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Ruth Bader Ginsburg, che ha lottato tutta la vita per l’emancipazione femminile, si è spenta a 87 anni. Resterà un simbolo per gli Stati Uniti e non solo.
Una supereroina con la toga. Ruth Bader Ginsburg, giudice della corte suprema statunitense dal 1993, è morta il 18 settembre a Washington all’età di 87 anni, dopo una lunga battaglia contro un tumore al pancreas.
“Il nostro paese ha perso una giurista di grandezza storica”, ha dichiarato John Roberts, giudice capo della corte suprema. “Era una paladina per l’uguaglianza di genere”, ha aggiunto Barack Obama, già presidente degli Stati Uniti.
Ginsburg era nata nel 1933 a Brooklyn, un quartiere di New York, da genitori ebrei emigrati dalla Russia. “Mia madre mi ha insegnato a essere una signora”, era solita raccontare. “Ma per lei essere una signora significava essere se stessa, e totalmente indipendente”. Un mantra che la figlia non ha mai smesso di ripetersi, riuscendo ad approdare alla prestigiosa università di Harvard per studiare legge, accusata di “aver occupato il posto di un uomo”, e facendosi largo fra migliaia di avvocati di sesso maschile fino a vedersi aprire le porte della corte suprema, diventando così la seconda donna della storia a ricoprire quel ruolo.
Ha combattuto contro colleghi che non credevano che la discriminazione sessuale esistesse, portando avanti cause che hanno permesso di compiere grandi passi avanti nel percorso verso l’emancipazione femminile. Basti pensare che negli anni Sessanta le ragazze potevano essere licenziate perché aspettavano un figlio, mentre lo stupro da parte del coniuge non era considerato un reato perseguibile. Nel 1972 Ginsburg ha fondato il Women’s rights project, associazione chiave nella difesa dei diritti delle donne.
Nel tempo, Ruth Bader Ginsburg – RBG – è diventata una vera e propria icona, tanto che il suo volto e le sue citazioni sono stampati su tazze, magliette, gadget. Il suo ritratto è fra i tatuaggi più richiesti dagli studenti di diritto di Washington, sede della corte suprema, dove migliaia di persone si sono radunate per lasciare fiori e biglietti.
“Il mio più fervente desiderio è di non venire sostituita fino a quando non si sarà insediato il nuovo presidente”, ha rivelato Ginsburg alla nipote prima di morire. Considerava l’attuale presidente Donald Trump “un impostore”. Lui potrebbe decidere di sostituirla con qualcuno che abbia idee molto più conservatrici.
A lei sono dedicati il documentario RBG e il film Una giusta causa. In mezzo alle proteste contro la discriminazione razziale, a meno di due mesi dalle elezioni, gli Stati Uniti come tutto il mondo avevano bisogno di una persona come lei. Ora quel che conta è che il suo messaggio non vada perduto e resti scolpito nei cuori di chi l’amava, oltre che sulla pelle dei giovani avvocati che continuerà ad ispirare per generazioni.
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