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Da tre anni i numeri della fame del mondo non accennano a diminuire e non si registrano passi avanti verso gli obiettivi di sostenibilità per il 2030.
Una lunga ricerca del Rodale Institute dimostra che l’agricoltura biologica migliora il suolo, garantisce una resa maggiore in caso di eventi climatici estremi ed è più redditizia per gli agricoltori.
I sistemi di agricoltura biologica eguagliano o superano la produzione convenzionale in termini di rendimento, fornendo al contempo una serie di vantaggi agronomici, economici e ambientali per gli agricoltori, i consumatori e la società: è quanto dimostrano i risultati del Farming systems trial (Fst) un progetto di ricerca del Rodale Institute inaugurato nel 1981 e condotto per più di 40 anni che è attualmente lo studio più significativo sull’agricoltura biologica mai realizzato.
La ricerca si è svolta sul campo, attraverso analisi scientifiche che hanno documentato l’impatto di diverse pratiche agricole su cinque ettari terreno, divisi in 72 appezzamenti, coltivati a cereali, situati nei pressi del Rodale Institute a Kutztown, in Pennsylvania. In particolare, il Farming systems trial ha messo a confronto tre sistemi agricoli fondamentali: un sistema convenzionale basato su input chimici, ovvero azoto sintetico per favorire la fertilità ed erbicidi chimici di sintesi per controllare le erbe infestanti; un sistema biologico basato su legumi, con le colture di copertura di leguminose come fertilizzanti e la rotazione delle colture come principale linea di difesa contro i parassiti; un sistema biologico basato su letame, con colture di copertura di leguminose e applicazioni periodiche di letame come fertilizzanti e con la rotazione diversificata delle colture come difesa contro i parassiti.
Nello specifico, i risultati dello studio mostrano che i terreni gestiti in biologico hanno migliori capacità di trattenere l’anidride carbonica e tenerla fuori dall’atmosfera e che l‘infiltrazione dell’acqua è significativamente più veloce con la gestione organica a lungo termine rispetto alle pratiche convenzionali. Secondo i dati raccolti, inoltre, i sistemi biologici hanno una resa pari a quella dei sistemi convenzionali, e ancor di più in condizioni meteorologiche estreme: in caso di siccità, per esempio, la resa complessiva del mais biologico è stata del 31 per cento superiore alla produzione convenzionale. Per quanto riguarda, infine, l’analisi del lavoro, dei costi, dei rendimenti e dei rischi per i tre sistemi, risulta che il sistema del letame organico è il più redditizio per gli agricoltori.
“Mentre semi ogm e input chimici causano danni ai nostri suoli e ne inibiscono la vitalità a lungo termine, il suolo negli appezzamenti biologici diventa più sano anno dopo anno, i costi sono inferiori e i rendimenti netti delle colture sono più elevati”, ha affermato Jeff Moyer, chief executive officer del Rodale Institute. “Davanti a noi vediamo l’agricoltura biologica rigenerativa come soluzione ai molti problemi ambientali, economici e sociali che affliggono il mondo”.
Secondo il Rodale Institute, lo studio dimostra in modo chiaro e coerente che le pratiche convenzionali portano inevitabilmente al degrado del suolo e a rendimenti decrescenti per gli agricoltori; al contrario, una gestione biologica tutela la salute dei suoli, le colture, l’ambiente e gli agricoltori ed è la strada da seguire per garantire un futuro sano alle persone e al pianeta.
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