Chi inquina paghi. Una petizione per tassare le emissioni di CO2

Stop Global Warming è la campagna per tassare la CO2, ideata da Marco Cappato e sostenuta da migliaia di scienziati. Tra i testimonial anche Nina Zilli.

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Ridurre le tasse sul lavoro facendo pagare le emissioni inquinanti per contrastare i cambiamenti climatici. È questo l’obiettivo della campagna Stop Global Warming, partita lo scorso 22 aprile, in occasione della Giornata della Terra, per dare concretezza a ciò che scienziati ed economisti dicono da tempo.

Ovvero che il modo più efficace per frenare il riscaldamento globale (e tentare di limitare l’aumento della temperatura media globale a 1,5 gradi, entro la fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali) è imporre un prezzo sulle emissioni della sua principale responsabile: la CO2. Una tesi sostenuta anche da un manifesto firmato da 27 premi Nobel e altri esperti, in cui si dimostra come il meccanismo porterebbe anche a un’accelerazione nell’innovazione tecnologica al servizio della transizione energetica.

Più di una petizione

“Sono molti anni che gli economisti sostengono l’importanza di usare le tasse per disincentivare le emissioni di CO2, spostandole dal lavoro al consumo delle risorse ambientali. Un principio molto semplice e banale, con il quale sembrerebbe difficile non essere d’accordo”, spiega Marco Cappato, ex europarlamentare e coordinatore politico dell’iniziativa, lanciata insieme a esperti come Alberto Majocchi (professore emerito di Scienza delle finanze all’università di Pavia) e Monica Frassoni (co-presidente del Partito verde europeo).

Da tempo impegnato in tante battaglie per i diritti civili con l’Associazione Luca Coscioni, Cappato è anche il fondatore di Eumans!, movimento di cittadini attivi per uno sviluppo sostenibile, con cui ha dato vita a questa petizione. “In realtà è più di una petizione”, spiega. È infatti una Ice (iniziativa dei cittadini europei) , ovvero uno strumento di democrazia partecipativa, che permette di sottoporre la proposta della carbon tax alla Commissione europea, così da stabilire un prezzo minimo comune delle emissioni, scoraggiando il consumo di combustibili fossili e incoraggiando il risparmio energetico e l’uso di fonti rinnovabili.

Marco Cappato
Marco Cappato, coordinatore politico dell’iniziativa Stop Global Warming © Lorenzo Ceva Valla

Obiettivo: un milione di firme

Per arrivare a essere discussa al Parlamento europeo, la petizione dovrà raccogliere almeno un milione di firme. Un traguardo importante “perché – spiega Cappato – solo in questo modo l’Europa avrà l’obbligo formale e istituzionale di dare una risposta in merito. In termini politici, più grande sarà il comitato più riusciremo a influire sulle decisioni”.

Ad oggi Stop Global Warming conta 38 mila firme e la data fissata per arrivare all’obiettivo è stata spostata dal 22 luglio al 22 gennaio 2021. “Il progetto era iniziato prima della pandemia e avevamo previsto dei momenti di lancio in giro per l’Europa”, spiega Cappato. “Poi il virus ha rallentato tutto e la campagna è stata condotta solo via internet e sui social. È mancata, quindi, la dimensione fisica. In questi mesi però abbiamo seminato molto e settembre sarà un mese cruciale per capire come andrà la mobilitazione”.

ciminiere Cina
Stop Global Warming è un’iniziativa di cittadini europei con l’obiettivo di ridurre l’onere fiscale per le persone con reddito basso, tassando lo sfruttamento delle risorse naturali. © Getty Images

“Sul carbon pricing in Europa serve più ambizione”

Va detto che il tema del carbon pricing (l’attribuzione di un costo per le emissioni di CO2, in chiave deterrente) è già all’ordine del giorno in Europa e che, a partire proprio dal prossimo autunno, la Commissione europea sarà al lavoro su alcuni provvedimenti in merito. Anche in queste settimane si sono tenuti vertici, per valutare un allargamento del sistema Ets (Emissions trading system, sistema attraverso il quale si possono scambiare sul mercato dei “diritti ad inquinare”) ad altri settori industriali. Un quadro ben noto ai promotori della campagna: “A nostro avviso il tema non è ancora discusso in termini sufficientemente ambiziosi, per far fronte alla gravità della situazione. Per questo è importante, sì, arrivare al milione di firme entro gennaio, ma anche portare subito le nostre proposte all’interno delle riunioni ufficiali dei ministri che ci saranno nelle prossime settimane”.

A questo obiettivo potrà contribuire il sostegno di rappresentanti istituzionali, già firmatari dell’Ice. “Il fatto di avere con noi sindaci di città importanti, come Palermo e Dublino, o ex commissari europei e parlamentari, ci fa pensare che settembre sarà il mese decisivo per raggiungere un’opinione pubblica informata e che, ancor prima di gennaio, riusciremo a far pressione sull’Unione europea per introdurre questo meccanismo”.

Per portare la petizione al Parlamento europeo serve 1 milione di firme in almeno 7 paesi dell’Unione europea. Carsten © Koall/Getty Images

Il sistema dei carbon credit è “buono ma non sufficiente”

Dal 2005 l’Unione europea ha introdotto appunto il mercato Ets, ovvero un sistema europeo di scambio di quote di emissione, in attuazione del Protocollo di Kyoto, per ridurre le emissioni di gas a effetto serra nei settori energivori. Il meccanismo, in sintesi, prevede una spartizione di “diritti di emissione” tra stati e aziende, che congiuntamente devono impegnarsi a non inquinare più di determinato tetto massimo. Chi sfora, è costretto ad acquistare crediti da altri soggetti che, essendo stati più virtuosi, hanno prodotto meno emissioni e possono dunque vendere le proprie eccedenze. Si tratta del meccanismo internazionale di scambio di quote più grande al mondo, a livello di valore di mercato, che però non ha dato i frutti sperati.

“Pur essendo stata una mossa positiva, i dati dicono che non è stata sufficiente”, spiega Cappato. “Nell’attuale sistema dei crediti ci sono due grossi limiti: il prezzo per le emissioni è troppo basso per incentivare gli imprenditori a investire nella transizione energetica e, in secondo luogo, si applica solo ad alcuni settori della grande produzione industriale, tagliandone fuori molti altri, inclusi i trasporti. Inoltre il sistema dei crediti è sottoposto a oscillazioni, mentre sarebbe necessario un prezzo minimo certo che salga negli anni in modo altrettanto certo, in modo che gli operatori economici possano già da oggi prevedere gli investimenti dei prossimi anni e gradualmente abbandonare i processi più impattanti sul clima. Noi con la nostra proposta abbiamo fissato 50 euro per ciascuna tonnellata, per arrivare gradualmente a 100 euro”.

I testimonial vip della campagna

Per raggiungere in modo più diretto le persone, Cappato ha chiesto aiuto a volti noti e pop star, come Fedez, Nina Zilli, Mara Maionchi, Neri Marcorè, Giulia Innocenzi, Cristiana Capotondi, Gabriele Muccino, Arisa, Pif e Pierluigi Pardo.

“Siamo partiti subito coinvolgendo personaggi popolari, proprio perché volevamo evitare di rimanere rinchiusi nel recinto degli esperti. Gli esperti hanno parlato molto chiaramente e c’è una grossa sintonia nella comunità scientifica. Quello che manca non è neanche la mobilitazione popolare, ma la precisione di un obiettivo politico”. Obiettivo che questa iniziativa di cittadini europei si propone appunto di fissare.

Nina Zilli
Nina Zilli è tra i testimonial della campagna Stop Global Warming © Getty Images

Nina Zilli, “Dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare”

“Il nostro pianeta sta soffrendo da tempo e il coronavirus è la prova che a volte forziamo troppo le cose”, spiega Nina Zilli, che a causa delle restrizioni dettate dall’epidemia quest’estate ha dovuto rimandare il tour celebrativo dei suoi dieci anni di carriera, sostituendolo – per ora – dal Mini Zilli Tour, uno show più intimo in location suggestive del Belpaese.

“È necessario cambiare il nostro modo di pensare”, afferma la cantante, che attraverso la sua voce sente doveroso il compito di amplificare il messaggio. “Io sono figlia degli anni Ottanta, che hanno lanciato il consumismo più superficiale, che ci ha portati addirittura a pensare che sprecare fosse una cosa pratica. In primis dobbiamo cambiare questa cosa e l’iniziativa Stop global warming va in questa direzione”.

Un gesto concreto in un momento in cui siamo “sempre più presi da individualismi e ci perdiamo quell’empatia che dovrebbe essere alla base della società”.

La sensibilità della cantante piacentina nei confronti del tema ambientale è emersa di recente anche attraverso la sua musica. Proprio il 5 giugno scorso, una fortuita coincidenza ha fatto sì che nella Giornata mondiale dell’ambiente uscisse il suo nuovo singolo Schiacciacuore, che nel titolo descrive il modo in cui stiamo trattando la Terra, “schiacciando il suo ecosistema”, e nei suoi versi racconta il dualismo uomo-natura, trasposto visivamente anche nel videoclip. “Mi sono trasfigurata in una madre natura ‘in tuta da ginnastica’, cioè rilassata. Mentre Nitro, che è un rapper bravissimo e interpreta con me il brano, rappresenta l’uomo. È l’Odi et amo di Catullo, che abbiamo interpretato, mettendo farfalle meravigliose in una discarica e fatto uscire bolle di sapone dalle ciminiere”.

E così, senza averlo preventivato, il brano, “scritto durante il lockdown e nato come sempre da un flusso inconscio”, è diventato per la cantante “il simbolo di questo periodo e insieme dell’emergenza climatica”. Un’epifania rivelatasi anche attraverso un disegno in cui Nina Zilli ha rappresentato una “madre natura con il cuore in mano”.

Ora, per dare concretezza a questa presa di coscienza, la cantante, come altri volti dello showbiz,  si è messa in gioco, sostenendo Stop Global Warming e invitando tutti i suoi fan a fare lo stesso.

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