termine la compravendita al posto loro. E sponsorizzerà le red flag laws, in base alle quali familiari e agenti di polizia possono chiedere ai giudici di revocare temporaneamente il diritto di possedere armi a persone che si siano dimostrate violente o potenzialmente pericolose. E le guerre? Semplicemente crede “siano da evitare a qualunque costo”. Molte persone che conosceva hanno perso la vita in Vietnam, anche per questo ha condannato apertamente Donald Trump in merito alla sua politica interventistica in Iraq: il presidente, lo ricordiamo, ha dapprima incrementato il numero di soldati americani sul fronte; successivamente ha ordinato l’uccisione del generale iraniano Qasem Soleimani, morto il 3 gennaio 2020 in un attacco mirato sull’aeroporto internazionale di Baghdad, alimentando così la sete di vendetta delle forze armate iraniane che sostengono le milizie sciite in Iraq. Allo stesso tempo, Sanders ha dichiarato che, qualora dovesse mettere piede alla Casa Bianca, garantirà più servizi assistenziali ai veterani.
Come vede l’attuale sistema sanitario statunitense: immorale. Promuove il cosiddetto Medicare for all, ovvero propone di estendere il Medicare – il programma di assistenza medica gestito dal governo per ultra65enni e pazienti affetti da precise patologie – a tutta la popolazione. Vuole, inoltre, ampliare la copertura assicurativa in modo che includa prestazioni odontoiatriche, visite oculistiche, esami dell’udito, cura delle malattie mentali e delle dipendenze. Trova inaccettabile il costo delle medicine: vorrebbe limitare la spesa degli americani per i farmaci soggetti a prescrizione medica a duecento dollari l’anno; eventuali eccedenze sarebbero coperte dall’assicurazione sanitaria.
Cosa dice degli immigrati: l’America è fatta per accoglierli, come simboleggia la Statua della libertà che saluta chi attracca nella Grande mela. Il padre di Sanders era un ebreo polacco che migrò negli Stati Uniti a soli 17 anni, “senza soldi e praticamente senza sapere l’inglese. Riuscì a costruire una vita per sé e per la sua famiglia grazie alla determinazione e al duro lavoro”, spiega il figlio. Che definisce Trump “razzista, xenofobo e demagogo”. Al punto che, se diventerà presidente, bloccherà la costruzione del muro al confine col Messico e abrogherà il Muslim ban, che vieta l’ingresso sul territorio statunitense ai cittadini di sette nazioni dalle quali si ritiene possano facilmente arrivare dei terroristi.
Joe Biden, l’uomo bianco dell’establishment
Mio padre mi diceva sempre: ‘Campione, la forza di un uomo non dipende da quante volte viene gettato a terra, ma dalla velocità con cui riesce a rialzarsi’.Joe Biden
Data di nascita: 20 novembre 1942.
Luogo di nascita: Scranton, Pennsylvania.
Segni particolari: è stato vicepresidente degli Stati Uniti d’America dal 2009 al 2017, durante i due mandati di Barack Obama.
In che modo vuole salvare il Pianeta: promuovendo la rivoluzione dell’energia pulita e la giustizia climatica. Secondo lui, sfruttando i talenti che popolano gli Stati Uniti e l’ineguagliabile innovazione americana, si potrà trasformare la minaccia del riscaldamento globale in un’opportunità per rilanciare il settore energetico e dare impulso alla crescita economica. Mira a rendere l’America una “superpotenza energetica”. Sfrutterà il sistema degli appalti pubblici per arrivare ad alimentare la nazione interamente grazie ad energia rinnovabile e per promuovere la diffusione di veicoli elettrici. La transizione partirà dagli uffici governativi. Imporrà limiti stringenti sulle emissioni di metano, un gas serra che, sebbene venga immesso nell’atmosfera in misura minore, è 86 volte più “potente” della CO₂. Cercherà di ridurre l’inquinamento atmosferico prodotto dal settore dei trasporti assicurandosi che vengano messe in pratica e migliorate le disposizioni contenute nel Clean air act. Lavorerà affinché gli Stati Uniti arrivino a produrre zero emissioni nette entro il 2050. Richiederà alle società pubbliche di rivelare i rischi per il clima e le emissioni di gas climalteranti nelle loro operazioni e catene di approvvigionamento. Proteggerà aree protette che Trump ha messo in pericolo, come l’Arctic national wildlife refuge. Al momento, il suo sembra essere uno dei programmi più concreti per quanto concerne l’ambiente.
Cosa pensa di armi da fuoco e bombe: la National rifle association è il nemico. Parliamo dell’organizzazione che negli Stati Uniti agisce in favore dei detentori di armi da fuoco. Biden l’ha fronteggiata due volte, uscendone sempre vincitore. Nel 1993 è stato promotore al Congresso del Brady hundgun violence prevention act, una delle più importanti leggi sul controllo delle armi, ovvero quella che ha dato vita al sistema di background checks che gli acquirenti di armi devono necessariamente superare. Nel 1994 ha garantito, insieme alla senatrice Dianne Feinstein, l’approvazione di un divieto della durata di dieci anni sui fucili d’assalto e sui caricatori ad alta capacità. Promette che da presidente non avrà paura di confrontarsi nuovamente con la Nra. Nel 2002, tuttavia, era fra i 77 senatori che hanno permesso a George Bush di usare la forza in Iraq. Una scelta che sta tuttora tentando di spiegare. Una decisione che dimostrerebbe la sua vera essenza, come scrivono Katie Glueck e Thomas Kaplan del New York Times: “Quella del dealmaker, incline al compromesso bipartisan”. Una dote ammirata dai sostenitori, che gli oppositori sostengono abbia invece alterato il suo giudizio in diverse occasioni.
Come vede l’attuale sistema sanitario statunitense: riequilibrato dall’intervento di Barack Obama. Biden ha l’ambizione di partire dall’Obamacare, la più grande riforma della sanità negli Stati Uniti avvenuta nel 2010, per poi aggiungere dei tasselli: dare la possibilità ad ogni cittadino di scegliere un’opzione di assistenza pubblica oltre che privata, e non solo a determinate categorie; aumentare il valore dei crediti d’imposta per abbassare i premi ed estendere la copertura a più lavoratori; concedere alle famiglie della classe media un credito d’imposta premium per aiutarle a pagare la copertura. Infine, ha incluso nel suo programma elettorale un piano per contrastare la violenza sulle donne.
One of the most important issues we face as a nation is ensuring affordable, accessible health care. There’s work to do, but that doesn’t mean starting from scratch. It means protecting and building on Obamacare. #DemDebate pic.twitter.com/7J4nC6ZUGX — Joe Biden (Text Join to 30330) (@JoeBiden) February 8, 2020
Cosa dice degli immigrati: la maggior parte degli americani può trovare, ripercorrendo la storia della propria famiglia, una scelta. La scelta di lasciare tutto ciò che era familiare per andare alla ricerca di nuove opportunità e di una nuova vita. Per Biden, l’immigrazione è essenziale per definire l’identità degli Stati Uniti, i valori fondamentali del Paese e le sue aspirazioni per il futuro. E questo deve riflettersi nelle politiche sull’immigrazione. Per questo il vice di Obama vorrebbe riprendere da dov’è stato interrotto, ripristinando il “rinvio per arrivi in età infantile”: un atto che permetteva di rinviare di due anni o più l’espulsione dei minori entrati nel Paese illegalmente, che Trump ha cancellato.
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