Siria. Almeno 373 morti dopo l’attacco dello Stato islamico a una prigione

I combattimenti in Siria tra miliziani dello Stato islamico e la coalizione a guida curda sono andati avanti per sei giorni, con un bilancio drammatico.

  • Il 20 gennaio lo Stato islamico ha assaltato e conquistato la prigione di Ghwayran per liberare i jihadisti detenuti.
  • La reazione delle Forze democratiche siriane non si è fatta attendere e i combattimenti sono andati avanti per sei giorni.
  • Alla fine la coalizione a guida curda ha ripreso il controllo della struttura, com un bilancio finale di 373 morti.

In Siria la guerra non accenna a fermarsi. I combattenti dello Stato islamico hanno assaltato la prigione di Ghwayran, dove si trovano detenuti migliaia di jihadisti.  La reazione delle Forze democratiche siriane, composte essenzialmente da curdi, non si è fatta attendere e i combattimenti sono andati avanti per giorni. Ora è tornata la calma e l’Osservatorio siriano dei diritti umani (Osdh) è riuscito a stilare un primo bilancio degli scontri: 373 morti, un numero destinato a salire.

Un campo profughi in Siria
Un campo profughi in Siria © Chris McGrath/Getty Images

L’attacco alla prigione

Il 20 gennaio un’autobomba ha colpito l’ingresso della prigione di Ghwayran, una struttura nel nord-est del paese controllata dai curdi. Poco dopo altre esplosioni hanno interessato l’edificio, dove si trovano detenuti circa 3.500 jihadisti. Le Forze democratiche siriane (SDF), un’alleanza militare a guida curda, sostenuta dagli Stati Uniti e di presidio alla prigione, ha addossato la responsabilità dell’attacco a miliziani dello Stato islamico, aventi come obiettivo la liberazione di loro compagni combattenti. 

Dopo gli attentati i jihadisti sono passati all’attacco sul terreno e sono riusciti a prendere il controllo della prigione. Era dal 2019, quando il califfato islamico dell’Isis ha perso l’ultimo avamposto nell’est del paese, Baghouz, uscendo di fatto sconfitto dalla guerra, che i jihadisti non effettuavano un attacco così su larga scala. Molti combattenti sono stati liberati, mentre 850 minori reclusi sono stati presi in ostaggio dai miliziani.

La reazione delle Forze democratiche siriane non si è però fatta attendere: da una parte hanno effettuato raid aerei contro i miliziani, dall’altra hanno cercato di forzare il blocco davanti alla prigione, estendendo gli attacchi anche al quartiere di Zuhour, divenuta la base operativa delle operazioni dello Stato islamico a Ghwayran. I combattimenti sono andati avanti per giorni e l’alleanza curda si è anche spesa per bloccare l’evasione di decine di jihadisti (alcuni sono riusciti a scappare). Dopo una settimana la coalizione anti-Isis è riuscita a riprendere il controllo della prigione e a riportare la calma nell’area. Almeno mille prigionieri dell’Isis si sono arresi.

In Siria si continua a morire

Secondo l’Osservatorio siriano dei diritti umani (Osdh), durante gli scontri ci sarebbero stati almeno 373 morti: 268 jihadisti, 98 miliziani curdi e 7 civili. Un bilancio destinato a peggiorare, dal momento che ci sono aree dell’enorme prigione di Ghwayran che non sono state ancora scandagliate a sufficienza. Un portavoce delle Forze democratiche siriane ha detto che tutti gli ostaggi sono stati liberati. Ma la situazione nell’area resta critica: l’Unicef ha denunciato che le violenze hanno costretto quasi 45mila persone nella zona a fuggire, la maggior parte donne e bambini.

La guerra in Siria sta per compiere il suo undicesimo anno. Nel 2021 sono morte almeno 3.700 persone, dall’inizio del conflitto invece la quota dei decessi per l’Onu ha toccato quota 350mila ma l’Osservatorio siriano dei diritti umani parla addirittura di 500-600mila, considerando anche i decessi per conseguenza indiretta della guerra.

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