A partire dal 2012, il Regno Unito ha istituito un meccanismo per riconoscere e tutelare gli spazi verdi locali.
Nell’arco di dieci anni ne sono stati creati 6.515. Solo una sparuta minoranza, però, si trova nei quartieri urbani più poveri.
L’ente di beneficenza Cpre fa notare che questo è l’ennesimo specchio delle disuguaglianze sociali. E che il verde urbano è fondamentale per garantire a tutti l’accesso alla natura.
A partire dal 2012, il Piano di governo del territorio del Regno Unito prevede un meccanismo per riconoscere gli spazi verdi locali che hanno un’importanza strategica per i residenti e proteggerli dalle mire dei costruttori, come se fossero parchi nazionali. Questo su iniziativa della cittadinanza stessa. Uno strumento che ha funzionato, ma fino a un certo punto. Perché i quartieri più poveri ne sembrano sistematicamente tagliati fuori.
Gli spazi verdi rispecchiano le disuguaglianze
A dieci anni dal debutto di questa particolare forma di designazione e tutela degli spazi verdi locali, l’ente di beneficenza Cpre ha voluto farne un bilancio. Ne sono stati creati 6.515 che si estendono su un totale di 120 chilometri quadrati, all’incirca come la città di Napoli. Il 63 per cento non raggiunge l’ettaro di estensione; per avere un termine di paragone, un campo da calcio corrisponde a 0,7 ettari.
Poorer, urban areas in England are the least likely to have protected local green spaces, despite the fact they need them the most, say @CPRE 🏞️ #LevellingUp
Our analysis last year found that the poorest communities lack decent access to green space 🌳https://t.co/qbimSS9p6D
Questi 6.515 spazi verdi, sottolinea però il quotidiano Guardian, sono quasi tutti nelle regioni più benestanti del Regno Unito. Pochissimi sono collocati nelle aree urbane più povere. Nello specifico, nel ricco sudest ci sono 11,9 spazi verdi locali ogni 100mila abitanti, nel nord solo 5,9. Birmingham, Manchester e Liverpool sono a quota zero. L’idea originaria era quella di istituirli laddove ce n’era più bisogno, ma non sempre è stato così. Il 55 per cento infatti si trova nelle zone rurali, la cui popolazione ha già ampio accesso alla natura. Al contrario, sui 100 enti locali che si distinguono per la carenza di parchi, soltanto in 38 ne è stato istituito almeno uno.
I parchi nazionali non bastano, serve il verde urbano
Di per sé questo sistema è prezioso soprattutto perché sono i cittadini, in prima persona, a “candidare” i polmoni verdi a cui tengono particolarmente, per assicurarsi che non vengano sacrificati per fare spazio al cemento. Crispin Truman, a capo di Cpre, fa tuttavia notare un’ingiustizia. “Più sei povero e più il tuo quartiere è già privato della natura, meno è probabile che tu abbia uno spazio verde locale protetto”. Dall’altra parte dell’Oceano, uno studio pubblicato nella rivista scientifica Plos one aveva raggiunto una conclusione molto simile: il 92 per cento dei quartieri a basso reddito delle grandi aree urbane statunitensiha meno alberi rispetto a quelli ad alto reddito, il che contribuisce anche ad innalzare la temperatura media.
Da qui l’appello di Cpre al governo britannico: fare in modo che ogni quartiere possegga, in piccolo, l’equivalente di un parco nazionale. “Giustamente, i nostri iconici parchi nazionali sono celebrati e tutelati. Ma più volte le ricerche hanno dimostrato che non sono accessibili a tutti; e, in particolare, le fasce più povere della società ne traggono i benefici minori”, conclude Truman. “Ecco perché la protezione dei nostri parchi locali e dei nostri spazi verdi dovrebbe diventare una priorità nazionale, in modo tale che tutti abbiano accesso ai benefici della natura, indipendentemente da dove vivono.”
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