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Nel corso di una battuta di caccia al leone il cacciatore Ian Gibson è stato travolto e schiacciato da un elefante.
Di solito parliamo di elefanti uccisi dai cacciatori, questa volta le parti si sono invertite. Ian Gibson, 55 anni, cacciatore professionista ed esperto di caccia grossa, è stato travolto e ucciso da un giovane elefante nel corso di una battuta di caccia al leone in una zona selvaggia del nord-est dello Zimbabwe.
Gibson stava accompagnando un cliente statunitense, i due avevano già abbattuto un leopardo e stavano seguendo le tracce di un leone quando l’elefante, a una distanza di circa cento metri, ha notato i due uomini e li ha caricati. Gibson ha sparato al pachiderma senza ucciderlo e quest’ultimo si sarebbe inginocchiato sopra il cacciatore uccidendolo con il proprio peso.
Probabilmente l’elefante, oltre a sentirsi minacciato da due uomini armati che si aggiravano nei dintorni, era nel periodo degli amori, in una condizione che tecnicamente si definisce musth. In questa fase gli elefanti sono particolarmente aggressivi a causa di una maggiore produzione di ormoni sessuali, segnalata dall’ipersecrezione delle ghiandole temporali e attaccano a volte senza preavviso.
“Era un cacciatore così esperto che questa è una tragedia inaspettata”, ha dichiarato Paul Smith, amministratore delegato del Chifuti Hunting Safaris, agenzia che organizza battute di caccia per cui lavorava Gibson. Non sono invece ancora circolate notizie relative alla salute dell’elefante cui il cacciatore ha sparato. “Non avrebbe mai sparato se non avesse avuto alternative”, ha affermato Smith.
Eppure Gibson forse delle alternative le aveva, avrebbe ad esempio potuto scegliere un lavoro che non prevedesse l’uccisione di animali, spesso grandi e potenzialmente molto pericolosi. Avrebbe potuto evitare di accompagnare ricchi turisti che trovano particolarmente eccitante uccidere un animale selvaggio in un confronto palesemente impari, per poi avere un macabro trofeo da appendere in salotto. Gibson aveva iniziato la sua carriera difendendo la fauna selvatica, lavorando nel dipartimento dei parchi nazionali dello Zimbabwe, ma aveva lasciato quell’impiego circa 25 anni fa per diventare cacciatore.
È inutile cercare una lezione o una morale in questa vicenda, uccidere è un atto senza ritorno e il sangue versato non è cosa di cui rallegrarsi, a qualsiasi specie appartenga. L’uomo però può contare sulla sua capacità di discernere, cosa di cui va molto fiero, grazie a questa potrebbe evitare di sentirsi grande sparando ad un animale.
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