Abruzzo: in canoa alla sorgente del Tirino, il fiume più limpido d’Italia

I suoi colori ricordano i mari tropicali, le sue anse regalano scorci indimenticabili e capaci di far volare l’immaginazione a luoghi lontani, cullata dalla dolce corrente e dal gorgoglio dell’acqua in movimento. Invece il Tirino si trova nel cuore dell’Italia, nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga a quasi 400 metri di

I suoi colori ricordano i mari tropicali, le sue anse regalano scorci indimenticabili e capaci di far volare l’immaginazione a luoghi lontani, cullata dalla dolce corrente e dal gorgoglio dell’acqua in movimento. Invece il Tirino si trova nel cuore dell’Italia, nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga a quasi 400 metri di altitudine.

Nasce in un angolo incontaminato nel comune di Capestrano, in provincia de L’Aquila e regala un’oasi fresca e vivace a un paesaggio ben più immobile, in cui gli ampi spazi sono circondati da alti massicci montuosi. È proprio da queste rocce montane che filtra l’acqua tersa che caratterizza il Tirino e che gli è valso l’appellativo di fiume più limpido d’Italia.

Imperdibile dunque in una calda giornata estiva l’escursione in canoa sul fiume, vero protagonista della sua valle. Ad organizzarla sono le guide della cooperativa il Bosso, centro di educazione ambientale che ha sede proprio nei pressi della sorgente.

La magia di questo fiume non appare subito evidente, occorre affacciarsi alla riva per scoprirne l’incanto.

L’avvicinamento è breve, la preparazione semplice e le canoe sono stabili e sicure. La corrente del fiume è calma e infonde tranquillità. Ma sono i suoi colori ad invitare inesorabilmente gli esploratori a far scivolare la propria imbarcazione sull’acqua per trovarsi d’un tratto sospesi su un turchese irreale.

È questa la chiave per capire l’unicità del Tirino.

In canoa sul fiume Tirino © Franco di Carlo/Il Bosso
In canoa sul fiume Tirino © Franco di Carlo/Il Bosso

Le sue acque percorrono un lungo tratto sotterraneo prima di filtrare attraverso le rocce del massiccio del Gran Sasso-Sirente e vedere la luce: passano dal sottosuolo al fiume attraverso innumerevoli micro-sorgenti, chiamate polle d’acqua, la cui presenza è tradita dalle piccole bollicine. Questo continuo ricircolo d’acqua impedisce alla vegetazione di attecchire su molta parte del fondo di roccia bianca e fa sì che i colori esplodano con particolare brillantezza. Negli altri punti invece le piante acquatiche riescono a colonizzare il fondo e le acque trasparenti permettono loro di ricevere la luce del sole.

Nel corso dell’escursione, dalle spiegazioni accurate delle guide traspare l’anima della cooperativa che ha come obiettivo quello di educare i visitatori, promuovere una sensibilità ecologica e divulgare la cultura scientifica. Si fermano quindi a osservare la flora e la fauna, a spiegare i comportamenti degli uccelli acquatici come il tuffetto o la folaga, abili nuotatori che vivono lungo il fiume, o a far assaggiare ai visitatori la sedanina, una pianta che vive sott’acqua e contribuisce a fornire al fiume un apporto di ossigeno molto importante. Raccontano che c’è una popolazione di piccoli gamberi autoctoni, gli austrapotamobius pallipes, e che gli unici pesci a vivere nel fiume sono le trote, la specie autoctona quella della trota fario: amanti di acque fredde e ricche di ossigeno, sono un indicatore della qualità dell’acqua del fiume.

A metà percorso, raggiunta un’ansa tranquilla in un luogo dove non si arreca disturbo all’ecosistema, sotto lo sguardo attento delle guide i più audaci provano ad immergersi piano piano, attenendosi a regole ferree dettate dall’area protetta. Ci vuole coraggio comunque a nuotare in un’acqua che ha una temperatura di 11 gradi centigradi, costante tutto l’anno a causa proprio delle sue origini sotterranee. Una scarica di adrenalina e una sferzata di vita, prima di prima di invertire la rotta e rientrare al punto di partenza, trasportati placidamente dalla corrente.

Lo sviluppo sostenibile del fiume Tirino e della sua valle

La cooperativa il Bosso è stata la prima ad operare in questa zona già 20 anni fa e oggi ha la concessione esclusiva per portare i suoi kayak sit-on-top in questo tratto di fiume. Paolo Setta, responsabile turistico della struttura, ci racconta com’è nata questa avventura. “Quando abbiamo iniziato con questa attività qui non c’era nulla: noi abbiamo visto un potenziale fatto di turismo e vi abbiamo investito”, racconta. “A distanza di 20 anni possiamo dire che la nostra visione è stata vincente, abbiamo perseguito un turismo sostenibile abbinato a un imprescindibile obiettivo di educazione ambientale” afferma, citando le cifre che confermano la bontà del progetto.

Ogni anno il Bosso coinvolge nelle sue attività 30mila visitatori e dà lavoro a circa 70 persone nel periodo estivo, mentre sono 12 le persone che compongono l’organico fisso. La cooperativa si sostiene con le attività turistiche ed educative per adulti e bambini nonché di formazione professionale e attività con le scuole. A scopo educativo organizza anche trekking legati alla vendemmia tra le vigne delle valle del Tirino o escursioni nel centro visite del lupo a Popoli.

Trekking della vendemmia con Il Bosso nella valle del Tirino
Trekking della vendemmia con Il Bosso nella valle del Tirino

Il successo della cooperativa poggia anche sullo sviluppo della zona circostante che coinvolge i produttori locali. Ad esempio, nell’agri-ristoro situato all’interno del centro escursioni si servono prodotti a km 0: le verdure del contadino confinante, il vino del viticoltore della collina accanto, il formaggio del casaro in fondo alla strada, mentre gli agricoltori della zona continuano a valorizzare la tradizione coltivando anche un cereale antico come la solina, una varietà autoctona di grano tenero tipico dei comuni montani della provincia dell’Aquila e presidio Slowfood. In questo modo l’attività della cooperativa porta valore anche alle comunità circostanti. ”Nel tempo la nostra intuizione è stata seguita da altre realtà che però”, lamenta Setta, “non sempre hanno a cuore la sostenibilità e la generazione condivisa della ricchezza che solo chi ha un certo radicamento sul territorio può dimostrare.

Non solo fiume, gli itinerari della valle del Tirino

In questi luoghi la natura è protagonista, i tempi sono lenti, gli spazi sono ampi e le vallate spaziose. Visitare e ammirare queste bellezze variegate richiede un tempo diverso, il tempo dell’ascesa e della discesa, dell’apprendimento e dell’osservazione. Come spesso capita lontano dagli itinerari più battuti, le zone interne e di montagna non sono affollati di turisti ma sono pur sempre punteggiati di piccoli gioielli così cari soprattutto agli abruzzesi.

Da Rocca Calascio, un castello diroccato ricco di fascino, al borgo di Santo Stefano di Sessanio, antico crocevia dei commerci di lana oggi restaurato in un albergo diffuso, a quello di Navelli, che si affaccia sull’omonima piana, famosa per “l’oro rosso”, lo zafferano che regala meravigliose fioriture.

Intorno alla valle del Tirino si sviluppa anche un “ecoitinerario”, un percorso che idealmente segue l’acqua che sgorga in queste terre dalle montagne che lo circondano e sovrastano. Messo a punto grazie ai fondi del progetto europeo Interreg emblematic mountains, che coinvolge 9 montagne in tutta Europa, il percorso mira a valorizzare alcune montagne mediterranee, con le loro specificità e caratteristiche.

Sempre intorno al fiume c’è un’altra attività curiosa. La principale sorgente del Tirino è ora convogliata nell’omonimo lago artificiale di Capodacqua, creato nel secolo scorso per irrigare i campi circostanti e più recentemente adibito anche a bacino per la produzione di energia elettrica. Nel lago non si può nuotare liberamente ma un centro sub organizza immersioni per vedere, complice anche l’acqua cristallina, gli antichi mulini sommersi a seguito della creazione del lago, testimonianza di un passato in cui queste zone ospitavano industrie e colorifici e il Tirino era il loro motore ad acqua.

La zona è ricca di attrattiva, soprattutto per chi ama le montagne e un’accoglienza semplice e sincera come quella degli abruzzesi, a loro volta innamorati della propria terra. “Questo è un luna park, sia d’inverno che d’estate”, mi dice Alessandro, un ragazzo de L’Aquila che appena può si avventura tra le sue montagne: quando non va in cammino, gli impianti sciistici d’inverno lo portano in vetta con gli sci ai piedi e d’estate trasportano la sua bicicletta da downhill, una mountain bike da discesa. “Vivo nel posto più bello del mondo”.

Un fiume, pochi chilometri per cambiare veste

Prima dello sviluppo turistico in queste zone si viveva per lo più di agricoltura e allevamento ma anche di industria, in particolare a Bussi sul Tirino, a soli 11 chilometri più a valle, dove da mezzo secolo si trova un polo industriale con una centrale elettrica, impianti chimici e, come è stato purtroppo scoperto, discariche illegali di rifiuti pericolosi che hanno contaminato il suolo, il fiume e anche le acque l’acquedotto.

Proprio così, il Tirino, che sgorga terso e pulito in un luogo idilliaco finisce per buttarsi nel fiume Pescara meno di 20 chilometri più a valle in una zona altamente contaminata.

Il fiume Tirino limpidissimo nei pressi della sorgente a Capestrano © Franco di carlo/Il Bosso
Il fiume Tirino limpidissimo nei pressi della sorgente a Capestrano © Franco di carlo/Il Bosso

Dal 2008 l’area di Bussi è stata dichiarata sito di interesse nazionale (SIN) da bonificare ma in 12 anni non è stata realizzata nessuna bonifica. In realtà i fondi sono stati stanziati, è stato realizzato un progetto ed era stata individuata una ditta appaltatrice per i lavori ma nei mesi scorsi il Ministero dell’Ambiente ha annullato la gara finalizzata alla realizzazione degli interventi di bonifica. A questo punto rimettere tutto in discussione ritarderebbe ulteriormente l’inizio dei lavori con grave danno per la comunità locale.

Nel frattempo, una sentenza del Consiglio di Stato a giugno ha identificato la società Edison S.p.A quale responsabile della contaminazione nella zona delle due discariche di prodotti pericolosi, pertanto, secondo il principio “chi inquina paga”, dovrà realizzare i lavori di bonifica e sostenerne le spese. Il conflitto ambientale non è ancora sanato.

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