La riforma del sistema di scambio delle quote di emissione (Ets) incassa il sì del Parlamento europeo

Il sistema di scambio delle quote di emissione dell’Unione europea (Eu Ets) diventa più ampio e più severo. È quanto ha deciso il Parlamento europeo.

  • Il 18 aprile il Parlamento europeo ha approvato cinque leggi che fanno parte del pacchetto “fit for 55”.
  • La riforma del sistema di scambio delle quote di emissione (Ets) prevede di eliminare le quote gratuite e includere il trasporto marittimo.
  • Ci sarà un Ets II per per i carburanti per trasporto su strada e per gli edifici.
  • Il Parlamento europeo ha approvato il meccanismo di adeguamento della CO2 alle frontiere.
  • Prende il via nel 2026 il Fondo sociale per il clima per sostenere le fasce più vulnerabili della popolazione.

Il sistema di scambio delle quote di emissione dell’Unione europea (Eu Ets) cambia volto. Diventa più ampio, con l’inclusione del settore marittimo e il debutto di un Ets II per il trasporto su strada e per gli edifici. E diventa anche più severo, eliminando gradualmente le quote gratuite. È quanto ha deciso il Parlamento europeo che, riunito in seduta plenaria martedì 18 aprile, ha approvato in via definitiva cinque diverse leggi che fanno parte del pacchetto “fit for 55”. Ora manca il via libera formale da parte del Consiglio: dopodiché, i testi saranno pubblicati sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea ed entreranno in vigore 20 giorni dopo.

Cos’è il sistema di scambio delle quote di emissione (Ets)

Il sistema di scambio delle quote di emissione dell’Unione europea (Eu Ets) è il più grande mercato regolamentato della CO2 nel mondo. Si basa su un meccanismo chiamato appunto emission trading, introdotto dal Protocollo di Kyoto nel 2005. Le imprese che emettono grandi quantità di CO2 comprano dei carbon credits per compensarle (carbon offsetting); a vendere questi crediti è chi, viceversa, abbatte le proprie emissioni o assorbe gas serra. In questo modo, ridurre il proprio impatto sul clima diventa una scelta conveniente anche dal punto di vista economico.

L’Eu Ets è stato avviato nel 2005. Coinvolge i 27 paesi dell’Unione più Islanda, Liechtenstein e Norvegia. Ne fanno parte oltre 10mila centrali energetiche e impianti industriali e le compagnie aeree che collegano tali paesi, rappresentando quindi circa il 40 per cento delle emissioni di gas serra dell’Unione. Per via di un principio chiamato cap and trade, il sistema fissa un tetto alla quantità massima di CO2 che questi impianti possono emettere. Un tetto che, di anno in anno, si abbassa. Questo ha fatto sì che, tra il 2005 e il 2019, gli impianti coperti dallo schema siano riusciti a sforbiciare le proprie emissioni di circa il 35 per cento.

prezzo della co2, transizione ecologica
L’imposizione di un prezzo alla CO2 è un incentivo alla transizione ecologica © Jens Schlueter/Getty Images

Il pacchetto fit for 55

La tabella di marcia iniziale puntava a far scendere le emissioni del 43 per cento entro il 2030. Ma questo non è più sufficiente, considerato che la legge sul clima pone l’obiettivo – vincolante per tutti i 27 stati – di ridurre le emissioni di gas serra “almeno del 55 per cento” entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Per concretizzarlo, la Commissione ha messo a punto un ambizioso pacchetto, chiamato proprio fit for 55, che coinvolge pressoché qualsiasi ambito del sistema economico. Ne fa parte, per esempio, il divieto di vendere auto nuove a benzina e diesel a partire dal 2035.

Come cambierà il sistema Ets

Nella giornata del 18 aprile, il Parlamento europeo ha detto sì proprio a cinque leggi che rientrano nel pacchetto fit for 55, a loro volta già frutto di negoziati tra gli stati.

Addio alle quote gratuite

Il sistema Ets diventa più ambizioso, perché prevede di ridurre le emissioni dei settori interessati del 62 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005, cioè l’anno in cui è entrato in vigore. Tra il 2026 e il 2034 verranno gradualmente eliminate le quote gratuite per le imprese: ciò significa, in sintesi, che emettere gas serra in atmosfera avrà sempre un costo

Aviazione

Un capitolo importante riguarda i voli aerei. Nel 2017 le loro emissioni dirette rappresentavano il 3,8 per cento del totale dell’Unione. Un’incidenza che arriva al 13,9 per cento sul totale dei trasporti; soltanto quelli su strada sono più impattanti. Finora ci sono stati dei miglioramenti, dovuti sia alle nuove tecnologie (la quantità di carburante per passeggero è scesa del 24 per cento tra il 2005 e il 2017) sia allo stesso sistema Eu Ets (che ha contribuito a ridurre la carbon footprint di oltre 17 milioni di tonnellate all’anno). Con la riforma votata dall’Eurocamera, nel settore dell’aviazione le quote gratuite saranno dismesse ancora prima rispetto alla tabella di marcia generale, già entro il 2026. Lo scopo è quello di incentivare l’uso di carburanti ecologici.

Trasporto marittimo

Nel sistema Ets entrerà inoltre un altro settore che finora era stato escluso, cioè il trasporto marittimo. Pur essendo uno dei sistemi di trasporto più efficienti in termini energetici, le sue dimensioni gigantesche fanno sì che il suo impatto sul clima sia comunque rilevante. E in crescita. A livello europeo si parla di oltre 144 milioni di tonnellate di CO2 nel 2019, cioè il 3-4 per cento delle emissioni complessive del Continente.

Nave trasporto marittimo
La transizione energetica del comparto marittimo passa attraverso l’impiego di carburanti alternativi © IMO

Il nuovo Ets II per trasporto su strada ed edifici

Ma perché tutta questa attenzione verso i trasporti? Perché il Green Deal europeo prevede di abbattere del 90 per cento le loro emissioni entro il 2050. Solo così sarà possibile raggiungere la carbon neutrality, cioè azzerare le emissioni nette del Continente. Si spiega così anche un’altra delle significative novità volute dal Parlamento europeo: la creazione di un nuovo sistema Ets II per i carburanti per trasporto su strada e per gli edifici. Alle emissioni di questi due settori sarà associato un prezzo a partire dal 2027, con la possibilità di rinvio di un anno se i prezzi dell’energia saranno “eccezionalmente elevati”.

Sì al meccanismo di adeguamento della CO2 alle frontiere

Con 487 voti favorevoli, 81 contrari e 75 astensioni, il Parlamento ha detto sì anche alle norme sul nuovo meccanismo di adeguamento della CO2 alle frontiere (Cbam). Si tratta di una sorta di dazio doganale che vuole evitare che l’Unione europea sia inondata di prodotti a basso prezzo importati dall’estero, dove le regolamentazioni sul clima sono meno stringenti. Nel concreto, le aziende importatrici dovranno comunicare la quantità di emissioni associate alle merci alla frontiera. Dopodiché, dovranno acquistare carbon credits per pareggiare il prezzo che avrebbero pagato per produrre quegli stessi beni entro i confini dell’Unione.

Anche questo meccanismo verrà introdotto per gradi fra il 2026 e il 2034, in parallelo con l’eliminazione alle quote di emissione gratuite nell’Ets. Si inizia con alcuni settori ritenuti critici: ferro, acciaio, cemento, alluminio, fertilizzanti, elettricità, idrogeno ed “emissioni indirette in determinate condizioni”. Dopodiché, la Commissione valuterà se estendere tale requisito ad altri beni, come i prodotti chimici organici e i polimeri. L’obiettivo è di arrivare entro il 2030 a coprire tutti i settori già inclusi nel mercato Ets.

Cos’è il Fondo sociale per il clima

L’ultima misura approvata dagli europarlamentari è l’istituzione, a partire dal 2026, di un Fondo sociale per il clima “per garantire una transizione climatica equa e socialmente inclusiva”. Una volta pienamente operativo, avrà un budget stimato di 86,7 miliardi di euro. La maggior parte (fino a 65 miliardi) arriverà dai proventi delle quote di emissione messe all’asta, all’interno del nuovo sistema Ets II. Il resto invece sarà coperto da risorse nazionali.

Sarà il primo fondo dell’Unione europea dedicato a contrastare la povertà energetica, supportando famiglie in condizioni di difficoltà economica, utenti dei trasporti e microimprese. Di fatto, introdurrà agevolazioni per permettere anche a questi utenti più vulnerabili di fare a meno dei combustibili fossili e passare a fonti pulite per la propria casa e i mezzi di trasporto. La sua adozione “rappresenta una pietra miliare verso un’integrazione più sistematica della dimensione sociale all’interno delle politiche climatiche dell’Unione”, sostiene un comunicato congiunto di 17 ong. Le organizzazioni criticano però la scelta di ridurre la quota di finanziamento da parte degli Stati: così facendo, sostengono, il budget rischia di rivelarsi troppo risicato.

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