Raccolta differenziata

Stati Uniti, cosa c’è di sbagliato nell’esportazione di rifiuti elettronici

Spinti da un’implacabile sete di tecnologia, gli americani continuano a comprare nuovi dispositivi e a buttare via quelli vecchi che diventano quindi rifiuti elettronici tossici. Mentre alcune aziende dimostrano di essere etiche e responsabili riciclando all’interno dei confini nazionali malgrado i costi elevati e i profitti bassi, molte altre, interessate più al guadagno che alla tutela

Spinti da un’implacabile sete di tecnologia, gli americani continuano a comprare nuovi dispositivi e a buttare via quelli vecchi che diventano quindi rifiuti elettronici tossici. Mentre alcune aziende dimostrano di essere etiche e responsabili riciclando all’interno dei confini nazionali malgrado i costi elevati e i profitti bassi, molte altre, interessate più al guadagno che alla tutela dell’ambiente, decidono di esportarli nei paesi in via di sviluppo per risparmiare.

 

Perché gli Stati Uniti esportano rifiuti elettronici

Dato che il prezzo di rivendita dei materiali estratti con il riciclo è diminuito considerevolmente negli ultimi anni, le aziende tecnologiche preferiscono spedire i propri rifiuti elettronici nei paesi in via di sviluppo per evitare di smaltirli internamente a prezzi più alti. Le imprese statunitensi che fanno la raccolta differenziata devono far fronte a costi sempre più elevati per smaltire vecchi dispositivi elettrici ed elettronici (i nostri “raee”) in modo sicuro. Per questo stanno perdendo affari rispetto alle aziende che spediscono i propri rifiuti tecnologici oltreoceano o li lasciano nei magazzini invece che trattarli, spiega Robert Houghton, amministratore delegato della la Hugo Neu recycling and Sage sustainable electronics.

I pericoli dello smaltimento improprio di rifiuti elettrici ed elettronici

Il piombo, il mercurio e il cadmio che si trovano in molti oggetti tecnologici possono avvelenare chi li maneggia, infiltrarsi nel terreno e nelle falde acquifere e contaminare l’aria se vengono bruciati. La Basel Action Network è un’organizzazione che prende il nome dalla Convenzione di Basilea delle Nazioni Unite del 1989 ed è stata creata da Jim Puckett nel 1997 con lo scopo di fermare l’esportazione di rifiuti pericolosi. La sua indagine più recente consiste nel tracciare via gps la destinazione finale dei vecchi dispositivi elettronici pericolosi. Da questa è risultato che la multinazionale Dell e l’organizzazione no profit Goodwill esportano rifiuti elettronici in molti paesi asiatici rendendo impossibile la vita a chi vuole riciclare in modo corretto. Per dirla con le parole di Puckett: “I rifiuti elettronici nel complesso non valgono niente”.

 

Grazie a una scorciatoia gli Stati Uniti riescono a esportare i rifiuti elettronici

Anche se in molti stati americani esistono leggi sullo smaltimento e sull’esportazione di rifiuti elettronici, solo il governo federale ha il potere di ridurle. Stranamente negli Stati Uniti non è proibito spedire all’estero i rifiuti elettronici perché è l’unico paese industrializzato a non aver ratificato la Convenzione di Basilea sui rifiuti pericolosi. I rifiuti speciali americani spesso vanno a finire in Cina, in India e in Ghana, anche se in queste nazioni non si potrebbe importare questo tipo di rifiuti. I raee vengono venduti nei porti e coloro che li acquistano rischiano l’intossicazione nella speranza di accaparrarsi qualche soldo extra. Purtroppo solo il 25 per cento di questi oggetti esportati viene riparato e riutilizzato.

 

Le quantità di rifiuti elettronici sono insostenibili

Secondo l’Agenzia americana per la protezione dell’ambiente (Epa), gli Stati Uniti hanno generato 3,14 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici nel 2013 e ogni famiglia possedeva in media 28 dispositivi elettronici. Le Nazioni Unite hanno rivelato che nel 2014 solo il 16 per cento dei rifiuti elettronici del mondo vengono riciclati. Il Resource conservation and recovery act promuove l’autogestione, l’esportazione e lo smaltimento di rifiuti pericolosi; tuttavia l’Epa classifica molti rifiuti elettronici come “non pericolosi” a eccezione dei tubi catodici a vetro piombato usati nei vecchi modelli di televisori e nei monitor dei computer.

L’esempio di Apple

Come ha dichiarato Jim Puckett, la Apple è una delle aziende tecnologiche più responsabili dal punto di vista del riciclo. Il report annuale sulla responsabilità ambientale mostra che nel 2015 la Apple ha riciclato una quantità di scarti che equivale al 71 per cento del peso totale del merchandise venduto dalla multinazionale negli ultimi sette anni e ha tolto scarti elettronici dalle discariche per più di 40 milioni di chili. La Apple lavora con oltre 160 aziende di riciclo in tutto il mondo che seguono standard ambientali, di salute, di sicurezza e responsabilità sociale rigorosi.

 

Attivisti Greenpeace
Gli attivisti di Greenpeace protestano contro i rifiuti elettronici fuori dalla sede della Hewlett Packard a Pechino, Cina © Natalie Behring/Greenpeace via Getty Images

Come fare scelte responsabili

La maggior parte delle aziende tecnologiche fabbricano nuovi dispositivi invece di realizzare smartphone e altri prodotti più duraturi, meno tossici e più facili da riparare. Dati i prezzi relativamente bassi dei prodotti elettronici, gli utenti preferiscono averne di nuovi e non riciclati. Questo non fa altro che peggiorare il problema dei rifiuti speciali. Ma si può scegliere di comprare solo dispositivi realizzati in modo sostenibile o di smaltire vecchi apparecchi portandoli in depositi per il riciclo certificati dal programma e-Stewards che rispetta la Convenzione di Basilea.

Tradotto da

Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.

Articoli correlati
Sommersi dalla plastica, ecco gli effetti del blocco cinese

Una bomba ecologica pronta ad esplodere. Il blocco cinese all’importazione dei rifiuti, che fino a gennaio 2018 assorbiva il 72,4 dei rifiuti plastici esportati dai paesi di tutto il mondo, potrebbe avere effetti peggiori del previsto: entro il 2030 rischiamo di essere sommersi dalla plastica e di non sapere come gestirla. Nel frattempo nascono nuove