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Fotografare le città del mondo dall’alto, per mostrare senza filtri le spaccature dovute alle disuguaglianze. Questo progetto si chiama Unequal Scenes.
Le disuguaglianze economiche possono essere misurate e argomentate in tanti modi. Ma, in un certo senso, nessun indicatore teorico può avere una forza espressiva paragonabile a quella di guardarle in faccia, queste differenze tra ricchi e poveri. Di vedere con i propri occhi come riescono a modificare le caratteristiche, le dinamiche e addirittura l’aspetto fisico dei luoghi in cui viviamo. È quello che si è proposto di fare Johnny Miller, un fotografo freelance che vive in Sudafrica, quando ha lanciato il progetto Unequal Scenes. Una rassegna di immagini delle città del mondo viste dall’alto, che – senza bisogno di troppe parole – dimostrano in maniera inequivocabile quanto siano profonde le divisioni tra persone che vivono a pochi chilometri, o addirittura a pochi metri, di distanza.
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Mumbai è il centro economico e industriale indiano, affollato di grattacieli di lusso che sovrastano le baraccopoli, i cui tetti sono coperti di cerate blu nel tentativo di resistere alle piogge monsoniche. In un certo senso, spiega Miller, per l’emisfero meridionale del Pianeta è l’alternativa a Manhattan. Con tutte le contraddizioni che ne conseguono. Una tra tutte quella del nuovo aeroporto, il secondo più trafficato in India, che non può essere ampliato con una nuova pista perché è circondato da ogni lato dalle baraccopoli.
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Come si legge nel sito di Unequal Scenes, per decenni Dar es Salaam è rimasta in una posizione di secondo piano rispetto ad altri centri come la vicina Nairobi, perché l’amministrazione di stampo socialista puntava sullo sviluppo agricolo più che su quello urbano. A metà degli anni Ottanta, però, tutto è cambiato. Ora è la città africana che cresce più velocemente, tant’è che secondo le stime raggiungerà i 6,2 milioni di abitanti entro il 2025, con un aumento dell’85 per cento rispetto al 2010. Ma la geografia della città svela ancora molto del suo passato coloniale. I più ricchi vivono nelle zone di Masaki e Oyster Bay, tradizionalmente occupate da inglesi e tedeschi, circondate da insediamenti informali ed estremamente poveri.
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L’immagine del quartiere di Santa Fe, a un primo sguardo, sembra quasi un collage di due foto scattate in posti totalmente diversi. Ma non è altro che il ritratto della capitale di un paese in cui, riporta Miller citando i dati Oxfam, l’1 per cento più ricco della popolazione si tiene per sé il 21 per cento del pil (prodotto interno lordo) nazionale.
Questa è soltanto una ristretta selezione delle immagini più forti, ma i canali ufficiali del progetto (sito, Facebook e Twitter) ne mostrano molte altre. Mettendo fianco a fianco metropoli ritenute prospere e benestanti, come Los Angeles e San Francisco, e le immense e confusionarie città nel cuore dell’Africa. Tutte accomunate, purtroppo, dall’incapacità di livellare le differenze e garantire un tenore di vita accettabile per ciascuno dei loro abitanti.
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